La coperta lunga del Team USA

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
5 min readJul 29, 2016

Steph Curry, LeBron James, Chris Paul, Russell Westbrook, Kawhi Leonard, James Harden, Blake Griffin, Anthony Davis, LaMarcus Aldridge e John Wall. Aggiungiamoci Gordon Hayward e Rudy Gay tanto per arrivare a dodici. Signore e signori, questo è il roster che NON parteciperà ai Giochi della XXXI Olimpiade.

Gli ultimi due sono semplicemente dei tagli effettuati dal signor Jerry Colangelo, il quale, quando non fa il Chairman of Basketball (decido io, e solo io) dei Philadelphia 76ers, si diletta a sfogliare una delle margherite più folte per un selezionatore a livello globale, al fine di consegnare a Mike Krzyzewski dodici uomini per ridicolizzare le altre rappresentative sul parquet. Gli altri dieci però sono tutti disertori della trasferta a cinque cerchi, che la nazionale statunitense di basket dovrà affrontare per difendere l’oro conquistato otto anni fa a Pechino e confermato a Londra.

Record di punti in una gara olimpica: 156–73.

Le motivazioni sono chiare e abbastanza condivisibili. Tra queste non sembrerebbe esserci la paura per il virus Zika, del quale il Post ci offre una delucidazione esauriente per chi non studia medicina. In parole spicciole si tratterebbe di un virus, trasmesso da una zanzara della famiglia Aedes, che causa febbre e sfoghi cutanei di durata non superiore alle due settimane. Tuttavia qualora ad essere colpite fossero donne incinte o partner che hanno programmato una gravidanza nel breve periodo, a risentirne potrebbe essere il feto con malformazioni e altre malattie.

Alcuni atleti hanno espresso il proprio disappunto per la presenza di questo virus in Sudamerica, ma in linea di massima non dovrebbe essere un fattore decisionale così influente, che si tratti di olimpionici o turisti. A meno che le attività motorie in programma siano ben diverse dall’idea del barone Pierre de Coubertin.

Le dichiarazioni più inflazionate dai giocatori NBA per la loro rinuncia alla convocazione cominciano con un “dopo aver parlato con la mia famiglia e con (nome della squadra di appartenenza)…” e finiscono con un, a tratti minaccioso, “…spero in futuro di tornare a far parte di Team USA”. Tradotto vorrebbe dire: “preferisco passare l’estate a riposarmi, ma se un anno per sbaglio non dovessi fare tanta strada in post-season, tenetemi in considerazione”.

Logico, un po’ antipatriottico ma logico. Anche perché le immagini dell’infortunio occorso a Paul George durante una “partitella” di avvicinamento ai Mondiali 2014 sono ancora nella mente dei giocatori, i quali non hanno intenzione di rischiare un anno di carriera per scherzare con delle nazionali troppo inferiori, anche se in un contesto stimolante come quello delle Olimpiadi.

E qui arriva il domandone. È realistico pensare ad un esito diverso dall’inno statunitense alla fine del torneo di basket olimpico? Difficilissimo.

Se historia magistra vitae, allora notiamo come due delle tre nazioni che hanno usurpato lo scettro di potenza dominante agli Stati Uniti nella storia delle Olimpiadi (URSS ’76 e ’88 Jugoslavia ’80) non esistono più. L’unica superstite è la Generacion Dorada che nel 2004 sconfisse gli USA in semifinale e l’Italia di Pozzecco e Basile in finale. Il problema è che l’Argentina tutt’oggi si affida ai vari Ginobili, Scola, Nocioni, Delfino, dal momento che un ricambio generazionale all’altezza manca (Campazzo è buono ma nulla più, Garino e Vaulet sono discreti prospetti ma ancora un po’ acerbi).

