L’ambasciatore

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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6 min readJul 17, 2018

“C’è una cosa però che i cinesi non possono invidiare a nessuno: l’illusione e l’entusiasmo di voler crescere, di voler migliorare e di voler essere protagonisti. Ci sarà bisogno di tempo; ci vorranno pazienza e tenacia. Sono qualità che ai cinesi non mancano” (da “Mal Di Cina” di Damiano Tommasi, CierreGrafica, 2011)

Scrivere di Damiano Tommasi significa scrivere di una delle personalità più interessanti e intriganti del panorama extra-calcistico italiano: non a caso, l’ex calciatore della Roma è attualmente il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori e anche uno fra i papabili candidati per sostituire l’eccentrico Carlo Tavecchio alla presidenza della Figc.

Ma i meriti di Tommasi non dipendono solo dalla fama ottenuta calcando i campi di calcio italiani e internazionali — un mediano “old style”, venerato più dai tifosi che dalla stampa — , ma soprattutto per le scelte, spesso anticonformiste e ribelli, maturate sia nel corso della sua più che dignitosa carriera calcistica che nella sua ‘seconda vita’ post-agonistica.

Gli inizi

Dopo una lunghissima permanenza in Italia tra Verona e Roma, tra il 2006 e il 2008, il veronese Tommasi si trasferisce in Spagna al Levante diventando, nel giro di pochi mesi, El Professor, beniamino acclamato dagli aficionados dell’Estadio Ciutat de Valencia. Non completamente appagato dopo l’esperienza iberica, si trasferisce in Inghilterra e, proprio in quei freddi mesi londinesi, arriva la svolta della sua carriera.

Gennaio 2009: dopo 3 mesi sostanzialmente deludenti al Queen’s Park Rangers di Jim Magilton (esonerato a stagione in corso), all’ex calciatore romanista — ormai libero da vincoli contrattuali — si presenta un’opportunità esotica quanto irrinunciabile, vista anche la sua decisa volontà di non giocare più in nessuna squadra italiana, tranne nella sua natìa Verona.

C’è un’offerta dal Tianjin Teda, squadra tra l’altro impegnata all’epoca anche in Asian Champions League, con un contratto di sei mesi, prorogabile poi fino alla fine della stagione.

Un uomo che è sempre stato diverso.

Dopo un provino in quel di Alicante — in occasione di un amichevole contro la Steaua Bucarest, organizzata soprattutto per assicurarsi delle condizioni fisiche del classe 74' — e un’estenuante trattativa — durata ben 10 ore di discussione, ulteriormente ingarbugliata dall’inevitabile richiesta di numerosi “rientri” in patria — , si arriva alla firma ufficiale del contratto.

Da quel 9 febbraio, parte quella che Tommasi stesso definisce “l’esperienza professionale più intensa e stimolante di tutta la mia carriera calcistica”: sarà lui, infatti, tra l’incredulità generale, il primo italiano a calcare i campi di Chinese Super League, un campionato all’epoca quasi mitologico, sconosciuto anche agli specialisti del settore.

Le prime settimane non sono facili: i problemi d’ambientamento, che non tarderanno ad arrivare, sono strettamente connessi alle metodologie d’allenamento utilizzate, differenti rispetto a quelle standard europee. La figura dell’interprete, il simpaticissimo Ernesto — necessario per seguire gli allenamenti, ma che complicherà la fluidità della comunicazione con compagni e allenatore — ; il rapporto con i compagni cinesi della squadra, fedeli ad abitudini alimentari e culturali completamente diverse e a tratti opposte rispetto a quelle degli altri quattro “stranieri”, che conducono a una situazione di separati in casa. Una situazione non piacevole da vivere, sia dal punto di vista umano che professionale.

L’inizio dell’Asian Champions League e quello della Chinese Super League faranno però dimenticare sul campo di gioco questi problemi, peraltro prevedibili: l’esordio avviene in Giappone a Kawasaki (vicino a Tokyo), con l’albergo che è a due passi dallo stadio che ospitò la finale tra Brasile e Germania del Mondiale 2002. Destino vuole che quello fosse l’unico giocato dal Tommasi nelle file dell’Italia, eliminata, tra lo sconcerto generale, da una delle organizzatrici del torneo…

La prima di campionato è contro il prestigioso Dalian che schiera come punta centrale Ahn Jung-Hwan, attaccante coreano all’epoca ultratrentenne, un vero e proprio eroe nazionale per il golden goal realizzato proprio contro l’Italia nei quarti di finale dello storico e finora unico mondiale asiatico.

Il Fato ama giocare a dadi, anche nell’Oriente più lontano.

