Lazio vs. Milan, analisi tattica

Crampi Sportivi
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10 min readJan 26, 2015

Ad un girone di distanza dal quel 3–1 casalingo che sembrava lanciare il Milan verso la stagione della rinascita, la situazione per le due squadre è ora radicalmente opposta.
Difficile, veramente difficile analizzare il momento del Milan. Dopo l’entusiasmo iniziale portato all’ambiente dall’arrivo di Inzaghi sulla panchina, ed un gran rendimento del reparto offensivo (Menez ed Honda su tutti), stanno alla lunga uscendo tutti i problemi: alcuni risaputi (le palle inattive, la qualità difensiva, i ricambi), altri forse più mascherati (la mentalità, il livello della rosa), uniti ad un allenatore solamente al terzo anno — il primo da professionista, dopo due nelle giovanili –, ad un ecosistema caldo, caldissimo, dove non si vince da troppo tempo, ed una situazione dirigenziale e societaria confusionaria. I rossoneri sembravano aver trovato circa un mese fa un inizio di quadratura, ma evidentemente era un fuoco di paglia.
Diverso il discorso per la Lazio, dove le cose funzionano, e funzionano bene. Il terzo posto è proprio dietro l’angolo ed è ampiamente alla portata, come dimostra il livello di gioco espresso dalla squadra di Pioli, sempre altissimo. Qualche errore difensivo di troppo ed una buona dose di sfortuna sono gli elementi che hanno impedito in più di un’occasione alla Lazio di riscuotere in termini di risultati quanto di buono fatto durante le partite, condotte sempre in maniera egregia anche nelle sconfitte. La mano dell’allenatore si vede parecchio — allenatore che a differenza di Inzaghi ha una discreta esperienza — e la squadra gira con i tempi giusti, giocando un bel calcio, volto all’attacco ed allo spettacolo.

Entrambi i mister scelgono di schierarsi con un 4–3–3, sebbene con delle piccole differenze. La Lazio quest’anno ha alternato il modulo con il 4–2–3–1, che è una conformazione che spesso viene a crearsi durante il gioco. Davanti a Marchetti la coppia centrale è formata da De Vrij e Cana, con Radu e Basta sugli esterni. A centrocampo si dispongono Biglia in posizione centrale affiancato da Cataldi e Parolo, mentre in attacco il tridente è affidato a Klose, riferimento centrale — preferito a Djordjevic — con Candreva e Mauri ai lati. Stesso modulo anche per il Milan: Diego Lopez tra i pali è protetto da una linea composta da Armero, Mexes, Alex ed Abate. Il centrocampo vede il ritorno di Montolivo come riferimento centrale — vista l’assenza di De Jong –, soluzione che vede dirottare Van Ginkel al ruolo di mezzala (l’olandese è invece più un regista) con Poli, con la conseguenza dello spostamento di Bonaventura — che ha dimostrato di rendere meglio da mezzala — nei tre davanti; per di più nella posizione dove finora a reso meno, ovvero a destra, per poter schierare El Sharaawy a sinistra, con Menez ad agire da falso nueve.
Le chiavi tattiche della gara sono facilmente individuabili. La Lazio gioca con un forte spirito offensivo, sviluppando l’azione sugli esterni o in velocità con rapide transizioni, potendo contare su un centrocampo dinamico ed una difesa molto alta che accorcia la squadra in avanti. Il Milan, complice anche il momento di difficoltà, è invece più compatto e chiuso, per proteggersi meglio ed aiutare la difesa nelle fasi di attacco avversarie, cercando di sfruttare a proprio favore la cosa trovando spazi in ripartenza sfruttando le caratteristiche del veloce tridente.

Primo Tempo

Al terzo minuto Basta perde un pallone a centrocampo, praticamente da ultimo uomo con la squadra proiettata in avanti, su uno sciagurato tentativo di retropassaggio intercettato da Menez, che ha la velocità e la tecnica sufficienti per non farsi chiudere dal ritorno di Cana e di riuscire a chiudere con bel mancino ad incrociare. È lo 0–1 in favore del Milan, un gol che arriva praticamente dal nulla (la sfortuna e gli errori difensivi della Lazio di cui parlavamo) e che sembra cambiare il volto alla partita, e forse della stagione. Novantatré minuti più tardi, resterà l’unico tiro in porta nella casellina delle statistiche dei rossoneri.