https://www.youtube.com/watch?v=oHQ-07nxeFo

Decisamente non dovrebbe essere l’Argentina l’ultimo ostacolo per gli USA, che invece potrebbero trovare la squadra più ostica nel proprio girone. Francia e Serbia sono apparse brillanti nel pre-olimpico. Soprattutto la truppa di Sasa Djordevic può cambiare pelle durante il match, andando small con Nikola Kalinic (non il puntero della Fiore) da 4 o intasando l’area con Radjulica, Jokic e Bircevic a contenere lo strapotere fisico degli atleti a stelle e strisce. Tuttavia, nel momento in cui Coach K assimila il playbook avversario, tende a farsi trovare preparato per la seconda parte. Quindi se una tra Francia e Serbia riuscissero a buttare fogliame nel perfetto ingranaggio statunitense, difficilmente riusciranno a farlo anche in un ipotetico scontro quando si parlerà di medaglie.

Indi per cui, meglio guardare nell’altro girone e, senza fare troppo i timidi, sperare che la Spagna torni a giocarsi la finale provando il colpaccio. Il nostro Sergio Scariolo probabilmente dovrà fare a meno di Marc Gasol (non al top della forma e caldamente allontanato dall’ipotesi Rio dai Grizzlies), ma avrà a disposizione Pau e una batteria di point guard niente male con i vari Rubio, Calderon, Llull e quel matto del “Chacho” Rodriguez.

Anche qui però la coperta sembrerebbe essere troppo corta, dal momento che soltanto Ibaka e Pau Gasol sono in grado di accoppiarsi in post con i pari ruolo americani e non soffrire eccessivamente a rimbalzo. La sensazione è che Team USA avrebbe una serie di mismatch da giocarsi durante i 40 minuti che metterebbero in seria difficoltà la difesa spagnola. Infatti, nelle ultime due finali olimpiche la Spagna ha sempre toccato quota cento punti, ma ne ha inevitabilmente presi di più. Inoltre anche il contributo di uno scorer fenomenale come Re Juan Carlos Navarro sarà sensibilmente inferiore, vista la carta d’identità che a giugno ha chiamato per i 36.

https://www.youtube.com/watch?v=sa0nsYoAQ34

Come se non bastasse, nessuna delle contender si presenta a Rio con un organico nel prime della carriera. Ci sono nazionali appese ai soliti noti che prima o poi andranno sostituiti (Spagna, Francia, Lituania, Argentina) e nazionali ancora povere di esperienza per essere competitive tra un paio di settimane (Croazia, Australia). Ecco perché il rammarico derivante dal pre-olimpico è un colpo duro da digerire, proprio per un gap quasi inesistente tra le nazionali da medaglia e quelle leggermente più indietro, che avrebbe potuto far sperare in un’Italia da semifinale.

Detto ciò, Team USA vincerà il quindicesimo oro olimpico su diciannove tentativi: magari non chiuderà le partite nel primo tempo, ma almeno ci sarà da divertirsi anche nel secondo (non sempre, anzi sporadicamente). Sarà l’ultimo valzer per Coach K il quale, dopo quella semifinale contro la Grecia, non ha più fallito una competizione facendo il pieno di Olimpiadi e Mondiali. Dopo Rio si insedierà Gregg Popovich: a quel punto, tutti questi bei discorsi sulla reale forza degli USA e delle sue rivali non avranno più ragione di essere.

Per l’ex agente della CIA giocherebbe chiunque, magari anche in squadra con lui a briscola, ma l’effetto magnetico di un uomo che ha trasformato una squadra minore in una delle più grandi dinasty di tutti i tempi, è innegabile. Quindi provarci quest’anno (Dio solo sa come) e sperare che in futuro possa nascere un’altra Generacion Dorada, non necessariamente nei pressi di Buenos Aires, in grado di regalarci una narrativa diversa da quella che ad oggi sembra avere un esito tanto scontato quanto ridondante e allo stesso tempo meritocratico.

Guardare le partite degli USA sarà un po’ come guardare Dragon Ball: sai che alla fine Goku resuscita e vince, però lo show ti piace così tanto che sarà comunque interessante scoprire come.

Articolo a cura di Paolo Stradaioli

--

--