La fabbrica creativa

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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10 min readDec 28, 2017

Si sono portate avanti guerre decennali, talvolta secolari, in nome di un’appartenenza. Quella religiosa, quella di territorio ed etnia. È stato versato un oceano rosso in difesa di sé stessi e per paura del diverso. Ed è questa sorta di sindrome di Caino, quella di uccidere il proprio fratello, che porta alle guerre intestine, che genera la più — per quanto sia complesso individuare il primato — brutta delle lotte: la guerra civile. Questa ciclicità degli avvenimenti suggerisce quasi come se l’insegnamento storico sia il più complesso da imparare, un rompicapo che non riusciamo a risolvere e che ci porta inesorabilmente a farci del male.

Parafrasando De Andrè, “dai diamanti non nasce niente”, ma forse dal dolore nascono i fiori. E se non son fiori magari un principio di grandezza, come una vecchia quercia piena di cicatrici che si è irrobustita anno dopo anno.

È forse la metafora perfetta per descrivere quelle terre violentate ripetutamente, costrette alle peggiori angheria (anche auto-inflitte) e portate quasi a un’abitudine al dolore, alla vessazione, al sopruso. Un grosso e vecchio albero che continua a crescere nonostante tutto, con delle radici forti e profonde. La Croazia — assieme agli altri paesi della ex Jugoslavia — sembra questo: un paese che porta ancora il segno di enormi cicatrici (e forse sarà così per sempre), ma che ne è uscito fortificato. Un dolore che ha temprato un popolo già di per sé duro e impetuoso, che lo ha costretto ad accettare le differenze culturali, etniche, religiose, in modo da farne tesoro e non terreno di scontro.

Ed il calcio è teatro prediletto degli animi temprati, della tradizione storica di un popolo. La Croazia ha come capitale Zagabria ed è la squadra di questa città che conta 800.00 abitanti — un tempo chiamata Croatia Zagreb, oggi meglio conosciuta come Dinamo Zagabria — ad avere il primato di società maggiormente titolata: 18 titoli nazionali (quattro campionati jugoslavi prima dell’indipendenza), 14 coppe di Croazia (sette coppe di Jugoslavia), cinque supercoppe di Croazia. È lapalissiano sottolineare che da una compagine del genere la nazionale con la maglia a scacchi avrebbe pescato gran parte del proprio vivaio: grazie alla formazione di giovani talenti della Dinamo (oltre che dell’Hajduk Spalato, a onor del vero) che la nazionale maggiore risulta tra le più temute e competitive, pur non avendo ancora raggiunto risultati apprezzabili e senza aver espresso una mentalità di gioco ben definita, fondamentale per vincere. Un fondamentale che dovrebbe essere inculcato sin dalle giovanili di tutte le squadre del paese per creare una nazionale i cui componenti conoscano a memoria movimenti ed estetica calcistica.

Portiere — Ivan Kelava

È bene avere in porta un fedelissimo della causa. Nel ‘97 inizia la sua carriera nel calcio professionistico, proprio dalla Dinamo Zagabria: se escludiamo un singolo anno (09/10) alla Lokomotiv Zagabria (una sorta di squadra satellite della sorella maggiore), questo ragazzone di 195 cm x 90 chili è stato tra i protagonisti dei sei campionati consecutivi vinti. Conoscenza anche del calcio italiano, ha esordito con l’Udinese, che ne detiene ancora il cartellino, ma l’ha girato alla squadra satellite (Granada) nella scorsa stagione. È il tipico portiere da cui non devi pretendere compiti d’impostazione e che punta molto sull’istintività della parata, quale sia la parte del corpo da utilizzare.

