La Redoute, regina di Vallonia

Crampi Sportivi
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6 min readApr 24, 2015

“Non è necessario vincere la Liegi-Bastogne-Liegi sulla Redoute, ma è quei che buona parte dei corridori la perdono”.

Claude Criquielion

Tra i tanti record che detiene, la Liegi — Bastogne — Liegi ne può esibire anche uno abbastanza spiacevole: non c’è corsa al mondo infatti, almeno tra le grandi classiche, in grado di coniugare un percorso bellissimo e storico con un paesaggio così anonimo e banale. Questo vale soprattutto per il suo finale, ingigantito nella bruttezza dei sobborghi industriali della metropoli vallone, ma pure nelle campagne dei 50 km conclusivi. Perché a dire il vero, per ampi tratti del tracciato, la corsa si snoda in ameni paesaggi di campagna tipici delle gare del nord, ma più ci si avvicina alle aree urbanizzate, più i paesaggi si fanno meno piacevoli e chi pedala si ritrova solo in compagnia della propria sofferenza, una côte dopo l’altra, senza nemmeno il riposo per lo sguardo.
Il concetto stesso di côte, probabilmente, racchiude questo quadro: ascese più o meno brevi, meno o più pendenti, che punteggiano il tracciato della gara. Strade utili per portare mandrie e trattori, create con una gettata d’asfalto sui fianchi delle basse colline, dove tornanti e curve non erano ritenuti particolarmente utili. La Redoute è da sempre il simbolo di queste côtes.

Entrata nel percorso della Liegi nel 1974, una volta era la Redoute era la salita che decideva la corsa, poi il ciclismo si è fatto sempre più controllato e sempre più privo di immaginazione, e il passaggio decisivo della corsa si è spostato più in là. Dal 2008 al di là della ferrovia, tra le ville borghesi della durissima Roche-aux-Faucons. Poi oltre lo stadio dello Standard Liegi, su quel Saint-Nicolas che la corsa affronta dal 1998. Una salita dell’estrema periferia cittadina, un tempo roccaforte degli immigrati italiani, quando erano gli ultimi della società vallone, oggi passato gradualmente alle comunità del nord-Africa, nuovi ultimi tra gli ultimi nella scala sociale. Lo scorso anno non bastò nemmeno quello, e l’ascesa decisiva finì per essere l’ultimo chilometro della gara, nelle vie di Ans che conducono a quel traguardo che un tempo era il centro di Liegi e oggi viene definito “il parcheggio di un supermercato”. Cambia il percorso della corsa, cambia il ciclismo e cambia la società stessa, ma il simbolo della gara più vecchia di tutte continua ad essere la stessa salita, continua ad essere la Redoute.

La breve ascesa parte dal paese di Remouchamps, laddove l’espansione edilizia ha portato alla costruzione di un nuovo complesso di caseggiati, con nuove strade che hanno mangiato i prati circostanti. C’è una nuova rotonda in mezzo a queste case, proprio prima di imboccare la svolta per la Redoute. Una rotonda piazzata lì, il comune di Remouchamps non poteva non chiamarla con il nome del suo cittadino più illustre, illustre per quanto accade lungo la strada dopo questa rotonda, denominata Square Philippe Gilbert.

Superati i nuovi complessi edilizi la strada comincia a salire, mentre si infila sotto al ponte della Superstrada N662. Ricordate il discorso sul paesaggio più brutto delle classiche? Ecco, la Liegi vive il suo passaggio più epico costeggiando una superstrada (che al passaggio della corsa diventa un parcheggio di spettatori). Da qui la salita è costante, mano mano che si affianca alla superstrada, il paesaggio circostante risulta pressochè invisibile, tanti sono i camper e gli striscioni che costeggiano questo lembo d’asfalto, per accogliere qui 7–8 mila spettatori che riempiranno questi 2km di strada al passaggio della corsa. La Redoute l’ho affrontata insieme a migliaia di altri amatori al sabato, vigilia della gara del 2014, ma già dal venerdì a vedere quest’area dall’alto pare un gigantesco campeggio. La strada sale regolare finchè non curva a sinistra. Lì, sulla destra del percorso ci sono strutture gonfiabili e un’enorme tensostruttura al cui interno sono custoditi più fusti di birra che nelle birrerie più grandi del paese. E’ qui che si svolge la festa del fan club di Gilbert, la vera festa della Liegi. Una festa che non c’entra quasi nulla col risultato: se Philippe vince è festa grande, per i giorni a venire. Se Philippe non vince la festa durerà meno, forse non sarà così esplosiva, ma sempre festa sarà. Peccato che per arrivarci a quella festa c’è ancora parecchia strada da fare.
La parte dura della Redoute infatti inizia qui: la strada svolta verso sinistra e d’un tratto si impenna più dritta che può all’assalto della pendenza di questa collina. Una rampa di lancio verso il cielo azzurro, con punte al 22% che solo la spinta della marea umana circostante rendono affrontabili a noi esausti pedalatori del sabato del villaggio di Remouchamps. E’ prima ancora di quella curva che l’asfalto si trasforma: il grigio bitume diventa bianco di scritte, quelle scritte che da qualche anno sono di sole quattro lettere, una dietro l’altra: PHIL PHIL PHIL PHIL.

