La Coppa dei Campioni al tempo dell’Impero Austro-Ungarico: breve storia della Challenge Cup (1897–1911)

Crampi Sportivi
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8 min readApr 2, 2014

Quali fieri cultori di materie oziose, nonché comodi ammiratori di sforzi altrui, ci accingiamo a proporre uno sfizioso passatempo interdisciplinare al quale si è scelto di dare l’etichetta di archeologia calcistica. Come ogni capriccio intellettuale degno di questo nome, anche il nostro esperimento di ricostruzione di un remoto paleo-calcio non ha l’obiettivo di dimostrare o validare nulla. Si tenterà semplicemente di disvelare antiche curiosità e chincaglierie pallonare, sepolte sotto la polvere dei secoli passati.

Un dibattito sulle origini farà certamente capolino nel nostro contributo, ma capire dove tutto comincia non è il nostro obiettivo. Mito qualificante, ossessione da storici positivisti o equivoco embriogenetico privo d’ogni valore, la discussione sulle origini non ci interessa.

Non essendo dei semplici antiquari, che hanno occhi solo per le cose morte, la nostra indagine parte per forza di cose dall’osservazione del vivo presente. Il nostro viaggio a ritroso nel tempo prende infatti spunto dallo spettacolo multicolore, stravagante e stellare della odierna Champions League: elaborazione calcistico-culturale figlia della mondializzazione, simbolo per eccellenza dell’Europa unita, flagello dei martedì sera in famiglia. E così, come minuscoli Pasolini in erba sintetica, volgiamo lo sguardo al passato dall’orlo di un’età nuova, con una domanda che ci ronza in testa senza tregua: ma da dov’è che viene, ‘sta Coppa dei Campioni? Ché le origini non esistono, ma i punti di partenza si, e sono questi che divertono lo spirito del tifoso illuminato.

challenge cup 1899

Vienna, domenica 14 novembre 1897. Il cielo è plumbeo, acquoso e grigio. Le nuvole premono sulla città, mentre una pioggerellina autunnale annuncia già il lungo e rigido inverno della pianura danubiana. Quel giorno, sull’erba del Prater, primo parco pubblico cittadino incorniciato fra il Danubio e il Donaukanal, il Rasenspielclub Training Wien e il Fussballklub von 1898, due piccoli club nati pochi anni prima, si sfidano nella prima semifinale della neonata Challenge Cup. Il risultato è un netto 5–0 per i ferrovieri austro-ungarici dell’FC98, guidati da un inarrestabile quanto sconosciuto Sonneschein, che, come un Messi da rivoluzione industriale, mette a segno la bellezza di quattro goal.

La storia di questa competizione, però, inizia qualche anno prima. Nella seconda metà del XIX secolo Vienna è una delle grandi capitali d’Europa. Sotto il lungo regno di Francesco Giuseppe I d’Asburgo la città è tutta un rifiorire di arti ed energie culturali. Le sinfonie di Brahms e i walzer di Strauss fanno il pieno di pubblico alla nuova Opera e lo Jugenstil, architettonica declinazione austriaca dell’Art Nouveau, impreziosisce la skyline della capitale. Nel 1898, Klimt e Moser guidano la Secessione Viennese mentre un giovane medico di nome Sigmund Freud pubblica un trattato intitolato Die Traumdeutung, proponendo l’interpretazione dei sogni come metodo psicoanalitico privilegiato. Ma a Vienna non si viene solo per la psicanalisi freudiana, per la musica classica o per passeggiare sulla Ringstrasse assaporando quel famoso dolce al cioccolato inventato qualche decennio prima dal pasticcere Franz Sacher di cui parla mezza Europa. La capitale danubiana è anche un succoso luogo per investire capitali, far decollare nuove imprese, esplorare mercati e fare soldi.

La nostra storia, come molte altre storie, inizia quindi con una partenza. In un anno imprecisato della seconda metà del XIX secolo, un imprenditore nel settore idraulico nato nel quartiere londinese di Bethnal Green si trasferisce armi e bagagli a Vienna per installare un’impresa di forniture idrauliche e sanitari. Il suo nome è John Thomas Gamlick. L’azienda va bene, i suoi servizi vengono richiesti inizialmente a Vienna, ma poi anche in altre zone dell’Impero asburgico ed infine anche nell’Europa dell’Est.