È ovvia per il Milan l’impossibilità andare in casa della Lazio a fare la partita. Lo stato di forma, la classifica, l’ambiente e le caratteristiche della formazione non glielo permettono. La squadra mantiene quindi il proprio principio: stare chiusa e compatta con un 4–5–1 in fase di non possesso, fare uscire gli avversari e colpirli in ripartenza sulla riconquista della palla. Nonostante la linea difensiva molto alta inizialmente, il grosso problema della squadra di Inzaghi è che finisce sempre e comunque molto bassa, molto schiacciata (come in più di un’occasione quest’anno, tanto da suscitare il malumore di una parte della tifoseria che contesta molto questo atteggiamento troppo da ‘provinciale’), concedendo troppo territorio.

Fase di non possesso rossonera, un 4–5–1 bassissimo e molto compatto, in cui 9 giocatori sono a ridosso della propria area

Il secondo grosso problema di Inzaghi è che anche la Lazio mantiene i propri principi. E non perde affatto il controllo, ma riprende a giocare come non fosse successo niente. A dire il vero i padroni di casa si erano resi pericolosi già al primo minuto, con un cross dalla destra verso il centro dell’area, raccolto dall’inserimento di Radu che successivamente cade — forse toccato da Abate. Non è da valutare tanto l’entità del contatto quanto la portata dell’azione, con la palla mossa velocemente, il crossatore liberato con facilità e il comportamento non eccezionale della linea difensiva, che si perde tutti gli uomini.

Tutta la Lazio è nella metà campo milanista. Biglia in possesso di palla ha quasi sempre Cataldi a fianco, mentre Parolo avanza. I due attaccanti esterni hanno tagliato internamente con la loro posizione presa dai due terzini, altissimi.

La manovra laziale è fluida e veloce. Con pochi e rapidi passaggi si cerca subito di arrivare nella metà campo offensiva, possibilmente sulle fasce, per poi attaccare l’area di rigore. Già in fase di costruzione una mezzala rimane ad affiancare Biglia mentre l’altra si alza subito (quasi sempre Parolo), ed i terzini hanno l’obbligo di seguire l’azione. La Lazio attacca bene principalmente grazie al grande movimento degli avanti, con tagli, uscite e cambi di posizione, per dare imprevedibilità e togliere punti di riferimento. Almeno cinque uomini sono sempre coinvolti nell’azione offensiva, ma raggiungono spesso anche i sette, otto elementi, schiacciando il Milan praticamente nella propria area.

Armero è in possesso della sfera, e viene letteralmente braccato e circondato da cinque giocatori.

A palla persa parte subito il pressing in avanti volto alla riconquista, scoprendo sì molti spazi dietro, ma avendo principalmente il vantaggio di bloccare sul nascere le manovre avversarie e di correre paradossalmente meno pericoli, in quanto la palla è lontana dalla propria porta. Le ripartenze del Milan, da un lato punto di forza dei rossoneri, sono quindi troppo isolate e condotte da una posizione di partenza troppo bassa, e la fase di costruzione solita — che stavolta vede Montolivo centrale e non De Jong — non favorisce della maggiore qualità in quanto il capitano non ha il tempo e lo spazio di ragionare, e giocare.

Bonaventura, dopo la riconquista della palla, parte a testa bassa facendosi tutto il campo in scatto. Non è difficile ipotizzare come si concluderà l’azione, ovvero con la palla persa.

Montolivo si propone per prendere palla, ma è subito chiuso dalla pressione alta ed aggressiva di Klose, con Mauri che blocca Abate. È impossibile avviare una manovra in queste condizioni.

