Io sto con Kondogbia

Crampi Sportivi
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12 min readOct 1, 2016

Quando il Bologna è in vantaggio a San Siro per una rete a zero sulla tua squadra esistono centinaia di modi assurdi e geniali per uscire comunque a testa alta, prima ancora di sbucare nel tunnel con in testa il risultato finale. Dall’enorme mazzo che contiene tutte le chiavi interpretative di ciò che accade in partita, Frank De Boer ha preso la chiave che gli ha permesso di spostare l’attenzione lontano dal risultato rivelatosi poi uno scialbo 1 a 1 ottenuto in rimonta: De Boer ce l’ha fatta sostituendo Geoffrey Kondogbia alla mezz’ora di gioco e il risultato finale ha contribuito ancora di più a far slittare la partita in secondo piano, puntando tutti i riflettori su questa mossa giudicata inusuale. Con un cambio De Boer è diventato “coraggioso”, pare che tutti ora siano lì ad applaudire il tecnico per la scelta di far accomodare in panchina il centrocampista, Kondogbia, un’altra vittima del generale FDB dopo Erkin e Brozovic; adesso si fa come dice l’olandese e tutti ad eseguire.
Sostituire Kondogbia a un quarto dalla fine del primo tempo oggi è un atto di coraggio, una dimostrazione di forza rivolta a tutti i giocatori. È sfrontatezza, lascia trasparire davvero un messaggio autorevole e di controllo sulla situazione. Kondo ha lasciato il rettangolo di gioco visibilmente scazzato: forse per la sostituzione inattesa, forse perché crede di essere molto più forte di Gnoukouri subentrato al suo posto o magari è arrabbiato con se stesso per la prestazione oggettivamente sotto tono.
Al 13' di Inter — Bologna, sesta giornata di campionato, Kondogbia ha perso un contrasto dopo aver subito un raddoppio a centrocampo, dal suo errore il Bologna ne è uscito con una serpentina imprendibile di Verdi e con la rete di Mattia Destro, la classica rete dell’ex.

Nella GIF non si vede ma Kondo perde la palla proprio nel cerchio di centrocampo.

In un’intervista a l’Equipe dello scorso aprile, Kondogbia aveva predetto che “In Serie A si gioca molto sull’errore dell’avversario. Appena ne commetti uno lo paghi”. Quindici minuti dopo la palla persa a centrocampo è arrivata l’inesorabile ricevuta di pagamento: il tecnico nerazzurro fa accomodare in panchina l’interditore francese e la seconda stagione di Kondogbia a Milano sembra già al capolinea. All’orizzonte si staglia un posto negli articoletti da “I dieci flop storici dell’Inter”, un trafiletto che riporta i 31 milioni pagati dall’Inter al Monaco per assicurarselo corredato dalle sue buffe espressioni, dove si parla prima di Pancev e dopo di Quaresma. Nello sviluppo della carriera di Geoffrey sembra di essere in una serie televisiva arrivata da noi solo recentemente. Adesso, dopo diverse puntate pilota, siamo arrivati al cuore di una serie che potrebbe svoltare e diventare un capolavoro o uno sperpero di soldi. Adesso forse riusciremo a capire che ne sarà del longilineo centrale, memori di quello che è accaduto nelle puntate precedenti e che ha sicuramente fatto presagire grandi cose, ricordando ciò che spesso succede in situazioni molto simili a quelle di Kondogbia e che si ripete in maniera ciclica.
Maxi spesa — svalutazione — cessione — rimpianti.

Una storia già vissuta con Phil Coutinho

Nato a Nemours come Rudi Garcia, Kondogbia passa al Sevilla da giovanissimo, con gli spagnoli che lo prelevano dal Lens per 4 milioni, strappandolo alla giovinezza passata ad allenarsi con Raphael Varane e Paul Pogba. In Spagna gioca abbastanza e sopratutto abbastanza bene ma il Sevilla vuol fare cassa subito per chissà quale motivo: il suo nome è nella To Do List di Arsenal, Liverpool e Chelsea e l’entourage sevillano inizia a ventilare offerte da squadre anonime, aizzando le fantasie di mezza europa: ai rojiblancos ci rimarrà solo un anno prima che il Monaco decida di rimpatriarlo per 20 milioni consegnandogli il comando della squadra. GK vive bene per due stagioni al Monaco, gioca 64 partite e segna 3 gol.
Uno di questi è il cannone dorato che lo spara nell’universo dei giocatori estremamente interessanti: gli esperti del settore che lo tengono d’occhio già da un po’ sono tutti collegati sull’Emirates di Londra per Arsenal — Monaco, ottavo di finale della Champions League 2014/2015 e lui decide di spaccare il parziale così.