Sarebbe una storia come tante altre di quel periodo: un imprenditore inglese di seconda o terza generazione, con molto capitale accumulato nei decenni precedenti dai suoi progenitori, che parte ed incrementa ancor di più le sue entrate. Ma la dinamicità e l’individualismo anglo-sassone mal si conciliano con il lento fluire della vita mondana viennese, ancora legata ad abitudini da ancien règime, e la noia, come spesso accade, diventa il motore primo della novità. Così, tra un ballo a palazzo ed una serata all’Opera, alcuni imprenditori inglesi di stanza a Vienna decidono, per avere un po’ di svago, di importare lo sport che va ormai per la maggiore tra i sudditi della Regina Vittoria: il football.

Il 23 agosto del 1897, John Gamlick riunisce alcuni connazionali e fonda il Vienna Cricket and Football-Club, che diventa l’espressione calcistica della vasta comunità britannica presente nella capitale della duplice monarchia, nonché una delle prime compagini pallonare austriache. I Cricketers, infatti, nascono solamente un giorno dopo il First Vienna Football-Club, che vede la luce grazie all’iniziativa del Barone Anselm von Rothschild, membro di una facoltosa famiglia ebraica di origini tedesche ma con ramificazioni anche in Gran Bretagna, che il 22 agosto dello stesso anno decide di concedere un campo da gioco ai giardinieri che lavorano nella sua tenuta, per evitare la continua distruzione dei suoi preziosi fiori.

In quegli anni non ci sono però a Vienna dei veri e propri tornei dove poter far competere le neonate squadre e disputare continuamente sempre e solo delle amichevoli non è poi così soddisfacente, né tanto meno remunerativo. Passano quindi appena tre anni e sempre Gamlick decide di mettere in palio un trofeo per eleggere la squadra più forte dell’Impero Austro-Ungarico: la Challenge Cup. La competizione è aperta a tutte le squadre delle diverse nazioni che formano a quel tempo l’Impero — principalmente Austria, Ungheria e Boemia — che si sarebbero affrontare secondo la tipica formula del knock-out, ovvero chi perde è fuori, chiaramente mutuata sull’esempio della FA Cup inglese, che si disputa ormai dal lontano 1872.

In quel piovoso novembre del 1897, quindi, si sta disputando proprio l’edizione inaugurale della Challenge Cup, che vede però la partecipazione esclusivamente di squadre viennesi. Oltre alle due che abbiamo visto disputarsi l’accesso alla finale, ai blocchi di partenza si presentano anche il First Vienna e il Vienna Cricket, la squadra dell’organizzatore, che si affrontano nell’altra, decisamente più combattuta, semifinale. Un concitato botta e risposta blocca la partita sul 2–2, ed un goal di Nash nel finale fissa il risultato sul 3–2 per i Cricketers, che travolgono poi in finale, il 21 novembre 1897, l’FC98 con un netto 7–0.

Il successo della competizione dev’essere stato decisamente buono, e la Coppa viene ripetuta anche gli anni seguenti, anche se né nella seconda né nella terza gli organizzatori riescono a far iscrivere squadre provenienti da fuori Vienna. Con la quarta edizione, invece, giocata nel 1900/1901, la coppa assume caratura internazionale, come previsto fin dall’inizio, abbracciando altri territori dell’Impero. Si iscrivono, infatti, ben due squadre di Praga, capitale della Boemia: l’FK Slavia Praha e il Cesky Atheltic & Footoball Club di Vinohrady. Conseguentemente, anche l’architettura del torneo subisce una modifica. I club partecipanti vengono suddivisi in due tornei nazionali, ed i vincitori di queste selezioni preliminari si sarebbero sfidati nella finale, giocata sempre a Vienna. In Boemia l’FK Slavia Praha, che diventerà una delle squadre più titolate del paese, sconfigge senza appello il Cesky AFC Vinohrady per 13–1, arrivando a giocarsi il trofeo contro il Wiener Athleticsport-Club, che batte i boemi per 1–0.