Il centrocampo a tre probabilmente non è la miglior cosa per questo Milan, e di certo non lo è con questa conformazione: Montolivo ha sofferto un ritorno alla posizione di centrale dopo diverse partite da interno e non è stato aiutato dai compagni. Poli fa la solita partita di corsa e sacrificio (il suo rivale diretto è Parolo, e ne riparleremo), mentre van Ginkel non riesce ad entrare in partita, non trova la propria posizione e venendo coinvolto poco nel gioco. Sono tre giocatori male assortiti, che non si aiutano e non dialogano, anche se il tutto è enfatizzato dai meriti della formazione avversaria, straripante fisicamente e sempre alta ed attenta.

I passaggi effettuati dai centrocampisti rossoneri (in ordine: Poli, Montolivo e Van Ginkel). Fin troppo evidente la quasi assenza dell’olandese, mentre per Montolivo troppi segni rossi — passaggi sbagliati — e quasi nessuna verticalizzazione. Qui sotto il paragone con il trio laziale (in ordine: Cataldi, Biglia e Parolo), che nonostante non faccia del gioco a centrocampo il proprio punto di forza mostra dati migliori.

L’unico modo per creare qualcosa è affidarsi ai tre davanti. Tradotto — visto lo stato di forma di El Sharaawy e la posizione di Bonaventura (a destra, già detto, e troppo coinvolto in difesa) — ci deve pensare Menez. Il francese, che in non possesso è quello lasciato più alto proprio per essere il primo riferimento avanzato nella ripartenza, è sicuramente l’uomo più pericoloso ed uno dei pochi che sta raccogliendo consensi tra la tifoseria. Anche contro la Lazio si è prodigato in movimenti, tocchi in più zone del campo e progressioni, ma non è stato sufficientemente sostenuto dai compagni di reparto e ha trovato di fronte un reparto difensivo alto e fisico che lo ha limita molto.

Queste le statistiche di passaggio del tridente milanista (in ordine: El Sharaawy, Menez e Bonaventura). I dati dei due esterni non hanno bisogno di commento. Sotto quelli invece del tridente laziale (in ordine: Mauri, Klose e Candreva). Spiccano i due esterni, più coinvolti su entrambi i lati del campo, e con molti cross verso il centro dell’area.

In non possesso quello della Lazio è un 4–4–2. Durante il primo tempo lo si vede composto veramente poco però, in quanto sono più frequenti le transizioni sulle quali i reparti sono comunque velocissimi a rientrare.

Per tutto il primo tempo la squadra in campo è praticamente soltanto una, che continua a martellare e produrre azioni. La varietà offensiva laziale è davvero ampia, ed ha un vantaggio in più: può contare su Klose. Il miglior marcatore di ogni epoca nella storia dei Mondiali viene preferito a Djordjevic e ripaga la fiducia con una prestazione solidissima. D’altronde il repertorio di cui è dotato gli permette di attaccare l’area in profondità sfruttando le disattenzioni difensive di Mexes ed Alex oppure di fare da sponda per i compagni e farli correre, per poi tornare a raccogliere i loro cross in area.

Una delle più belle azioni della partita. Mauri trova Klose, che stoppa liberandosi di entrambi i marcatori, e serve l’accorrente Candreva, sul quale Lopez si supera.

Nonostante tutte le premesse, la prima frazione si conclude con i rossoneri sempre in vantaggio.

Secondo Tempo

Il Milan rientrerà in campo per il secondo tempo in evidente ritardo, mentre la Lazio è già organizzata sul terreno di gioco. È un chiaro messaggio psicologico: stiamo giocando meglio, siamo più forti, non vediamo l’ora di riprendere la partita per rimetterla in piedi, e vincerla. A battere il calcio d’inizio è il Milan, ma la Lazio recupera subito la sfera ed organizza un minuto di possesso palla, una sorta di manifesto dell’andamento della partita. Il centrocampo sembra quasi fisso a due, visto che Parolo svaria più in avanti muovendosi dappertutto. La palla viene giocata esternamente, poi internamente, poi ancora esternamente, poi viene aperta alta, poi toccata corta. Il tutto mentre nessuno resta fermo e tutti si propongono per il passaggio. Poi tocca a Klose, che riceve vicino al fallo laterale, e senza pensarci la mette in mezzo dove Parolo taglia ed anticipa Poli, segnando l’1–1. I due centrali non sono dove devono essere, Montolivo non è dove deve essere e Diego Lopez è troppo lontano per tentare l’uscita.

