La psicologia applicata al 2015 di Fernando Alonso

Crampi Sportivi
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12 min readDec 2, 2015

A New York, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, la psicologia ha vissuto un deciso passo in avanti. Elisabeth Kübler-Ross, studiosa svizzera trasferitasi poi in America, voleva esaminare come le persone vivessero la sofferenza del lutto per un malato terminale. E non solo a livello fisico, ma sopratutto psicologico. Un’ipotesi di studio che ha poi rivoluzionato il mondo della psicologia, se è vero che il lavoro della Kübler-Ross è ancora oggi apprezzato in tutto il mondo.

Il suo “modello a cinque fasi” prevedeva queste ultime al posto degli “stadi” perché le fasi tendevano ad alternarsi e a riproporsi: l’ordine poteva anche mischiarsi alcune volte, perché determinate emozioni tornavano ciclicamente a occupare la mente della persona. Si partiva dalla negazione, passando per la rabbia, il patteggiamento, la depressione e infine l’accettazione.

Lungi da me fare lo psicologo, però il 2015 della Formula 1 sembra aver dato le giuste condizioni a Fernando Alonso per vivere la stessa esperienza. Sostituite il lutto con “possibilità di vincere il terzo titolo in carriera” e avrete più o meno lo stesso schema. L’anno scorso abbiamo parlato di come i passaggi di Vettel e Alonso rispettivamente a Ferrari e McLaren avrebbero rivoluzionato lo scenario. E in effetti è stato così.

Il problema è che nel caso del tedesco entrambe le parti ne hanno beneficiato: la Ferrari conclude con +212 nella casella dei punti della classifica costruttori e tre vittorie ottenute nel 2015. Nonostante continui a dire che tutto va bene, Alonso ha un -150 nel bottino dei punti rispetto al 2014. E già l’ultima stagione con la Ferrari era stata un disastro, colmato in parte solo da due podi miracolosi.

Lo score di Alonso tra il 2014 e il 2015: fate voi.

Tuttavia, non capiremmo l’accostamento tra Alonso e la Kübler-Ross se non inquadrassimo com’è iniziato il 2015 di Alonso, ancor prima di scendere in pista per la stagione appena conclusa.

Primi segnali

È stato l’anno più difficile nella carriera di Fernando Alonso. Non solo in auto, bensì nella sua mente. Lo spagnolo ha firmato per un biennale in McLaren-Honda nel dicembre 2014: sembra che i giapponesi abbiano staccato un assegno annuale da 35 milioni di euro. Tutto pur di convincere l’asso di Oviedo a entrare nell’abitacolo più scomodo del 2015. A posteriori, chissà se Alonso avrebbe accettato sapendo quanto gli sarebbe accaduto quest’anno.

«Mi unisco a questo progetto con grande determinazione ed entusiasmo. So che ci potrebbe volere un po’ di tempo per ottenere i risultati che cerchiamo, ma per me non sarà un problema aspettare». Tenete da parte queste parole, che ci saranno utili nel proseguo di questo particolare studio.

Ai test di Barcellona arrivano i primi problemi. La McLaren-Honda non va, anzi cammina. Visti i numerosi problemi meccanici, la monoposto non ha a disposizione quasi nessun dato al termine dei test spagnoli pre-campionato. I problemi però arrivano al secondo giorno di test, quando Alonso sbatte sulle barriere laterali dopo aver approcciato la curva 3.

Tutti si preoccupano subito, dato che quel punto del circuito non è incline a un incidente del genere. Eppure Alonso viene addirittura trasportato in ospedale e verrà tenuto in osservazione per diversi giorni. In Australia, prima gara del campionato, Alonso non ci sarà nemmeno. Sono tante le leggende circolate sulla prognosi dello spagnolo: dal fatto di essersi svegliato parlando italiano a quella per la quale si sarebbe scordato vent’anni della sua vita, credendo di essere nel 1995.

Ciò che invece è certo è che il pilota sarebbe rimasto inconscio per alcuni secondi, come ha ammesso la McLaren successivamente. Tornato disponibile per il secondo GP stagionale in Malesia, Alonso comunque non ha mai convinto nella sua spiegazione dell’incidente. Diciamo che tutta questa faccenda rischia di rimanere un mezzo mistero.

Non fatevi ingannare dallo slow-mo: andavano già piano.

Quando si torna in pista, Alonso si accorge che la sua McLaren-Honda va a pedali. Si vedeva già dai test, ma il confronto con la pista è traumatico. Quanto successo nel suo 2015 motoristico ci permette l’applicazione del modello a cinque fasi.

