Katinka, l’Iron Lady dell’acqua

Crampi Sportivi
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6 min readAug 13, 2016

Non devo essere l’unico. Probabilmente rientro nella categoria più ampia di coloro che si appassionano a un particolare sport quando le Olimpiadi riempiono le nostre televisioni. Ognuno ha il proprio: nel mio caso, è il nuoto.

Così tanti stili, gare, competizioni e atleti che ogni quattro anni cercano l’occasione della vita, nonostante magari possano dirsi già soddisfatti della carriera che hanno avuto. Date un’occhiata al medagliere della Pellegrini e fate un confronto con il rendimento olimpico: capirete perché la Fede nazionale tanto simpatica non sia quando arriva alle Olimpiadi e — come dicono gli americani — «doesn’t deliver».

In queste Olimpiadi di Rio de Janeiro, in campo femminile sono state tre le protagoniste assolute: la svedese Sarah Sjöström, il fenomeno americano Katie Ledecky (un mostro i 19 anni alla seconda Olimpiade) e poi c’è un’ungherese che fino a Rio ha vissuto lo stesso paradosso della Pellegrini. Nessuna medaglia olimpica, anzi: tanta fatica nella rassegna a cinque cerchi.

Quando i rivoli d’acqua si stabilizzano e le piscine di Rio si svuotano, Katinka Hosszú si porterà a casa tre medaglie d’oro (più un argento per sei centesimi). Un bottino davvero niente male.

From zero to hero

Il caso della Hosszú è affascinante perché due medaglie su quattro le ha portate a casa nel misto. Tra i tanti stili del nuoto, è quello che mi ha intrigato da sempre: quanta bravura è necessaria per governare l’intero repertorio e comunque tirarci fuori non solo medaglie d’oro, ma persino record olimpici e mondiali?

Per la Hosszú non è stato un problema dominare a Rio. E in fondo l’Ungheria ha una lunga tradizione nel nuoto, tanto che questo sport è la seconda fonte di medaglie olimpiche nella storia (dopo la scherma) e l’Ungheria è quarta nel ranking olimpico del nuoto. Il cammino della Hosszú stupisce piuttosto perché ci sono stati alcuni ostacoli lungo la strada che l’hanno portata alle piscine brasiliane.

Quel soprannome — The Iron Lady, la signora di ferro, con la mente che corre subito a Margaret Thatcher — è diventata quasi un’identificazione con la sua persona. Il suo account Twitter e quello Instagram sono legati al suo soprannome ancor prima che al suo nome e cognome. E c’è più di un motivo.

Il primo è la depressione cronica che ha colpito l’atleta ungherese. Tutto comincia a Londra, quattro anni fa, quando la Hosszú arriva per la conquista dell’oro nei 400 misti. La cinese Ye Shiwen, però, polverizza le avversarie, arrivando a nuotare la frazione dei 100 metri stile libero solo tre centesimi più lenta di Ryan Lochte, l’uomo che ha vinto l’oro nella stessa disciplina.

Al di là tutte le considerazioni che si possono fare sul doping, su come Ye Shinwen sia sparita dal radar (qualificandosi ai trials cinesi per Rio a 22 SECONDI DAL SUO RECORD DEL MONDO) e sul fatto che abbia già deciso di lasciar il nuoto a vent’anni, la Hosszú non ha mai digerito quella giornata, con il podio mancato per mezzo secondo: «Volevo solo andare a casa».

Pare che gli scambi sul volo di ritorno per Budapest con marito e poi coach Shane Tusup siano stati parecchi pesanti: «Non pensavo neanche di voler continuare a nuotare». Tusup ha provato a capovolgere la prospettiva: «Questa in realtà potrebbe essere la cosa migliore che ti sia mai capitata: non puoi provare una sensazione peggiore di questa». E così è stato, ma non è stato l’unico ostacolo sulla strada della Hosszú.

Il secondo ostacolo è stato ancora più difficile (e chissà se del tutto scansabile), visto che l’ungherese è stata accusata di doping. Un’accusa venuta da lontano, dal canadese Casey Barrett, ex nuotatore canadese e oggi commentatore per la NBC:

«Nessuno compete a un livello più alto del suo. Neanche Phelps, la Ledecky o anche Lochte. La sua capacità di recuperare, la sua consistenza e la sua forma continuano senza intoppi».

