#JeSuisSagan

Simone Nebbia
Crampi Sportivi
Published in
2 min readJul 7, 2017

6ª tappa — 6 luglio
Vesoul > Troyes 216 km
Vincitore: Marcel Kittel
Leader: Christopher Froome

Tutto accade intorno ai 18 chilometri all’arrivo. Si sta parlando del caldo da inizio diretta e nessuno sa davvero più cosa dire in postazione Rai; qualcuno azzarda consigli ai corridori più anziani di bere molto e di non tentare fughe nelle ore più calde, mentre i gregari più saggi del gruppo bagnano i polsi ai velocisti che si preparano per quella che sarà una presumibile volata. In fuga ci sono Perrig Quemeneur, Frederik Backaert e Vegard Stake Laengen, ma non dureranno e tutti lo sanno; lo sanno anche quelli della Quick-Step Floors, perché c’è un tedesco che oggi se la sente comoda. Ma quando la camera dribbla la regia e s’innalza lontano dalle ruote e verso il cielo, un uomo in maglia gialla — che non assomiglia a Chris Froome — è sospeso sulla bicicletta a un centinaio di metri d’altezza. Ha messo un filo sottile ma, si spera, solido sotto le sue gomme, resta in equilibrio a metà, sta sopra la corsa e fa la propria, da un lato all’altro del filo.

Sospensione. Tale è quella che tocca a certi corridori — ora s’è capito — a volte ingiustamente, ché poi magari la squadra fa anche ricorso e chiede al TAS un reintegro abbastanza improbabile e che avrebbe del clamoroso: ma lo immaginate di riavere qualcuno in corsa senza aver partecipato ormai a due tappe di una corsa, appunto, a tappe? Ma la giurisprudenza è piena di quel che prima non sembrava possibile. E magari invece poi si può.

Basta fantasticare: tanto alla fine li riprendono, i tre battistrada. Ma l’avevamo capito tutti che con questo caldo dove vai in giro, che a certe temperature da coccodrilli a Troyes solo la Lacoste si potevano inventare. E allora parte la volata, un treno porta l’altro — vado io no vai tu — salgono le pedalate oltre la pedalata percepita, ci prova da un lato Arnaud Démare che ha la maglia per farlo, quella verde del leader degli sprint, Nacer Bouhanni di maglia ha la sua ma gli basta per tentare di mettere fuori la testa, allargarsi quel tanto per evitare le transenne, ma dall’altro lato spunta Peter Sagan, lo slovacco si alza sui pedali come un falco sulla preda, guarda a destra, guarda a sinistra, brucia il polpaccio in punta di piede e parte a testa bassa. Senza più voltarsi indietro. Alza le braccia, ma è a casa, sul divano, a guardarsela da fermo. Si sente pure un po’ scemo. E pure io. Perché ha vinto Marcel Kittel, facile, in sospensione.

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