Terzino destro — Šime Vrsaljko

Nei quattro anni passati alla Dinamo Vrsaljko contribuisce a quattro campionati, due coppe di Croazia e una supercoppa. In Italia matura a livello tattico, partendo da un ottima base tecnico-fisica: ha una corsa fluida e spesso devastante, può giocare su entrambe le fasce (ma a sinistra perde un tempo di gioco per effettuare il cross: la sua specialità resta il cross teso e non quello morbido d’interno). Si ritrova a giocare sia come quarto di centrocampo con Gasperini che come terzino destro nella difesa a quattro di Di Francesco. L’ottima stagione con il Sassuolo lo rende appetibile, anche perché è un giocatore che riesce a coprire l’intera fascia senza grandissimi problemi, coniugando caratteristiche offensive a un’ormai acquisita disciplina tattica che gli permette di essere incisivo anche in fase difensiva.

Centrale destro — Domagoj Vida

Per la quota fisicità c’è il biondissimo difensore della Dinamo Kiev. Le spalle più larghe delle orecchie gli permettono sia di gestire una prima punta forte fisicamente, sia di farsi valere nell’area di rigore avversaria in un calcio d’angolo a favore. Irruento ed esuberante, apporta anche quel pizzico di simpatica indisciplina (multato e cacciato dal bus per aver aperto una lattina di birra) che non guasta.

Centrale sinistro — Dejan Lovren

Nel giugno del 2014 il Liverpool spese una bella somma (25 milioni di euro) per accaparrarsi il difensore inserito da Don Balon tra i migliori giocatori nati dopo il 1989. Come il suo compagno di reparto è dotato di un buon colpo di testa, all’occorrenza usato anche per offendere, ma è meno fisico; questo gli permette di muoversi con maggiore dinamicità, complice anche una maggiore dimestichezza con la palla tra i piedi. L’esperienza al Lione lo ha fatto maturare, ma è stato il passaggio a un campionato più competitivo — in una squadra di metà classifica come il Southampton — a permettergli di completare il proprio profilo tecnico. Nel Liverpool è stato titolare sia con Rodgers che ora con Klopp: il tecnico tedesco gli sarà riconoscente per il goal al 93’ nei quarti di Europa League contro il Borussia, in un folle 4-3 per i Reds.

Terzino sinistro — Danijel Pranjić

Non più giovanissimo, ma qualche veterano serve sempre. In più si tratta di un giocatore estrememente duttile — non eccezionale in fase difensiva, per sua stessa ammissione, ma con doti di spinta — e che regala anche qualche buono spunto sotto il profilo tecnico. E poi 51 presenze in tre anni al Bayern Monaco sono comunque un ottimo biglietto da visita.

Regista — Luka Modrić

Modrić è il prototipo del centrocampista perfetto, che può ricoprire qualsiasi ruolo e farlo meglio di uno che in quella posizione ci gioca da una vita. Nella formazione ideale lo mettiamo come regista dell’albero di natale a-là-Ancelotti, perché il suo livello tecnico e la quantità di volume in fase d’interdizione ne fanno un giocatore essenziale.

L’attuale 10 del Real Madrid è da porre al centro di ogni linea di passaggio, sia della propria squadra che di quella avversaria, in modo da spezzare il gioco in fase difensiva e di costruire in fase offensiva; una costruzione che con Modric può avvenire sia in modo euclideo, quanto in velocità. La sua capacità di scambiare nello stretto e di lanciare lungo con precisione millimetrica non lasciano vuoti nella struttura di gioco. A questo si aggiunga che Luka è un giocatore elegantissimo nei movimenti — spesso troppo veloci per poter apprezzare la bellezza della giocata — che dribbla con estrema facilità ed ha delle progressioni fatali (caratteristiche che sembrano marchio di fabbrica della nuova scuola croata: Kovacic, Rog, Pjaca).

Mezzala destra — Milan Badelj

Nel centrocampo di Sousa è sensibilmente più importante di Vecino, anche se di quest’ultimo se ne parla in continuazione. Quelle poche partite in cui il tecnico portoghese ha dovuto fare a meno di lui ne hanno fatto notare l’importanza tattica e hanno anche evidenziato quanto si riduca il tasso tecnico in sua assenza. E sì, perché c’è una confusione di fondo secondo cui Badelj sia l’incaricato al recupero palloni — cosa che comunque fa — , ma è in realtà proprio lo stesso Vecino a occuparsi della fase di interdizione per poi scaricare sul compagno di reparto, che è più veloce nella progressione e negli inserimenti, oltre che dotato di una tecnica notevolissima.