E’ curioso il suo modo di stazionare nel cerchio di centrocampo per così tanto tempo, fino quasi a sembrare in leggero ritardo rispetto alla linea di passaggio partita dal compagno sulla fascia destra. Quando il pallone arriva dalle sue parti, Kondogbia si muove in maniera quasi meccanica e aziona una conclusione scolastica fatta di palla sul sinistro — sguardo alla porta — bolide. Il portiere è fulminato e il Monaco sbanca l’Emirates per tre reti a uno, resistendo anche alle fiammate dei Gunners che vinceranno due a zero nel principato. Kondogbia gioca tutti i 180' e gioca anche i successivi 180' contro la Juventus nei quarti di finale ed è qui che ne parlano proprio tutti.
Poi arriva l’eliminazione e dei monegaschi rimangono a galla solo i giocatori più interessanti: pare che sia l’Arsenal la squadra chiamata dal destino a comprare Kondogbia, magari comprando tutti i giocatori che si frappongono tra Wenger e la vittoria ne uscirà qualcosa. Lui intanto si evolve, salta di giornale in giornale alimentato dalle penne degli esperti di mercato: oggi è l’alternativa a Yaya Toure ma ha anche una punta del gioco di Pogba e sembra un po’ Patrick Vieira e un po’ Makelele. Un mosaico di giocatori di colore e francesi, il classico gioco del mostro coi pezzi da indovinare che andava in onda su Buona Domenica.

Nel crescendo di voci di mercato GK arriva a un passo dal Milan ma poi firma per l’Inter per 31 milioni + futuri bonus e piomba nel nostro campionato. Mentre qualcuno scherza sulla sua espressione ridicola durante la presentazione, Daniele Manusia analizza in maniera chirurgica ogni centimetro tecnico di Geoffrey su Ultimo Uomo: dallo speciale si legge che Kondogbia è molto esperto nella difesa, in particolare nell’uno contro uno dove gioca molto d’attesa fino a prendere l’avversario al momento giusto rubandogli il pallone, registrando numeri da primatista in Europa; è meno temibile negli ampi spazi, si muove egregiamente come interno sinistro di centrocampo ma non ha ancora le doti necessarie per dare avvio alla manovra; è abbastanza abile nella conduzione della palla e fa un continuo e assiduo affidamento sulle sue doti fisiche per prevalere sugli avversari. Il titolo della serie, Hype, non è per nulla sbagliato perché dal momento della firma i tifosi si aspettano grandi cose da lui, ma saranno realizzate solo in piccola parte.

That face.

L’avvio di stagione ha confermato le aspettative: Kondogbia ha iniziato a farsi notare per una potenza fisica esagerata rispetto ad alcune tipologie di avversari ma a volte pare come bloccato da una barriera invisibile che gli impedisce di proporsi in fase di impostazione. Ma rimane bellissimo, una piovra che danza a centrocampo sbattendo contro tutti i marcatori avversari per difendere il pallone, col rischio di vederlo immerso in una rete di triangolazioni in cui lui si muove benissimo. Inoltre Kondogbia proprio non riesce a far capire che lui non è un box to box. Lo dice appena arrivato all’Inter in una intervista con Scarpini: preferisce giocare da raccordo tra difesa e attacco, lo ripete due volte quasi come a evidenziare che non è il treno che porta la palla dalla difesa alla fase offensiva, più che altro si descrive come un binario di scambio e non a caso questa è la cosa che gli riesce meglio.
A Novembre sigla la sua prima rete in maglia nerazzurra. Dall’inizio della stagione è stato impiegato in tutte e undici le partite, giocandone solo cinque interamente. Stona l’unico minuto concessogli da Mancini contro la Juventus ma contro il Torino regala la vittoria alla sua squadra e il primato in classifica. E’ un Inter che sembra sappia vincere solo per uno a zero (sei volte nelle precedenti undici partite) e Kondogbia porta i tre punti in dote con un bel gol in acrobazia, sugli sviluppi di una punizione.

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Perché non urli Geoffrey?

