La squadra folle che avrebbe avuto il Benfica se…

Armando Fico
Crampi Sportivi
Published in
6 min readOct 18, 2017

Cos’è che può unire e compattare una squadra, un ambiente, una piazza? Un obiettivo, certo; una sciagura (meglio di no), le vittorie o il destino… ma soprattutto una maledizione, per giunta vecchia di mezzo secolo. Erano i primi anni ’60 quando, indignato, l’allora mago del 4–2–4 Béla Guttman si trasformò d’un tratto in stregone malefico, condannando la squadra che aveva condotto alla strabiliante vittoria di due Coppe dei Campioni consecutive (nel ’61 e nel ’62) ad anni di brucianti sconfitte. Soprattutto nelle partite che contano di più: le finali europee.

Da allora, da quella precisa frase (“Il Benfica senza di me non vincerà mai più una Coppa dei Campioni”), di finali se ne sono susseguite otto: tutte perse, senza appello nemmeno per quelle di Europa League - torneo che all’epoca nemmeno esisteva, ma che evidentemente non è scampato al terribile sortilegio.

Cosa sarebbe successo però se la dirigenza benfiquista avesse invece deciso, anziché subirlo passivamente, di reagire, di esorcizzare l’anatema di Guttman? Cosa sarebbe accaduto se si fossero spinti davvero lì dove osano le aquile, senza farsi irretire dalle enormi plusvalenze di un calciomercato sempre più folle e speculativo?

Il tecnico Jorge Jesus si sarebbe ritrovato un 3–5–2 solido, ma dalle notevoli qualità tecniche, giusto mix di talento e carisma, di calciatori giovani ed esperti. Ma soprattutto una squadra capace di sfidare e vincere un passato ormai divenuto tabù.

Portiere — Jan Oblak

Come Atlante che regge il globo terracqueo, il giovane Jan sarebbe stato la colonna portante della rinascita de Las Aguilas. Con lui la porta lusitana sarebbe stata chiusa a doppia e tripla mandata, considerato anche lo schermo difensivo che avrebbe comandato, guidato e infine difeso in ultima istanza.

Difensore centrale destro — Ezequiel Garay

Altro baluardo difensivo: avrebbe guidato la retroguardia col piglio del leader che un po’ quelli che hanno i propri natali a Rosario, in Argentina, portano in sé. Imprescindibile tanto in campo quanto nello spogliatoio.

Difensore centrale — Victor Lindelof

Intraprendenza, affidabilità, tenacia, e soprattutto testa alta. La ricetta per smarcarsi dal destino paventato da Guttman era tutta nei piedi (e nella testa) di Victor Lindelof. Decisivo e attento come pochi giocatori nel suo ruolo, sarebbe presto diventato l’erede naturale di Luisão, nonché idolo indiscusso del Da Luz.

Difensore centrale sinistro — David Luiz

In valore assoluto, le sue doti umane e tecniche sono indiscutibili. Col passare del tempo, si sarebbe trovata una soluzione anche al suo peccato originale: i cali d’attenzione. Di certo, sempre per il discorso della maledizione, la sua incrollabile positività, avrebbe potuto rivelarsi un’arma in più…

Ala destra — Joao Cancelo

Funambolico in proiezione offensiva, abbastanza efficace nei ripiegamenti, Joao Cancelo è uno di quei prospetti a cui non si dovrebbe rinunciare mai. Con la scusa di qualche amnesia difensiva di troppo da correggere, si sarebbe potuto ritardare di qualche stagione la sua cessione… e invece no. Un’apparizione in prima squadra e via coi rimpianti.

Mezz’ala destra — Alex Witsel

Adattato in un ruolo che non è propriamente il suo, il belga sarebbe comunque stato uno dei leader carismatici dello spogliatoio e offerto un apporto notevole alla causa benfiquista. Negli anni successivi alla sua cessione ha raggiunto la piena maturazione tecnica allo Zenit, prima dell’inspiegabile (o no?) passaggio ai cinesi del Tianjin Quanjian.

Centrocampista centrale — Enzo Perez

Tra il 2013 e il 2014 ne perde tre, di finali: alle due di Europa League col Benfica, si aggiunge anche quella persa contro la Germania dalla sua argentina ai Mondiali brasiliani. Da uomo simbolo e miglior giocatore benfiquista dell’anno a oggetto misterioso nel Valencia il passo è stato più che breve: istantaneo.

