La Serie A con le regioni

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
7 min readFeb 20, 2016

«La storia non si fa con i “se” e con i “ma”». Questo è forse uno degli andazzi più antichi usati nella storia dello sport, se non in quella dell’uomo. Non c’è dubbio però che il calcio questa formula valga più che per in altri sport.

Come sarebbe stata la storia del calcio con l’Ungheria e l’Olanda vincitrici di un Mondiale? E senza la mano de dios l’Argentina avrebbe vinto nel ’86? Il 5 maggio 2002 è davvero un evento unico e irripetibile? Un enorme sliding doors mentale, un districato gioco che fa più male al cervello che al cuore.

Eppure c’è chi l’ha sempre fatto. Si azzardano paragoni tra giovani in erba e giocatori affermati, si ipotizzano scenari distopici e si pensa a un mondo parallelo nel quale avvengono le cose che non accadono nel nostro.

Un esempio per Russia 2018 (via Goal.com). N.B.: non sta andando benissimo.

L’altro giorno riflettevo su una cosa: si fanno spesso fanta-formazioni. Cavolo, c’è un popolo di giocatori di Fantacalcio cresciuto su tre diverse generazioni! Però nessuno sembra mai essersi fatto una domanda: come sarebbe il campionato italiano se fosse organizzato per regioni?

Mettiamo caso che Tavecchio impazzisca — sentenza facilmente formulabile — e decida di chiudere i campionati: d’ora in poi giocheranno solo rappresentative regionali. E per formarle, bisognerà ricorrere ai migliori giocatori della propria regione.

Per simulare questo scenario, sono stati tre gli strumenti necessari: a) uno dei due giochi di calcio più famosi al mondo. Ho scelto PES perché ha una buona possibilità di modificare non solo le rose, ma anche altre specifiche; b) una sana pazienza per l’editing; c) un po’ di fantasia, che rasenti la follia assoluta.

Qui la grafica completa delle 16 squadre.

Già c’è da immaginarsi l’ultima ora sui maggiori siti sportivi:

«La Serie A chiude i battenti: la decisione di Carlo Tavecchio ha del clamoroso, ma ormai i proventi sempre più scarsi da parte delle tivù, gli stadi sempre più vuoti e la necessità di rilanciare il calcio italiano. Così il presidente della Lega Calcio ha spiegato la manovra approvata in modo straordinario qualche ora fa, con la quale il professionismo italiano come lo conoscevamo cesserà di esistere. Al suo posto, si aprirà una lega denominata “Lega Italiana”, un campionato a girone unico con un numero di squadre ancora da definire. Per formarle sarà necessario avere una rosa di almeno 20 giocatori, formata unicamente da professionisti nati nella propria regione. Lo stesso varrà per l’allenatore, gli sponsor e lo stadio in cui si disputeranno le partite, mentre non saranno consentiti sponsor tecnici».

Parte così la corsa per iscriversi alla prossima Lega Italiana. Ogni regione interviene a sostegno della propria causa, ma vengono contestati i criteri stabiliti dalla Lega e da Tavecchio, che tagliano fuori automaticamente alcune regioni. Ad esempio, quello dei giocatori.

Per formare una nuova squadra, la nuova Lega Italiana stabilisce che è necessaria la presenza di almeno dieci giocatori con alle spalle 50 presenze tra Serie A e B. Con queste premesse, quattro regioni rimangono immediatamente fuori dal nuovo campionato.

Il Molise non può mettere a disposizione né strutture adeguate, né giocatori di un certo livello. La Valle d’Aosta si limita alla presenza di Paolino De Ceglie e Sergio Pellissier, dovendosi arrendere quasi subito.

Chi spera un po’ di più sono Basilicata e Trentino Alto-Adige. I lucani puntano su Gigi De Canio, ormai ai margini del calcio che conta. In squadra avrebbero Zaza, Gianluca Sansone, Plasmati, Giosa e Rocco Sabato, ma non basta. Il Trentino ingaggia subito Rolando Maran come allenatore, ma sono solo quattro i professionisti disponibili e così anche loro devono rinunciare.

Lucania’s got bomber.

La tanto agognata riforma della Serie A — con il passaggio da 20 a 18 squadre — diventa effettiva con la formazione della nuova lega. I posti messi a disposizione sono solo 16 e c’è chi si porta avanti il lavoro.

Tutto facile per Campania, Emilia-Romagna, Lazio e Lombardia, che si presentano ai nastri di partenza come le favorite per la vittoria finale. Pochi giorni dopo arrivano le iscrizioni anche di Calabria, Liguria, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto.

Più difficili le situazioni di Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna. I primi ce la fanno per il rotto della cuffia e richiamano Verratti dalla Francia, con il piccolo Marco che accetta, contento di tornare a casa (e di poter parlare in abruzzese).

Il Friuli non ha il problema di trovare i dieci giocatori, ma deve pescare nella primavera dell’Udinese per completare la difesa. In porta c’è abbondanza: per il resto, ci pensa Fabio Capello, ormai fermo e desideroso di provare una nuova esperienza.