Dopo due mesi di rodaggio sembrano finalmente maturi i tempi per veder sbocciare il ragazzo ma due settimane più tardi un affaticamento muscolare lo tiene fuori nel big match contro il Napoli e da quel momento arriverà a saltare dodici partite di campionato in totale tra infortuni, scelte tecniche, ammonizioni ed esplusioni. Qualcosa non va.
Kondogbia è bellissimo da vedere in campo, si muove come un pugile per davvero ma pecca in audacia e difficilmente si spinge in avanti a sostegno della manovra offensiva. Dopo le undici presenze consecutive non è mai più andato oltre le sei partite giocate prima di rimanere fermo. A fine stagione lo score gol/assist recita 1/1 e l’impressione è quella di un mezzo giocatore ancora troppo acerbo (ha solo 22 anni), non pronto a vivere una fase transitoria come quella nerazzurra cioè un ciclo di una squadra che punta a tornare al vertice. O meglio ancora, non pronto a vivere una stagione prendendosi la possibilità di poter sbagliare e imparare. I tifosi beccano spesso il ragazzo per via dell’indolenza con cui sembra approcciarsi alle partite e fanno notare il quantitativo di tempo che Kondo passa ad appoggiare il pallone alla difesa o semplicemente sulle fasce, senza mai incidere sulla storyline della gara.

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A inizio anno le cose andavano discretamente bene.

A Marzo però scopriamo qualcosa di più sul ragazzo. In una intervista Moratti lascia trasparire che GK non era davvero un obiettivo dell’Inter ma che lo scopo era quello di alzare tanto la posta in palio/soffiarlo al Milan: è come se nella logica di dominazione territoriale adottata dal presidente Thohir, una buona parte delle risorse debba essere spesa per affermarsi nell’interland Lombardo esclusivamente a discapito dei cugini Milanisti. Questa manovra inoltre ricorda terribilmente le parole di Marotta su Hernanes quando il DG bianconero tentava di giustificare l’acquisto del Profeta con la minusvalenza provocata all’Inter. Dal canto suo Kondogbia invece giura di non aver mai considerato la corte rossonera e di essere completamente assolto nella sua nuova vita nerazzurra, quasi a voler dimostrare amore incondizionato a quella frangia di tifosi che continua a sottovalutarlo. Ma c’è un fattore che influenza tutte le valutazioni sui suoi primi sei mesi all’Inter e Kondogbia lo sa bene, lo rimarca dimostrando di essere tutt’altro che stupido.
In aprile si concede ancora ai microfoni di l’Equipe dove, in un modo che a leggerlo appare davvero disarmante, analizza la sua situazione attuale. Kondogbia spera di giocare per tanti anni all’Inter e di non arrivare a trent’anni avendo tante squadre alle spalle (Lens, Siviglia, Monaco e Inter sono tutto sommato un buon numero); accusa un certo fastidio per l’impossibilità di giocare la Champions in questa stagione e promette che farà qualsiasi cosa pur di riportare l’Inter nella massima competizione europea; si definisce un prospetto e si da dei tempi per poter ancora migliorare, lamenta delle difficoltà nell’imporsi come leader nella sua squadra e ammette di avere dei problemi nel riuscire a bucare il consolidato gruppo di Deschamps in Nazionale.
Ma sopratutto una cosa, Geoffrey ci tiene a chiarire un fattore determinante: non è colpa sua se è stato pagato 31 milioni, è incolpevole se la gara tra Milan e Inter è diventata un duello al rialzo, la gente è stata ingannata dalla valutazione che ha raggiunto il suo cartellino e a condizioni normali sa che probabilmente sarebbe stato pagato dai 17 milioni in giù. Bisogna fare una pausa per digerire quello che è un concetto importante ovvero la deriva dei prezzi dei giocatori e il difficile discorso dell’adattare le proprie aspettative alle valutazioni mutevoli del mercato, nel momento in cui 31 milioni son nocciole per un magnate thailandese mentre assumono una importanza macroscopica per i tifosi. Facciamo pausa.

Al termine della prima stagione penso che nessuno abbia capito Kondogbia. Un giocatore di 23 anni che ha già giocato in Francia, Spagna e Italia chiamato prima a negare di sentirsi il nuovo Vieria, obbligato a far chiarezza anche sulla sua valutazione e sullo stile di gioco e poi costretto a dimostrare, dimostrare di essere un fattore determinante dopo solo un anno. Io dopo questo video ho deciso di non poter fare altro che amare Kondogbia, lui dice di essere una persona socievole con tutti e a conti fatti lo è davvero, e abbraccia gente e ride e scherza e si presta per queste iniziative. Tra l’altro per essere precisi il suo giocatore preferito non è mica Vieria ma è Abou Diaby.

Dopo quattro partite nel 2015, tutte amichevoli, Kondogbia ha dovuto salutare prematuramente la Nazionale di Deschamps che non lo ha più messo in campo dopo il 2 a 1 sulla Serbia maturato a Bordeaux. Intanto è arrivato l’Europeo casalingo e l’occasione irripetibile di giocare la coppa continentale davanti al pubblico di casa è andata via a passo svelto. Sostituito da N’golo Kante, ha guardato la competizione dal ritiro di Riscone, tifando per i compagni e preparando la nuova stagione nerazzurra fatta di Serie A, Coppa Italia ed Europa League. Qualcuno ha anche voluto realizzare un montaggio in cui pareva che Kondo apprezzasse la campagna abbonamenti del Milan su Twitter, scatenando un’orda di tifosi che lo hanno definito ingrato e ne hanno chiesto la cessione, obbligandolo al punto tale da dover chiarire le cose.