Nessuna accusa diretta, ma la Hosszú ha risposto immediatamente: «Non vendo la mia anima per soldi, fama o vittorie. Barare è qualcosa di alienante per me: Barrett mi ha offeso gravemente». Oltre a questa risposta mediatica, c’è stata anche quella legale, con Barrett citato in giudizio dall’entourage della Hosszú.

Una macchina da record (e da soldi)

Se ci sono stati dei lati negativi, quelli positivi sono decisamente di più. Dalla delusione di Londra e dall’arrivo di Tusup nella sua vita, la Hosszú ha portato a casa molte medaglie: che fossero Mondiali o Europei, che si trattasse di vasca corta o lunga, l’ungherese c’era sempre.

Tutto questo grazie alla sua versatilità, che le ha consentito di partecipare a una marea di gare e di migliorare diversi record: il caso più evidente è quello del 100 metri misti, che non sono una disciplina olimpica, ma sono stati sbriciolati dalla Hosszú per ben sette volte.

Dal 2012, la nuotatrice ha conquistato 30 medaglie in tutte le competizioni, di cui 22 d’oro. Tutto questo è stato realizzabile partecipando a qualunque gara possibile: basti citare il meeting di Lussemburgo, dove si è qualificata per la finale di TUTTE le 13 gare in programma (alimentando ulteriormente i sospetti di doping sul suo conto).

È stata due volte nuotatrice dell’anno per la FINA e in altrettante occasioni nominata la migliore d’Europa dallo “Swimming World Magazine”. Ma soprattutto la Hosszú ha ottenuto un altro record, di tipo pecuniario.

Nel 2014, la magiara è diventata la prima nuotatrice a superare il milione di dollari incassati grazie alle sue vittorie. E la sua figura ha attirato una marea di sponsor: Arena, Audi, Groupama, Piroska… una vera e propria operazione di marketing, tanto che “Iron Lady” è un brand. E forse per un nuotatore è qualcosa di difficilmente immaginabile.

Ok, fattura un sacco, ma quand’è che vince le Olimpiadi? Senza una medaglia olimpica — vedi la Pellegrini — sembra che la tua carriera non sia valida. E l’appuntamento di Rio è il quarto della sua carriera (lunga, ma parliamo comunque di una 27enne).

Sfatare la maledizione olimpica

I fantasmi di Londra avrebbero potuto rovinarle l’atmosfera in Rio, ma in realtà la Hosszú è sembrato un automa fin dal primo tuffo in acqua. Nonostante la NBC abbia fatto di tutto per attribuire tre ori più al marito che alla stessa atleta magiara (un personaggio che avrebbe comunque bisogno di una calmata).

A Rio, la nuotatrice magiara si è iscritta a sei gare. In quattro ha vinto una medaglia, mentre nelle altre due la Hosszú ha comunque ottenuto l’attenzione del mondo sportivo. Nella staffetta 4x200 stile libero, il suo contributo ha permesso all’Ungheria di arrivare sesta in finale, mentre quando si è trattato di correre i 200 metri farfalla, stranamente l’ungherese non si è presentata ai blocchi di partenza, in modo da risparmiare energie in vista della finale dei 200 misti individuali. Strano detto dalla Iron Lady.

Più la distanza si allungava e più si entrava nel misto, più la Hosszú ha dominato. Le due medaglie vinte nel dorso — oro nei 100, argento nei 200 per sei centesimi dalla statunitense DiRado — sono state una buona dimostrazione di forza, ma è nel misto dove l’ungherese ha dato il meglio di sé, come già dimostrato negli ultimi anni.

Nei 200 misti, la Hosszú ha immediatamente stabilito il record olimpico, per poi ritoccarlo in finale. Un dominio che si è fatto assordante nei 400 misti, dove la magiara ha stabilito nell’ultimo atto non solo il record olimpico, ma anche quello mondiale con un 4'26"36 che le è valso un oro vinto in scioltezza (quasi cinque secondi di vantaggio sulla DiRado).

Una dimostrazione di forza mostruosa, quasi ai livelli della Ledecky (che però ha 19 anni ed è alla seconda Olimpiade). Ha sintetizzato per tutti l’analista del nuoto per la NBC, Rowdy Gaines:

«Nessun può contestare il fatto che sia la nuotatrice più versatile al mondo sia tra gli uomini che tra le donne».

Se passerà alla storia senza alzare ulteriori sospetti (e Shane, «Calm the fuck down!»), l’hall of fame del nuoto sarà tutta sua.

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