一百天

Dopo il primo rientro in Italia, per la prima volta (ma sarà solo l’inizio di una lunga serie) Damiano svolge il ruolo di ambasciatore del calcio italiano in Cina in occasione della Supercoppa Italiana tra Lazio e Inter, giocata nel famoso Bird Nest (国家体育场) o “Nido D’Uccello”, oggi sciaguratamente noto per le pesantissime spese di mantenimento, superiori agli 11 milioni di dollari annuali e pressoché inutilizzato. I suoi primi 100 giorni cinesi (一百天) offrono la possibilità di un primo resoconto positivo, calcisticamente parlando. I numeri parlano chiaro: primo posto in classifica, due gol in 15 partite e i tifosi che iniziano a rendere onore a un campione d’oggi, ma con caratteristiche che sembrano farlo venire d’altri tempi.

Aneddoti divertenti e avventure ai limiti dell’impensabile sono all’ordine del giorno per Tommasi a Tianjin (o “Guado del Cielo”), città caotica quanto disordinata, ma al contempo quieta e calorosa, tanto da rendere ancora più affascinante la sua avventura in uno dei campionati più ‘curiosi’ del mondo. Anche le movimentate vicende politiche (la discussa politica del figlio unico che causò numerosi abbandoni da parte delle famiglie proletarie cinesi, i problemi legati all’inquinamento e l’intricata situazione dei rapporti fra governo della Repubblica Popolare Cinese e Tibet) portano a lunghi momenti di riflessione: Damiano Tommasi riuscirà, anche in questo senso, a sfruttare l’anno in Cina come occasione di crescita personale, oltre che sportiva.

Il momento che sancisce definitivamente il legame tra il veronese e il Tianjin Teda è in occasione della sfida contro il Kawasaki Frontale — da sempre le partite contro le compagini giapponesi vengono considerati degli “win win” — : prestazione perfetta della squadra e “finale da cinema” con rete del 3–1 dell’italiano che, dopo mesi difficili, si sente come non mai di “essere apprezzato da tifosi, dai giornalisti e soprattutto da compagni di squadra e società”.

L’ultimo gol della sua carriera da calciatore.

Stranieri

“La lingua, la religione, i gusti culinari, le abitudini di vita sono elementi sufficienti per spingerti a cercare sempre di fare comunità con i tuoi connazionali (o nel mio caso con tutti i non-cinesi)”.

È tendenza insopprimibile dell’animo umano quella di condividere la quotidianità, cercando le più particolari affinità. Il romeno Ali Chita, attualmente allenatore del Metaglobus Buceresti nella seconda divisione romena, il brasiliano Luis Eber Cucchi, stella più luminosa di quel Tianjin, il francese Jean Philippe Caillet, ancora in attività nonostante i 41 anni suonati e l’australiano Marc Bridge sostituiranno e fungeranno da “famiglia surrogata” ed eterogenea per Damiano.

Cinque stranieri che, per quanto “diversi”, condivisero per tutta la stagione l’esperienza di una anno in Cina: viaggi d’andata e ritorno dall’allenamento, stanze condivise nelle trasferte, abitudini culinarie, etc… tutti accomunati anche dall’idea di diventare ambasciatori della propria nazione in Cina.

Tommasi fu anche aiutato, in questo, dalla folta comunità d’italiani presenti a Tianjin, che gli rese più facile la comprensione di un mondo così differente dal nostro. Si creò così un legame tanto forte e duraturo che ancora oggi Tommasi parla esplicitamente di “Mal di Cina” per le persone e l’ambiente vissuto in quei 10 mesi intensi e viscerali.

L’epilogo

I troppi punti persi nel seguire della stagione e i malumori dei compagni cinesi per ragioni prettamente salariali hanno condannato la squadra di Tianjin a un sesto posto finale, comunque positivo, a soli sei punti dalla vetta della classifica. L’ultima partita “cinese” di Damiano è al Teda Stadium di Tianjin contro il Guangzhou di Wu Pingfeng, estrosa ala sinistra incubo delle difese cinesi. Alla fine del match festa dentro e fuori dal campo: tre punti conquistati, tre fratelli presenti, tifosi che acclamano l’ex ragazzo di Verona per tutta la partita e discorso finale nello spogliatoio con tanto di pianto dei compagni, nonostante la brevissima parentesi in Cina dell’Italiano.

Scrive Tommasi nel suo libro sopraccitato: “Penso che la chiave, però, sia trovare il giusto mix di ambizione e umiltà”. E lui, senza ombra di dubbio, è riuscito perfettamente in questa difficile impresa.

Articolo a cura di Eduardo Accorroni Vent’anni, curatore del blog Calcio8Cina. Convinto che la Cina vincerà il Mondiale entro il 2050.

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