La magia nello stupore

Mattia Musio
Crampi Sportivi
Published in
3 min readApr 29, 2018

Andrés è un ragazzo normale.

Trotterella di qua e di la, in una notte di maggio. Una larga maglietta gialla ne copre il corpo esile, da cui sbuca una testa più grande del normale con una stempiatura di quelle che non ti fanno sembrare un figo. Fa un po’ di fatica a correre come un forsennato, sarà la primavera che risveglia le allergie, saranno gli avversari grossi come armadi.

Per cercare di seguire quei ritmi Andrés deve sforzarsi al 100% e quando accade inizia a sudare e impallidire. Impallidisce talmente tanto che delle volte i compagni sospettano che si stia per sentir male, come durante un calo di zuccheri.

Andrés ha un dono. Ogni tanto si diverte a fare dei trucchi di magia. Prende con sé delle cose e le fa sparire: a volte ci prova con monetine, cellulari, occhiali, a volte con un pallone.

Gli piace sopratutto quando, a trucco in corso, le persone si guardano intorno stupite, cercando di capire dove il palliduccio possa aver nascosto così bene qualcosa di loro proprietà. Quando poi il trucco finisce Andrés scappa via, e gli altri lo rincorrono minacciosi, perché vogliono capire come ha fatto.

Quella notte di maggio però Andrés decide di fare un trucco nuovo. Ancora non lo sa, ma cambierà la storia del calcio. Il pallone crossato in area da Dani Alves viene respinto così così da un difensore avversario. Essien, in maglia blu, cicca goffamente la palla, che finisce nei piedi di Leo.
Leo è il giocatore più forte che Andrés abbia mai visto, ma quando lo dice non ci crede nessuno. Anche quella notte poi, Leo decide di non dimostrarlo, ma per sua fortuna sarà l’ultima volta. Andrés guarda la scena dal limite dell’area quando Leo cambia direzione e si volta verso di lui.

Il pallone che parte dal piede destro di Leo è abbastanza lento per allarmare Andrés, che ora lo deve far sparire. Quando il pallone arriva sotto di lui, Andrés muove la gamba destra e calcia con l’esterno. La sfera passa attraverso tre giocatori in maglia blu e due in maglia gialla, ricomparendo improvvisamente all’incrocio destro con Peter, il portiere dei blu, che lo guarda disteso sull’erbetta.
Andrés si toglie la maglietta gialla e la sventola in aria, tutti i compagni lo rincorrono per farsi spiegare dove abbia messo il pallone. Stamford Bridge ammutolisce davanti al nuovo numero del ragazzo asciutto con l’otto sulla maglia. Et voilà… il trucco è riuscito.

É esattamente in quel momento (qualche minuto dopo Ovrebo fa un’altra magia, ma meno spettacolare) che la favola del Barcellona inizia. Nessuno negli anni successivi riuscirà a capire dove Andrés e i suoi amici nascondono il pallone.

Il trucco diventa così famoso che acquisisce un nome, Tiki Taka, e inizia ad essere copiato un po’ da tutti con risultati più o meno imbarazzanti: il Tiki Taka non puoi farlo se non hai un maghetto in squadra.

Dal momento del prestigio a Stamford Bridge, che vale il pareggio e la finale di Champions, il Barcellona prende il volo e si trasforma in una delle massime espressioni della storia del calcio, diventando filosofia di gioco e simbolo di mentalità vincente. Non è un caso infatti che questo sia uno dei momenti che il museo del Camp Nou preferisce riproporre in loop, cosciente del peso quantitativo e qualitativo del tiro di Iniesta a Londra, semaforo verde per la conquista del calcio mondiale.

Da quel 6 maggio il Barcellona vince 27 titoli in nove anni, col 28° (rappresentato dalla Liga) che sta per arrivare.

Andrés, dopo esser stato per un decennio il migliore Illusionista del mondo, lascia il palcoscenico spagnolo. Andrà probabilmente in Cina, curioso di vedere come reagiscono i calciatori asiatici quando vedono qualcosa sparire. Magari non sarà più necessario correre come un forsennato, magari smetterà di impallidire.
A noi però, piaceva di più così.

Buon viaggio Don Andrés.

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Mattia Musio
Crampi Sportivi

Per sempre grato al serve and volley, al piano sequenza e al doppio passo. Laureato alla UniCa.