Epilogo amaro — Scozia-Italia vista dal divano

Paolo Stradaioli
Crampi Sportivi
Published in
5 min readMar 19, 2017

Chiudiamo male, con tanti rimpianti anche stavolta, però male. L’ultima partita del Sei Nazioni 2017 scivola via in maniera quasi malinconica per la poca attenzione e precisione profusa su 80 minuti contro un avversario che ha fatto il minimo indispensabile per metterci in difficoltà.

La pioggerellina fina di Murrayfield è il proemio di una partita fisica, sporca, molto tattica. In una situazione simile il XV scozzese sfoggia due maestri del gioco tattico al piede come Hogg e Russell. La battaglia per il guadagno territoriale fin dall’inizio sposta l’attenzione sulla qualità dei calci eseguiti dalle due squadre. Noi stiamo nel loro campo per più tempo ma concludiamo poco. Loro quando vengono dalle nostre parti tornano a casa con punti. La partita stenta ad accendersi, gli scozzesi non sono così puliti sul punto d’incontro e Canna nel primo tempo ha tre possibilità dalla piazzola. Parliamo del massimo livello del rugby europeo, un pantheon nel quale il minimo errore equivale a una condanna. È dai tempi di Diego Dominguez che l’Italrugby non trova un calciatore affidabile in grado di punire ogni irregolarità avversaria. Quando Carlo Canna ha fatto il suo esordio in nazionale sembrava un problema se non risolto almeno arginato. I calci della partita sono arrivati sul 3–0, sul 10–0, e sul 15–0, tutte situazioni in cui avevamo bisogno di rimanere in partita e spostare la pressione sui nostri avversari. Ieri però il 10 delle Zebre ha sentito il macigno della maglia azzurra e di tre calci (relativamente facili per lui) non ne ha convertito neanche uno. Con questi presupposti la partita dell’Italia si arena.

La Scozia passa poco prima della mezz’ora dopo che Hogg aveva messo i primi tre punti e l’Italia aveva sprecato il primo calcio. L’accelerata del mediano di mischia Price fissa il gioco vicino alla ruck e crea il pertugio per Russell. La reazione italiana è timida; anch’io che di solito mi infervoro una volta che la partita è scoppiata rimango pacato nel seguirla. Nel finale di primo tempo c’è spazio per la seconda marcatura degli highlander con una giocata da pallavolo di Hogg, bravo ad anticipare Venditti e consentire a Scott di schiacciare indisturbato.

Devo ancora capire se il calcetto di Price è geniale o totalmente folle.

15–0 al riposo è un punteggio nemmeno troppo pesante, ma il leitmotiv di questo Sei Nazioni italiano è stato sempre lo stesso. Grande intensità nel primo tempo (in due occasioni ci siamo trovati addirittura in vantaggio) ma calo drastico nel secondo. Le premesse sconfortanti mi frenano anche dal mettere su il the; vero protagonista nei miei pomeriggi di Sei Nazioni ma ieri (vuoi anche il tutt’altro che congeniale orario post prandium) grande assente di giornata.

A dire la verità nel secondo parziale, oltre al sole, esce anche l’Italia che comincia molto bene con l’unica arma che sembra funzionare: la maul. L’insediamento di Conor O’Shea non ha modificato l’efficacia del pack azzurro quando riesce a tirar giù delle touche pulite (quindi meno volte di quanto vorremmo) e andare in spinta. I primi dieci minuti la Scozia li passa rintanata nei propri ventidue e massacriamo i loro avanti a suon di maul avanzanti puntualmente fatte cadere (fallosamente) a ridosso della linea di meta. Dopo tre falli nella stessa situazione di gioco il signor Gauzere estrae il cartellino giallo. La terza linea scozzese Barclay si va a sedere per 10 minuti e l’Italia ha una gigantesca occasione per riaprire la partita. Di fronte però c’è quella che senza ombra di dubbio ha dimostrato di essere la miglior difesa del torneo (debacle di Twickenham a parte) e nonostante i pick and go continui degli italiani il muro non crolla. Ci giochiamo il tutto per tutto quando Canna apre il gioco e trova Esposito sull’out di destra. La difesa di Hogg però è encomiabile e né lui né Padovani riescono a schiacciare l’ovale.

Edo mettici la colla su quelle mani!!

Come detto le opportunità che capitano in questi contesti non possono essere lasciate per strada. I nostri non riescono a marcare nemmeno nei dieci minuti di superiorità numerica e quando inizia la girandola dei cambi la Scozia dilaga. Hogg è il solito computer anche quando deve dettare i tempi della linea. Alza il lob alle spalle della ragnatela italiana e il più veloce a schiacciare la palla è Visser in anticipo su Esposito quel tanto che basta per farsi assegnare la meta.

Il torneo dell’Italia finisce qui. Gli ultimi venti minuti sono buoni per due soli scopi: consentire alla Scozia di segnare la quarta meta e ottenere il punto di bonus per sperare nel secondo posto (poi negatogli dalle vittorie di Francia e Irlanda) ed omaggiare Vern Cotter. Il tecnico neozelandese saluta per l’ultima volta il suo pubblico consegnando nelle mani del suo successore sulla panchina scozzese una squadra solida, bella da vedere e con individualità in grado di competere contro le altre grandi del Regno Unito.

Quello che rimane a noi è un profondo senso di inespresso. Il primo torneo con O’Shea da allenatore è finito con 0 punti, 0 vittorie e l’idea che le cose da mettere a posto sono molte di più di quelle che pensavamo dopo l’exploit contro il Sudafrica di Novembre. Ha ragione il nostro ct quando dice che i punti di differenza tra Italia e Scozia non sono 29, che la differenza sta nell’incapacità della nostra squadra nel momento di concretizzare la mole di gioco prodotta, però la strada da intraprendere è proprio quella dei dettagli. L’Italia ha dimostrato più volte di potersela giocare nel primo tempo contro tutti e questo ci porta a pensare che la preparazione fisica sia stata curata non nella sua totalità e che l’approccio mentale dei nostri sia ancora troppo molle per sostenere l’intensità delle altre cinque grandi dell’emisfero nord. Il percorso di O’Shea sulla panchina della nazionale è appena iniziato e deve portare ai mondiali 2019 con le basi per raggiungere questi benedetti quarti di finale. In mezzo ci sono altri due Sei Nazioni e tanto lavoro da fare sia sul campo sia fuori. L’unica considerazione che posso fare alla fine di questo diario di bordo è che la fiducia nel rugby italiano in me non vacilla e anzi è perpetua nonostante le sconfitte. Mai paura!

Qui gli highlight della partita

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