Le dinamica dell’attrito

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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3 min readDec 17, 2016

Prospettiva Juventus

di Mattia Pianezzi

Juve-Roma (come Roma-Juve) la vivo peggio da quando vivo a Roma e ho scoperto come effettivamente si vive Juve-Roma: male. Aggiungi l’alternanza di sconfitte e vittorie che fanno montare il livello di sfida al fatto che buona parte della mia bacheca di Facebook è romanista. Insomma, è una partita da vincere più delle altre. Tendo a vivere con molta passione il calcio contemporaneo, divido a scaglioni ciò che mi sembra “passato” dal presente e l’ultimo ciclo Juventus Conte-Allegri per me è presentissimo, quindi tutti i ricordi di questi anni sono più vividi e più piacevoli. Tra le altre cose ricordo a memoria un momento di chiara superiorità a settembre 2012: dopo un po’ di brutti punzecchiamenti a distanza (Conte e Zeman, figurati) si arrivò sul campo e alla fine di una partita di dominio tattico assoluto Barzagli (senza barba) fece un sombrero a Taddei e corse per una cinquantina di metri galoppando e lasciando il vuoto dietro di sé prima di fare un passaggio da trequartista a Giovinco che segna il 4 a 1; era il 44esimo del secondo tempo e avere un difensore centrale — poi Barzagli, non proprio un estroso — che può fare questo genere di cose dopo 90 minuti di gioco implica un controllo del match notevole.

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Prospettiva Roma

di Simone Vacatello

Juventus-Roma è un bildungsroman, un romanzo di formazione per ragazzi presi in mezzo tra due modi opposti di concepire il pallone, e con esso le sue declinazioni agonistiche. Declinazioni che non sono affatto antitetiche, né ideologicamente inconciliabili (si guardi all’amicizia tra De Rossi e gli juventini in Nazionale e a quelle storiche tra Totti e due bandiere come Del Piero e Buffon), si tratta piuttosto di un attrito sportivo che fa più scintille di altri, perché da una parte si trova l’abitudine, alla vittoria, l’ossessione, il ruggito di chi è convinto che la vittoria gli spetti di diritto, dall’altra il fervore religioso di chi attende la vittoria come il secondo avvento di un Messia, ma che alla resa dei conti col destino è sempre arrivato con meno fiducia nei propri mezzi. Come un eroe mitologico alle prese con un processo di purificazione ancora incompleto. Anche per questo motivo il mio Juventus-Roma preferito ancora oggi rimane quello in cui questa distanza venne colmata. L’artefice di questa affermazione fu un giocatore che aveva nei piedi già abbastanza chilometri percorsi, in senso strettamente geografico, e che di conseguenza non ebbe le vertigini quando venne il momento di fare un grande salto sull’abisso, portando la squadra sulle sue spalle. L’abisso in questione era un pesante svantaggio di due reti in trasferta, e l’acrobata era Hidetoshi Nakata.

Si tende infatti a sottovalutare l’apporto del fantasista giapponese al terzo scudetto giallorosso, spesso perché questi veniva spesso chiamato in causa da Capello come sostituto di Francesco Totti, soprattutto nelle fasi della partita in cui era necessario tenere un po’ più il pallone o far arretrare la spinta creativa del reparto avanzato. Eppure una volta che questa scelta venne operata in una fase di svantaggio, il trequartista nipponico risolse praticamente da solo la partita più delicata dell’anno, prima con un bombardone da fuori area, peraltro successivo a un caparbio recupero a centrocampo, e poi con un secondo bolide da posizione ancora più defilata, che Van der Sar respinse e che Montella ribadì in rete per il definitivo pareggio. E una manciata di giornata dopo fu scudetto.

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