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Vernice bianca che si rinnova di anno in anno, e sotto al nuovo strato i residui precedenti, che dicono lo stesso: PHIL PHIL PHIL PHIL.[/caption]

Leggerle una dopo l’altra, come un mantra, aiuta a tenere il ritmo del respiro mentre i polmoni si preparano ad esplodere, aiuta a tenere lo sguardo in basso, perchè ad alzarlo si rischia di cadere in depressione: i 100 metri seguenti salgono al 14%, poi al 17, poi un attimo di relax (si fa per dire) tra il 9 e l’11%, e poi di nuovo al 14 per l’ultima sparata. Mancano poche decine di metri per scollinare, e la Redoute ti prende per il culo: arrivati fin lì la salita torna ad essere dolce, verrebbe da dire pedalabile se non fosse che le gambe si sono ormai quasi decomposte, e quel finale dolce è il vero terreno per attaccare, o per realizzare il desiderio rappresentato da quella panchina che qualche buonanima locale ha deciso di piazzare proprio dopo lo striscione del GPM, dove la Redoute finisce e la Liegi, ahinoi, si prepara ad entrare nel vivo.

Una volta la Redoute era la penultima asperità della Liegi, e in un ciclismo in cui c’erano poche paure ad attaccare, qui si scriveva la storia della gara. Oggi è un passaggio “tattico”, al traguardo mancano oltre 30km, e per fare i fuochi d’artificio qui bisogna essere dei veri campioni.
Nemmeno lo stesso Gilbert, nella sua cavalcata vittoriosa del 2011, osò muoversi da qui, eppure sarebbe un compimento del destino. Non tanto quello del corridore di casa, quanto quella linea che unisce i campioni valloni all’unica grande classica della Vallonia, passando proprio per le pendenze della Redoute. La storia degli ultimi 30 anni ha racchiuso in questa porzione di strada le gesta di due grandissimi del ciclismo vallone, veri e propri eroi di questa corsa.

Prima venne Claudy Criquielion, uno che per vincere una Liegi avrebbe fatto di tutto, ed effettivamente ha fatto davvero di tutto, col risultato di chiudere la sua carriera con troppi piazzamenti su questo traguardo, una serie di feste rovinate da quel “Leone delle Ardenne” che rispondeva al nome di Moreno Argentin, al quale il direttore sportivo Ferretti aveva dato un solo consiglio: “Per vincere non devi far altro che seguire un uomo: Criquielion”. Cri-Cri attaccò deciso sulla Redoute nel 1985, in maglia iridata, con i soli Moreno Argentin e Stephen Roche a tenere la sua ruota, fino al traguardo, dove il belga giunse secondo. Ci riprovò due anni più tardi in quella che resta una delle più grandi beffe della storia di questa corsa: questa volta è Argentin in maglia iridata, benchè i colori dell’iride siano sacrificati a un orribile ‘pastellatura’ anni ‘80.
Criquielion fa la selezione sulla Redoute, e se ne va ancora con Roche sulla successiva ascesa di Sart Tilman. Stavolta sembra fatta, ma i due si guardano troppo e a 300 metri dal traguardo Argentin li raggiunge e li supera. La più classica delle beffe del ciclismo.

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Un finale così non lo rivedremo mai più, oggi sarebbero stati informati via radiolina in ogni istante.

Quattro anni più tardi i protagonisti cambiano di poco, ma non il risultato, con la Redoute che è ancora è lo scenario per l’attacco decisivo e Argentin che chiude a braccia alzate (per al quarta volta) davanti a Criquielion. Nessuno dei due tornerà più a brillare sulla Redoute, e per Cri-Cri questa gara resterà stregata, e questa salita una compagna di sofferenza. Lo scorso febbraio un’emorragia cerebrale se lo è portato via, sarà strano pensare che quest’anno Criquielion non la vedrà nemmeno la “sua” Redoute.
O forse la vedrà da un luogo al di là della morte, accompagnato dall’ultimo campione che su questa ascesa leggendaria ha costruito un trionfo.

https://www.youtube.com/watch?v=aJintCgzG5o

“Lascio che vi scanniate, poi vi stacco. Vi aspetto, poi vi stacco di nuovo”. E’ impossibile non amare un campione come Vandenbroucke.

Ora chi abita ai piedi della Redoute impazzisce per un altro vallone, un altro campione che sulle strade di case ha scritto le pagine più belle della sua carriera. Ma passerà anche lui, e bisognerà pazientare alcuni anni prima che arrivi il successivo. Non c’è fretta: la Redoute sta lì da sempre, dalla fortezza militare che qui sorgeva nel 1700, alla corsa che la attraversa da oltre un secolo. Non importa chi siano i protagonisti ne’ come sia il paesaggio circostante, conta solo la storia che qui continua ad essere scritta.

La Redoute è il nostro Koppenberg, per noi valloni”.

Philippe Gilbert

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