Fase 1: negazione/rifiuto

Ai guai nei test, si aggiunge un’opera di marketing clamorosa da parte della Honda. Una volta riformato il binomio con McLaren (devastante negli anni ’80 con Prost e Senna), i giapponesi provvedono subito a fornire un esempio tafazziano di pubblicità. Si gira lo spot a Woking, sede della factory della McLaren.

Nella notte inglese, uno scanzonato Jenson Button gira con il suo skateboard finché non gli compare davanti una sorta di DeLorean, un omaggio a “Ritorno al Futuro”. L’inglese si chiede se ci sia Lewis Hamilton in quella macchina super-accessoriata, quando invece spunta la figura di Fernando Alonso, bello e impossibile. Lo spagnolo fa salire il compagno di squadra sulla macchina e lo telecomanda lungo la strada.

Finita la straordinaria esperienza, Button invita Alonso a salire in macchina. L’idea è quella di tornare al GP del Brasile 1988, ma poi lo spagnolo suggerisce di teletrasportarsi direttamente a Melbourne per la prima corsa dell’anno. Qui una punta di sfiga si aggiunge alla sceneggiatura, visto che Alonso non correrà mai quel gran premio. Poi la frase a effetto di Button:

«Strade? Non abbiamo bisogno di strade, ma abbiamo bisogno di un circuito…».

Se parlate ad Alonso della sua power unit, l’espressione è la stessa che potete osservare a 2.20.

Nonostante le difficoltà incontrate in inverno, già dalla Malesia Alonso non si risparmia. La sua McLaren parte dalla 18° piazza solo perché le due Manor-Ferrari non sono in grado di qualificarsi nel 107% del tempo della pole. La corsa dura appena 18 giri, finché la sua power unit non dà i primi segnali di quello che sarà un anno difficile. Con una faccia di bronzo non indifferente, Alonso si presenta ai microfoni dei giornalisti e ribadisce come lasciare la Ferrari non sia stato un errore.

«In cinque anni in Ferrari sono arrivato tre volte secondo. Sono al posto giusto ora. Mi sembra ovvio che ora sia giusto farmi questa domanda: a novembre vedremo come sarà andata. Se la Ferrari avrà vinto il titolo, allora lasciare Maranello sarà stato un errore; se arrivassero secondi un’altra volta, allora lasciare la Ferrari sarà stato giusto». Già da questo piccolo passaggio capiamo come l’unica cosa che importi ad Alonso è il titolo. Solo quello: dal secondo posto in poi, è tutto uguale.

Nel frattempo, a Kuala Lumpur la Ferrari agguanta con Vettel la prima vittoria dopo due anni. Alla SECONDA gara stagionale.

Le cose non cambiano in pista durante il corso dell’anno. Alonso e la sua McLaren-Honda vengono regolarmente doppiati. Solo alla quarta gara lo spagnolo raggiunge la seconda sessione di qualifiche, ma a Barcellona — sulla pista di casa — finisce ritirato a causa dei freni. Inizia una serie di DNF (do not finish) consecutivi: ben quattro. A Montecarlo va fuori per un problema al cambio proprio mentre è in zona punti, mentre in Canada è costretto allo stop per un problema al tubo di scarico.

Facile l’ironia: l’unica volta che la McLaren-Honda finirà SOPRA alla Ferrari in tutto il 2015.

Eppure Fernando non perde l’ottimismo. Anzi, ad aprile si sbilancia pesantemente: «La Honda, lo ha sempre detto, è tornata in Formula 1 per vincere, non per fare la comparsa: conoscendo i pacchetti di aggiornamento che utilizzeremo nei prossimi due mesi, sono sicuro che potremmo arrivare a lottare per il podio. Quando accadrà sarà emozionante per tutti, per la McLaren, per la Honda e per noi piloti».

La realtà sarà ben diversa. Fernando Alonso ha concluso il suo 2015 con 11 punti all’attivo, frutto di un decimo posto nella bagarre di Silverstone e un confuso quinto posto in Ungheria. Due GP strani, dove la McLaren ha avuto la fortuna di essere al posto giusto nel momento giusto.

A questo, va aggiunto il fatto che per la prima volta nella sua carriera in F1, Alonso è stato battuto da un compagno di squadra: Button ha infatti raccolto 16 punti, cinque in più del compagno.

Solo così si può capire la fase due del suo 2015.