Una cosa che accomuna il mondo calcistico contemporaneo a quello dei primi timidi esordi è sicuramente l’avversione alla classe arbitrale. Anche la Challenge Cup, infatti, non è immune da dispute e aspri confronti in materia di regolamentazioni. Proprio uno dei match più importanti dell’edizione 1901/1902, la prima a cui tra l’altro partecipano le squadre ungheresi, finisce tra le polemiche. I Cricketers si impongono sullo Slavia Praha per 4–3, ma i boemi contestano un arbitraggio giudicato nettamente a favore degli organizzatori storici del torneo, rei di aver siglato un gol con la mano. Come a dire, Maradona non s’è inventato nulla, almeno da questo punto di vista. La protesta inscenata dai boemi prende le mosse dopo il risultato finale di 3–3, e nei tempi supplementari lo Slavia rifiuta addirittura di scendere in campo. Il Cricket Vienna non batte ciglio e sigla cinicamente il decisivo gol della vittoria a porta vuota, lanciandosi verso una finale vinta poi contro gli ungheresi del Budapesti Torna Club.

Seguono altre edizioni decisamente burrascose. Nel novembre del 1902 l’FC98 ritira la propria formazione dal torneo per protestare contro il fatto che l’arbitro designato era niente meno che un ex giocatore del First Vienna. Due anni dopo nessuna squadra partecipa dalla Boemia e dall’Ungheria sempre per protesta contro quella che veniva giudicata, forse a questo punto a ragione, come un’organizzazione faziosa da parte delle squadre viennesi, che non a caso cannibalizzavano sempre il torneo. Dopo alcune edizioni caratterizzate da aspre polemiche, poco spettacolo e scarso successo di pubblico — sembra che per due anni di fila non si sia riusciti neanche ad organizzare una vera e propria finale — la coppa viene sospesa per due stagioni, riprendendo solamente nel 1908.

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Vienna CFC

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L’edizione 1908/1909 vede una più completa e omogenea partecipazione alla competizione, tanto che per la prima volta viene vinta da una squadra non viennese e non austriaca, il Ferencvaros di Budapest. Ma siamo comunque alle battute finale, all’ultimo canto del cigno. Nella stagione 1910/1911 si disputa infatti l’ultima edizione del torneo, vinta dal Wiener Sport-Club, in una finale dominata e vinta per 3–0 sempre contro il Ferencvaros. Gli scarsi risultati organizzativi e di pubblico ottenuti negli anni sono da additare come i maggiori motivi della dismissione del torneo, anche se parallelamente, nella stagione 1911/1912, prende il via la prima edizione di una lega nazionale austriaca di calcio, la 1.Klasse, alla quale partecipano tutte le maggiori squadre viennesi che avevano dato vita negli anni passati alla Challenge Cup, come il First Vienna e il Cricket Vienna.

La coppa si può tutt’ora ammirare a Vienna, nella sede dell’ultima squadra vincitrice, il Wiener Sport-Club. Competizione disomogenea, disarticolata, segnata da continui stop and go. Nonostante tutti i difetti, la Challenge Cup rimane un fulgido esempio della proiezione internazionale che il football ha avuto praticamente sin dalla sua nascita. Non è certamente un caso se un grande uomo di sport, Hugo Meisl, allenatore del devastante Wunderteam austriaco degli anni ’30, si ispirò proprio alla competizione creata da John Gamlick per organizzare la Mitropa Cup, prima vera competizione internazionale europea per squadre di club, vera antenata della odierna Champions League. Era un calcio antico, quello che abbiamo visto, molto lontano da noi. Un calcio da rivoluzione industriale, dove erano protagonisti ferrovieri mal pagati, giardinieri precari e imprenditori annoiati. Ma a pensarci bene era un calcio non poi così diverso da quello dei nostri giorni, ché alla fine dar calci ad una palla rimane pur sempre un’arte antica.

Valerio Torreggiani Apprendista storico. Si interessa di teorie politiche non più di moda, musica rumorista e storie di pallone. Sostiene che il biliardino sia uno sport completo e cova da sempre un sovversivo progetto segreto: sostituire l’ora di religione a scuola con un’ora di ascolto dei dischi dei Beatles.

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