Mezzala sinistra — Marcelo Brozović

Brozocić è il prodotto della cantera satellite della Lokomotiv Zagabria, che lo cede alla Dinamo nel 2012: vince tre campionati e nel 2014 viene convocato per i Mondiali con la Croazia, pur non avendo mai ricevuto una precedente convocazione. Da quel momento diventa inamovibile. La schizofrenica Inter non è il massimo per un giocatore estremamente talentuoso, ma in cerca di un padre calcistico che gli dica cosa fare per diventare centrale nel gioco di una grande squadra.

I tre allenatori che l’hanno allenato avevano problemi di gestione della squadra e hanno dimenticato le potenzialità del giocatore. Con De Boer spesso veniva spedito in panchina, il che è piuttosto curioso per un calciatore di quel livello, che ha mostrato un’immaturità calcistica e caratteriale, ma nettamente inferiore alla qualità del gioco espresso. Le caratteristiche ci sono tutte: ottima visione di gioco, tecnica eccellente, tiro con entrambi i piedi spesso letale. Giocatori di questo tipo hanno bisogno solo di qualche ramanzina tattica che gli permetta di educarsi, il resto va da se.

Trequartista — Mateo Kovačić

Gli inizi della sua carriera sono strani: comincia prestissimo a giocare (sei anni) nel LASK Linz per poi arrivare alla Dinamo all’età di 13 anni. Dopo poco si rompe la gamba, ma riesce a riprendersi bene, al punto che dal 2013 gli servono appena due stagioni per arrivare a uno dieci club più importanti al mondo (l’Inter). Ma lo stesso discorso fatto per Brozovic all’Inter può essere — in parte — riproposto per Kovacic, con l’aggravante che la propensione al dribbling e la giocata di fantasia e una carenza in termini di concretezza lo rendono un giocatore perennemente in dubbio sulla collocazione tattica.

Ma è bene chiarire sin da subito: Kovacic può essere devastante sulla trequarti, dieci massimo quindici metri fuori dall’area di rigore.

In altre parti del campo può essere utile — se schierato come mezzala potendo sfruttare la sua velocità nella progressione e la facilità a saltare l’uomo, ad esempio —, ma non sarà mai incisivo come potenzialmente lo è dietro le due punte. In più le ripartenze sono tipiche di una squadra difensiva che gioca in contropiede, mentre Mateo è adatto a moduli e formazioni con attitudine a fare gioco e possesso palla; l’apoteosi di un giocatore del genere si ha quando il resto della squadra crea la ragnatela di passaggi sulla trequarti, schiacciando gli avversari, fino al momento in cui la palla non arriva a Kovacic che strappa con il cambio di passo, creando la superiorità e obbligando la difesa a scalare. Prima o poi l’errore arriva e ci sarà sicuramente qualcuno ad approfittare di quanto creato alle sue spalle.

Seconda punta — Marko Pjaca

La generazione d’oro croata sembra essere appena cominciata e Zagabria non vuole essere solo la capitale politica del paese. Come altri prima di lui, Pjaca viene formato nella Lokomotiv Zagabria, mentre alla Dinamo resta appena due anni — giusto il tempo di vincere due campionati — , ma il suo nome è già nei taccuini di gran parte delle dirigenze europee. La Juventus trabocca di giocatori: nel momento in cui Marko avrebbe trovato più spazio, si è infortunato. Il ruolo ideale è probabilmente esterno sinistro d’attacco: è alto, ma questo non gli crea problemi quando decide di saltare l’uomo. E ha un tiro potente che sostiene la fase di finalizzazione della sua azione personale, ovvero dribbling e impatto violento con la palla. Questi profili, però, non escludono la possibilità di un ruolo più vicino alla prima punta, specialmente se c’è il sostegno del trequartista e la spinta delle fasce.