In Sardegna c’è grossa fibrillazione. Dopo tanti anni, c’è la possibilità di dimostrare l’orgoglio isolano anche in campo e non per forza passando per la maglia del Cagliari. Tanti sono gli ex rossoblu che formano la selezione sarda, ma la maglia diventa ben presto un cult di stile amato da tutti gli appassionati italiani.

Ancora due posti rimangono liberi. Le Marche e l’Umbria vorrebbero ovviamente prenderseli separatamente, ma il timore è che le rappresentative vengano troppo deboli. A quel punto, i due selezionatori regionali — Serse Cosmi e Roberto Mancini — si incontrano a Milano.

Ne nasce un accordo che ha del clamoroso: le due squadre preferiscono formare una selezione All-Star, avendo così l’opportunità di competere a buoni livelli. La trattativa è lunga, anche perché le due regioni devono mettersi d’accordo su tutto.

Alla fine, la selezione nasce: si chiamerà Marche-Umbria, con i simboli delle due regioni sul logo. Come due divorziati, si dividono tutto: l’allenatore sarà Mancini (Cosmi ne diventa l’assistente) e il capitano sarà Bonaventura, mentre l’Umbria ci metterà lo stadio e si prende la prima maglia.

A simboleggiare il tutto, arriva anche una foto con Bonaventura e Ranocchia che tengono in mano i tesserini della nuova formazione.

Usate l’immaginazione.

Rimane comunque un posto. Mentre Basilicata e Trentino tentano l’impossibile, qualcosa si muove lungo lo stivale. Chi non ci sta sono i giocatori oriundi, così come gli italiani nati all’estero, che secondo le regole dovrebbero rimanere fuori dalla nuova Lega Italiana.

A guidare il movimento di protesta sono Thiago Motta e Osvaldo, tornati apposta dalle loro avventure estere per dare una mano. E a dare loro supporto, arriva un aiuto inaspettato: quello di Emanuele Filiberto, principe di Savoia.

Non contento delle comparsate italiane tra spettacolo e politica, l’erede di Casa Savoia vuole prendersi la rivincita: «Non posso tornare in Italia in maniera definitiva, ma voglio lasciare il mio segno in una qualche maniera. Anch’io sono un italiano nato all’estero: voglio dare una mano».

Una settimana più tardi, la Lega Italiana crea un nuovo sito, una nuova pagina Facebook e lancia un’enorme campagna pubblicitaria. Eppure le squadre sono ancora 15, ma ci vuole poco perché l’incertezza venga spazzata.

Il tweet che cambia tutto.

Un tweet di Emanuele Filiberto conferma la creazione dell’Italica, la formazione che accoglierà tutti i giocatori italiani naturalizzati o nati all’estero. L’allenatore è Marco Giampaolo (nato a Bellinzona). Per assistere alle partite senza problemi, la sede d’allenamento viene piazzata a Lugano e lo stadio di casa è il St. Jakob Park di Basilea.

Emanuele Filiberto, presidente onorario della squadra, spiega il tutto senza problemi: «Anche lo Swansea City e il Cardiff City hanno giocato in Premier League pur essendo squadre gallesi. Non vedo nessun ostacolo». A ulteriore simbolo di integrazione, la fascia di capitano viene consegnata a Giuseppe Rossi.

Le iscrizioni vengono chiuse. Il campionato è pronto a iniziare, con più di una sorpresa.

Non mancano le sorprese anche nella selezione dei giocatori e degli sponsor per le rispettive squadre. La Sardegna è l’unica squadra a schierarsi con la maglia limpida, mentre la fornitura tecnica del campionato alla fine viene fornita dalla Puma (in linea di continuità con la nazionale).

Ci sono fior fiori di assistenti: Allegri e Spalletti entrano nello staff di Lippi, mentre Trapattoni fa da supervisore per la Lombardia di Prandelli.

Alla presentazione dei calendari, quando si schierano i capitani, ci sono alcune facce nuove. De Rossi si è preso il comando del Lazio, con Totti incapace del vestire una fascia di capitano nella stessa squadra dei suoi rivali cittadini.

La Liguria ha scelto come capitano non il giocatore più forte, ma quello più rappresentativo: Riccardo Gagliolo non ha mai giocato né con la Samp, né con il Genoa, eppure in Liguria ha speso tra giovanili e professionismo ben 18 anni nella sua regione.

Per una volta, Cassano non si tira indietro dalle responsabilità e si prende la fascia dopo un conciliabolo con Conte, che avrebbe preferito l’esperto Paolo Bianco. Sorpresa anche nella Toscana: dopo una guerra intestina tra gli juventini Barzagli, Buffon e Chiellini, la fascia finisce a Diamanti, una vita spesa nella provincia toscana.

Il vero annuncio, però, è un altro: Alessandro Del Piero torna in campo. Non ha mai annunciato il ritiro definitivo, ma nessuno si aspettava che rispondesse presente alla telefonata di Guidolin. Non giocherà titolare, ma sarà a tutti gli effetti il capitano del Veneto.

Tutto è pronto. A quel punto, come dice Max Pezzali, «Sogni sempre, sogni, non è questa la realtà, ma mi piace anche se so che il sogno non si avvererà». E mi sveglio da questa fantasia.

Ma voi un campionato così lo seguireste? Io sarei per lo meno curioso.

Articolo a cura di Gabriele Anello

--

--