Fase 2: rabbia

Al ritorno dalla pausa estiva, la McLaren-Honda sembra pronta a fornire un cambio di passo tramite nuovi aggiornamenti. In realtà, la scuderia si prepara a fare la storia dal lato sbagliato: prendete le due macchine che corrono il GP di Spa-Franchorchamps. Alonso e Button riescono nella magnifica impresa di accumulare ben 105 posti di penalità alla partenza. Così indietro che dovrebbero ripartire direttamente da Budapest, round precedente del Mondiale.

Il problema è che la McLaren, nonostante gli aggiornamenti, cammina come prima. Il motore Honda viene costantemente umiliato dai propulsori Mercedes e Ferrari, per non dire ogni tanto da quelli Renault. Le uniche due occasioni per andare a punti nel resto della stagione sono a Singapore e ad Austin: nel primo caso arriva il solito problema al cambio quando Alonso è settimo, mentre nel Texas il propulsore dello spagnolo molla proprio negli ultimi giri.

Il punto più alto di rabbia però lo si raggiunge in Giappone. A Suzuka Alonso conclude 11°, ancora una volta a un passo dai punti, come capiterà anche in Russia e in America. Al 27° giro, Verstappen lo passa sul rettilineo principale della pista. Peccato che la Toro-Rosso porti con sé un motore Renault, il motivo per il quale la Red Bull sta mettendo su un casino clamoroso (e alla fine alle Lattine toccherà anche chiedere scusa ai francesi).

Sfinito dalla sua power unit, Alonso non si contiene più: «Tutto questo è imbarazzante. Mi stanno sorpassando tutti. Motore da GP2, motore da GP2!». E poi chiude il tutto con un urlaccio che indica che la serenità non è delle più alte.

A sostegno di quanto diceva Kübler-Ross, questa fase in realtà non è mai sparita del tutto. Prendete l’ultima gara ad Abu Dhabi.

Alonso: «Chi sono i due che mi sono stati davanti nelle ultime tre curve?». Ingegnere: «Stevens e Grosjean». Alonso: «Idioti…».

Fase 3: contrattazione/patteggiamento

Dopo i tre gran premi conclusi all’undicesimo posto, Alonso si ritira anche alla prima in Messico. Non sembra esserci nulla da salvare per la McLaren: basti pensare che la Sauber — la scuderia più vicina in classifica costruttori — ha concluso il campionato con 36 punti, nove in più rispetto agli anglo-nipponici. Il tutto semplicemente stando in pista con un motore normale: la scuderia elvetica non ha brillato quest’anno e non aveva due campioni del mondo in squadra, bensì un esordiente e un pilota pagante (scarso).

Tuttavia, Alonso lotta almeno fino all’inizio di novembre. Il pilota ribadisce che che la Honda sta lavorando bene in vista del 2016: «Sapevamo che qui in [nome del circuito, decidete voi quale] sarebbe stata dura, ma stiamo lavorando in modo tale da recuperare più terreno possibile. Ogni corsa conta per accumulare più dati possibili: più ne avremo, maggiori possibilità avremo di costruire una migliore macchina per l’anno prossimo».

Neanche le celebrazioni a Sochi per i suoi 250 GP in Formula 1 e l’esser stato trasformato in un videogioco (chiamato ironicamente “Turbo Heroes”) tirano su l’umore dell’asturiano.

Intanto, David Coulthard e la Manor ci regalano i momenti “troll-lo-lo” dell’anno ai danni del team principal Eric Boullier e dello stesso Alonso:

Il problema è che la depressione è dietro l’angolo.

Fase 4: depressione

La depressione è forse la peggiore di queste cinque fasi. Alonso ha resistito tutto l’anno, ma a Interlagos crolla del tutto. Ormai sembra rassegnato, come ha dato già dimostrazione durante tutto il periodo di ritorno dalla pausa estiva:

Ingegnere di pista: «Stiamo correndo contro Massa fino alla fine della corsa». Alonso: «Amo il tuo senso dell’umorismo…».

Ma il picco arriva in Brasile. Ad Alonso succede di tutto a Interlagos: il venerdì la macchina si ferma di nuovo, mentre il sabato durante la Q1 la sua McLaren-Honda decide che non vuole neanche finire il giro. Alonso è costretto a parcheggiare a metà circuito e decide di creare il momento più bello di TUTTA IL 2015 DELLA F1 dopo l’assegnazione del titolo a Lewis Hamilton nel GP di Austin.

Un rassegnato Alonso si siede in un angolo, si toglie il casco e decide di godersi il sole del pomeriggio brasiliano. Ha il tempo pure di prendersi una sedia da un commissario e di regalare un occhiolino ammiccante alla telecamera.