E’ l’inizio della seconda stagione di Geoffrey a Milano. Campionato, coppa nazionale, Europa League e un occhio al Mondiale del 2018. Ma bisogna fare una correzione fondamentale.
Joao Mario — Gabigol e la proprietà nerazzurra dà fuoco alle polveri dei tifosi a stagione iniziata. Sono bastate le due trattative lampo concluse a suon di milioni per riuscire a riaccendere l’entusiasmo di una piazza che adesso si aspetta un campionato importante. In tutta la città di Milano ci sono solo due persone a cui questi due acquisti sono andati di traverso e rispondono al nome di Jovetic e Kondogbia. Presto detto, il 3 settembre l’Inter deve comunicare alla UEFA la rosa dei convocabili per gli impegni di Europa League, con le dovute restrizioni che interessano i nerazzurri per via del Fair Play Finanziario.
A partire dalla stagione 2014–2015 (in cui l’Inter disputava sempre l’Europa League) la UEFA ha stabilito che la rosa dovrà rappresentare un saldo acquisti/cessioni pari a zero o positivo. O meglio rispetto alla rosa di due stagioni fa l’Inter presenta un disavanzo di circa 125 milioni di euro, ottenuti sottraendo i 90 milioni incassati dalla cessione dei giocatori presenti in quella lista ai 215 milioni spesi nelle ultime due stagioni. Tra i 12 trasferimenti che hanno generato un’uscita di denaro nelle ultime due stagioni, sono stati sacrificati Jovetic, Kondogbia, Joao Mario e Gabigol, che a ripeterli ancora insieme sembrano l’uno il soprannome dell’altro.
GK alla sua seconda stagione a tinte nerazzurre deve già rinunciare all’Europa League, quella Europa League che sente anche sua, guadagnata sul campo nella scorsa stagione e strappatagli via dalle decisioni societarie. La sua nuova stagione incomincia come su un ottovolante.

E ritorniamo a Milano, per Inter — Bologna, col pubblico di San Siro che applaude l’allenatore al momento del cambio. De Boer inserisce Assane Gnoukouri al posto di un Kondogbia intrappolato in una bolla, incapace di dare avvio alla manovra e difettoso in fase difensiva. Testa bassa, passo spedito verso gli spogliatoi. Una ipotesi di multa per l’atteggiamento al momento della sostituzione balena sul web.

E intanto lo Sparta Praga ha da poco banchettato con la versione europea di questa Inter. Priva di Kondogbia naturalmente, in una partita in cui non si riesce a capire se avrebbe potuto dire la sua o meno, specie data la convalescenza dall’errore di Bologna. Anche nella sconfitta con la Roma si è accomodato nuovamente in panchina e nel frattempo un’altra stagione ingrana senza di lui, con un tecnico diverso, con nuovi problemi e senza Champions League.

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A ventitré anni Kondogbia non ha già più il tempo di sbagliare o imparare e magari a fine stagione farà le valigie per una ventina di milioni, andando a posizionarsi nel centrocampo del Lione magari e segnando un gran gol nella seconda giornata di Champions League della prossima stagione. Da questa parte leggeremo “Inter, ti ricordi Kondogbia? Ora segna eurogol” e ritorneremo a parlare delle società italiane che non puntano mai troppo sui giovani. E scappa via la Nazionale per l’impiego a fasi alterne, e scappa via il posto in squadra per un errore di troppo col Bologna e probabilmente è anche colpa di Geoffrey che gioca male le sue carte passando da non apprezzato a poco apprezzabile. Tutti si aspettano di tutto, da un giocatore che ha fatto vedere solo di saper stare bene in campo senza inclinare il piano di gioco a suo favore con delle giocate decisive. Un’altra sostituzione e poi chissà, una serie tv che sfugge di mano ai suoi stessi registi, con De Boer che a furia di farlo giochicchiare renderà possibile una cessione, per poter monetizzare un giocatore di Mancini. È una polveriera in cui Kondogbia è finito come è toccato a tanti altri, e già viene giù la lacrima a immaginarlo davvero con la maglia dell’Arsenal tra un paio d’anni.

Nell’attesa di questo finale di stagione ci consoliamo con designmoderno.it e le valutazioni sugli interni della casa di Geoffrey Kondogbia, sperando che non sia tutto ciò che di lui rimarrà al nostro calcio.

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