Roba da non credere…

Mezz’ala sinistra — André Gomes

Da trattenere anche solo per il fatto di esser stato “strappato” al tesoro del settore giovanile dei rivali del Porto, André Gomes ha ben presto smarrito tutt’un tratto la Luz che lo ha portato prima al Valencia e poi al Barcellona. Classe ed eleganza nel tocco del pallone rimangono sempre spettacolari, ma gli avrebbe fatto bene respirare per un po’ più di tempo l’aria di casa

Ala sinistra — Nelson Semedo

Un altro finito al Barcellona è Nelson Semedo, ma con un impatto ben diverso dalla realtà barcelonista. Il giovane esterno portoghese, infatti, è riuscito dopo anni a colmare il vuoto tecnico e tattico lasciato dalla partenza di Dani Alves.

Certo, le differenze col collega brasiliano rimangono ancora tante, ma vi sembra poco essere riusciti a raccogliere la sua eredità in appena due mesi vi pare poco?

Trequartista, seconda punta — Bernardo Silva

Pare incredibile a dirsi, ma Bernardo Silva ha collezionato con Las Aguias appena 31 minuti. Forse la più grande “colpa” di Jorge Jesus, che non ha potuto investire su di lui per la presenza di Gaitan e Salvio. Beh, al Monaco quei pochi minuti sono bastati per capire che quel giocatore all’epoca ventenne sarebbe diventato un campione… il resto è storia.

Punta centrale — Konstantinos Mitroglou

Sua la potenza, sua la vena realizzativa… sua per sempre la maglia da titolare come punta di diamante dello schieramento benfiquista? Non proprio.

In due anni ha realizzato la bellezza di 36 gol in 60 presenze, prima di volare quest’estate a Marsiglia; perché sì, va bene la classe, passino le geometrie e l’eleganza, ma un pallone va buttato dentro, anche se sporco di fango, in un modo o in un altro. E lui in questo è uno specialista.

Anche i palloni meno sporchi lui li calcia in porta comunque, eh…

E in panchina nemmeno si scherza, piena zeppa di uomini di talento ed esperienza pronti a fare la differenza nel momento del bisogno.

Ederson Moraes

Talmente bravo coi piedi che con lui il ruolo del portiere ha fatto un altro passo verso lo status di “giocatore di movimento” a tutti gli effetti.

Anche para-rigori. Al City già l’hanno imparato.

Maxi Pereira

O guerreiro, ma da altre parti verrebbe soprannominato “Core ‘ngrato” visti il gol e l’esultanza dello scorso aprile riservati proprio al suo Benfica mentre vestiva la maglia del Porto.

Fabio Coentrao

Molto più che una semplice alternativa, sarebbe stata chioccia delle nuove leve nonché vecchio saggio dello spogliatoio.

Nemanja Matic

Diga di centrocampo, a lui sarebbe toccato di sopportare il peso di un intero reparto. Encomiabile nel dare equilibrio a un undici dalle spiccate propensioni offensive, vale tanto oro quanto pesa; per questo, ci paiono troppo pochi i 25 milioni pagati dal Chelsea per ricomprarlo.

Javi Garcia

Colonna portante dello spogliatoio e centrocampista a tutto campo. Avrebbe potuto ancora dire ampiamente la sua anche in un contesto ultra-competitivo come quello di questo Benfica dei sogni…

Renato Sanches

Il suo valore è ancora tutto da scoprire, gemma nera che può impreziosire notevolmente qualsiasi scacchiere tattico europeo. Sta solo a lui capire quando sbocciare definitivamente. A Lisbona pareva essersi già deciso…

Gonçalo Guedes

Dall’aspetto in apparenza inoffensivo, Gonçalo Guedes appena arriva su un campo di calcio, si scatena e diventa irresistibile. Provate voi a spostarlo e a togliergli il pallone, se ci riuscite…

Nolito

Versatilità unita al killer instinct del bomber. Può giocare tanto esterno quanto seconda punta e, secondo necessità, adattarsi a fare la prima punta. Ma soprattutto segna gol a grappoli.

Nicolás Gaitán

Nei momenti di difficoltà, le sue qualità sarebbero servite per sbloccare partite inchiodate su risultati scomodi. Giocate, gol, ma soprattutto assist di classe finissima…

Rodrigo

Jolly d’attacco, sarebbe stato il profilo in grado di dare duttilità tattica ed imprevedibilità alla manovra del Benfica. Il suo apporto di gol nel tempo si è leggermente affievolito, ma ha compensato creando tanto per le conclusioni a rete dei compagni di squadra.

--

--