L’obiettivo è raggiunto — ribaltare il risultato e portarsi in vantaggio — e sono passati appena cinque minuti. È evidente la componente tattica che ha permesso alla formazione di Pioli di ribaltare il risultato, ma va sottolineato ancora di più l’aspetto mentale della rimonta: la Lazio non ha mai avuto fretta e — nonostante il gol subito a freddo — a continuato a giocare il suo calcio.

Due immagini che testimoniano chiaramente come il copione e l’atteggiamento del Milan non cambi, nonostante lo svantaggio: offensivamente non c’è pressione in fase di costruzione laziale perché si preferisce arretrare ed abbassarsi, per chiudere gli spazi (concedendo però campo, come si può vedere in quest’immagine con sei uomini della Lazio a ridosso o dentro l’area).

Nel Milan entra Cerci per Bonaventura, infortunatosi ad una spalla, e poco dopo tocca a Pazzini al posto di Van Ginkel. Viene quindi a comporsi un 4–2–3–1, con Menez trequartista centrale, anche se El Sharaawy è in più di un’occasione sulla stessa linea del ‘Pazzo’. Valutare un cambio di modulo dopo quasi un’ora di gioco non è così semplice, perché intervengono altri fattori: la stanchezza, il risultato, gli uomini sul terreno di gioco, l’inerzia del match. Sembra subito più viva la squadra, soprattutto avanti, ma difensivamente si sfaldano regalando più spazi. È molto probabile che questo modulo sia più adatto alle caratteristiche degli uomini in rosa — oltre a garantire la presenza di un vero centravanti -, ma come detto non è questa la situazione ideale per provarne i pregi ed i difetti. Al 67’ si infortuna de Vrij,per un riacutizzarsi della fascite plantare, e viene sostituito dal neo arrivato Mauricio. È voluto invece al 72’ il secondo, con la solita staffetta tra Klose e Djordjevic, per una volta a parti invertite. I ritmi fin qui elevatissimi si abbassano, è inevitabile. Nel Milan l’unico a tenere ancora botta è Menez, che in questa nuova posizione può godere di più ricezioni ed ha più scarichi a disposizione. Qualche sua buona giocata tenta di ravvivare il Milan, ma è di fatto l’unico che si muove ed è veramente difficile uscirne vivo. La Lazio cala un po’ l’intensità stando più chiusa e bassa e puntando più sulle ripartenze. All’80 proprio su una situazione di questo tipo, Cataldi dopo il recupero verticalizza immediatamente per Candreva, che ha di fronte a se una prateria: seguirà un cross al centro area per Djordjevic, che manca la palla — nella caduta sarà vittima anche di un brutto infortunio –, raccolto comunque da Parolo, che realizza il definitivo 3–1.

È la rete che chiude la partita, dal punto di vista del risultato. L’ultima emozione ce la regala Mexes che durante i sette minuti di recupero, provocato da un calcetto di Mauri, regisce in maniera scomposta ed eccessiva venendo espulso. Un evidente segnale della confusione che c’è nell’ambiente.

Conclusione

Nel 2015 la squadra di Inzaghi è riuscita ad ottenere un solo punto, contro il Torino, mentre le altre tre partite hanno portato solo sconfitte (Sassuolo, Atalanta ed appunto Lazio). La posizione dell’allenatore è ufficialmente in bilico, perché la squadra sta mostrando anche un’involuzione sul piano del gioco, oltre a quello della voglia e della mentalità, e probabilmente anche dal punto di vista della serenità, come dimostra il brutto gesto finale di Mexes. Solo segnali positivi per la Lazio, che raggiunge il terzo posto e lo dovrà ora difendere da Napoli, Samp e Fiorentina — al momento le tre che sembrano favorite ad insidiarla — ma che ha tutte le carte in regola per restarci fino alla fine.

Luca Donina di Sistema WM

Articolo pubblicato anche su Sistema WM

Statistiche elaborate da FourFourTwo Stats Zone su Dati Opta

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