Internet, che nel bene e nel male è unico, ne approfitta subito per creare uno degli hashtag di quest’anno: #PlacesAlonsoWouldRatherBe (i posti in cui Alonso preferirebbe essere). Ne esce una compilation (a cui vi rimando qui), con alcuni fotomontaggi onestamente straordinari.

Lo stesso Alonso si è detto divertito nel post-gara. Ed è strano: proprio questo fa capire quanto lo spagnolo sia in realtà depresso. Alonso è uno che ride solo se ha la vittoria dalla sua, altrimenti per lui non c’è un cazzo da ridere (chiedete ai meccanici Ferrari negli ultimi anni). Lui ha ribadito di esser stato bravo a tenersi calmo quest’anno: in realtà questa piccola retrospettiva vi dimostra il contrario.

La depressione è segnalata anche da un altro momento humour, ma che nella sua motivazione trova un attimo di tristezza.

Alonso spiegherà in seguito il perché di questo siparietto: «Io e Jenson siamo passati vicino al podio e ci siamo detti che non ci ritorneremo per molto tempo. Meglio approfittarne e fare una comparsata…». Parliamo sempre di due piloti che insieme hanno all’attivo tre titoli Mondiali, tutti vinti proprio a Interlagos. Feels a palate.

Fase 5: accettazione

L’accettazione si è vista nell’immediato post-Abu Dhabi, ultima gara del Mondiale. Alonso ha concluso 17°, anzi voleva addirittura ritirarsi prima della fine. Ha persino esordito alla partenza prendendo lo speronatore per eccellenza, quel Pastor Maldonado che di solito è dall’altra parte della barricata. Concluso il GP con due giri di ritardo, Alonso si è concesso ai microfoni e ha dovuto smentire un’ipotesi clamorosa. A fine gara non ha parlato solo lo spagnolo, ma anche Ron Dennis, un tempo team principal della McLaren e oggi consulente del team.

Quando si è menzionata la remota ipotesi di ritiro da parte di Alonso, Dennis non ha smentito: «Fernando chiuderà certamente la sua carriera in McLaren: bisogna essere aperti a ogni scenario, compreso un anno sabbatico. Purtroppo al momento la competitività è questa, stiamo lavorando forte per uscirne. Per la guida abbiamo tante opzioni disponibili e due dei migliori piloti al mondo. Prenderemo una decisione insieme, al momento i nostri piloti per il 2016 restano Alonso e Button».

Di contro, Alonso non ha dato adito a queste voci: «Assolutamente no, ho intenzione di correre l’anno prossimo». Nel caso quest’ipotesi si realizzasse, sarebbe probabilmente il campione della GP2 Vandoorne a sostituire lo spagnolo in pieno stato d’emergenza. Intanto però Alonso ha avuto modo di lamentarsi — che novità! — anche di quanto WEC, MotoGP e altre categorie motoristiche siano in questo momento davanti alla F1.

2016

Dopo tutto questo studio, la domanda è: cosa c’è nel futuro di Fernando Alonso? Se la McLaren-Honda nei test di febbraio 2016 a Barcellona risultasse inadeugata, lo spagnolo sarebbe veramente in grado di lasciare la Formula 1?

C’è una piccola appendice da fare sullo studio della Kübler-Ross. Dopo aver esaminato il suo oggetto d’analisi, la stessa studiosa si convinse la morte non sia la fine di tutto. C’è qualcosa oltre. Con le dovute proporzioni, ci si chiede se Alonso riuscirà a convincersi della stessa cosa.

Si rischiava di salutare Button un paio di mesi fa, quando al GP del Giappone si era sparsa la voce che l’inglese fosse pronto ad annunciare il suo ritiro. Invece, il britannico ha smentito i rumour e ha pure rinnovato con la McLaren, mentre il povero Kevin Magnussen — terzo pilota e in griglia nel 2014 con la McLaren — è stato scaricato. Con un email. Nel giorno del suo compleanno

Eppure due anni fa lo pompavano così. Poor Kev.

Riuscirà a reggere altrettanto bene l’Alonso maltrattato da questo 2015? Chi lo sa. In fondo, per lui l’unica cosa che conta è dare un senso ai suoi ultimi dieci anni in Formula 1. Dal 2007 in poi, lo spagnolo è arrivato quattro volte secondo nel Mondiale. Forse ha paura che lasci questo mondo senza il terzo titolo, nonostante gli sforzi fatti. Con Vettel e Hamilton che saranno ricordati più di lui per i numeri in pista.

È possibile sperare in una rinascita dello spagnolo? Tutto da vedere. Ci vorrebbe il parere della Kübler-Ross.

Articolo a cura di Gabriele Anello

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