Prima punta — Mario Mandžukić

Con tutta quella fantasia, c’è bisogno di qualcuno che faccia il lavoro sporco e si chiami presente davanti alla porta. Mandzukic ha girato mezza Europa da quanto ha iniziato — giocando come centrocampista, tra l’altro — nel Marsonia, per poi trasferirsi alla Dinamo. Le tre stagioni a Zagabria sono vincenti, come prevedibile. Decide di spostarsi in Germania, prima al Wolfsburg, dove si mette in mostra con 20 reti in 56 presenze e poi al Bayern Monaco, chiamato a sostituire Mario Gomez.

L’anno a Madrid è di passaggio, perché ad attenderlo c’è la Juventus, che preferisce sempre avere un attaccante così generoso in squadra. Mario è instancabile e non tira mai indietro la gamba, aiuta la squadra a salire con il proprio fisico ed è estremamente complesso portargli via la palla. In area di rigore stacca di testa anche se marcato e riesce — data una discreta tecnica, in ombra solo perché si ritrova vicino giocatori fantastici — spesso a conquistare lo spazio visivo per calciare. Il suo punto forte, oltre la capacità di fare reparto da solo in situazioni di sofferenza della propria squadra, è l’abilità di smarcarsi ed arrivare a pochi metri dal portiere.

Vedran Ćorluka

Manchester city, Tottenham, Bayer Leverkusen, Lokomotiv Mosca. Esclusa la parentesi tedesca si tratta di un giocatore che, data la duttilità tattica, ha giocato praticamente ovunque è andato. Difensore centrale che può essere adattato tranquillamente anche come terzino destro. Dal 2012 è entrato nel giro della nazionale e non ne è più uscito.

Tin Jedvaj

Altro giocatore individuato da Don Balon, ma dei nati dopo il 1993, in questo caso. Di grande prospettiva, come piace alla Roma che lo tessera nel 2013 con qualche problemino iniziale nel transfer, e per una cifra anche piuttosto alta: 5 milioni. È però nel Leverkusen che trova maggiore continuità.

Marko Rog

L’impazienza dei napoletani ed il rigore tattico di Sarri stanno creando un’attesa lancinante su questo prospetto croato. Per ora sono pochi i minuti giocati in Italia, e nonostante questo appare pronto a confermare le attese. Sembra piccolino ma è aggressivo e difficile da spostare, ha un ottimo tiro, un’eccezionale progressione ed un’ottima visione di gioco, che non guasta mai.

Alen Halilović

Altro giovanissimo talento, paragonato al connazionale Modric. Il ruolo ideale è quello di trequartista, ma come Kovacic può essere adattato anche a mezzala. Alcuni lo paragonano a Messi, da cui forse ha rubato alcuni movimenti giocando nel Barcellona B.

Aggiornamenti: a Las Palmas sta provando a crescere.

Niko Kranjčar

Altro trequartista, o esterno d’attacco, ma di maggiore esperienza. Diversi anni in Inghilterra, per un po’ in Ucraina. Ha fatto un passaggio anche nei New York Cosmos, che rende tutto particolarmente divertente.

Ivica Olić

In caso di infortunio di Mandzukic c’è un veterano pronto a subentrare. Si è fatto le ossa nel calcio tedesco, con una piccola parentesi russa. E si sa, il freddo corrobora.

Duje Čop

Altro attaccante molto duttile, soprattutto sulle due fasce. Una piccola parentesi in Italia, ed è da due anni in Spagna, dove ha disputato una discreta stagione col Malaga.

Andrej Kramarić

Ha partecipato (con due reti nella stagione) al miracolo sportivo del Leicester di Ranieri. Mica poco. Forte fisicamente, adattabile ad ogni ruolo d’attacco e con un buon tiro.

Articolo a cura di Francesco Marangolo (uscito nell’ottobre 2015)

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