Le nostre parole

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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6 min readMay 5, 2018

“Dicono di più di un’epoca le parole che non si usano più che le parole che si abusano” — Stanislaw Jerzy Lec

Le polemiche sull’ultimo Inter-Juventus sono state infinite e di vario tipo. E siccome la passione per il calcio attraversa (livellandole) tutte le classi sociali, si è finito per avere una rappresentazione abbastanza credibile dello stato socio-culturale dell’Italia. La sensazione è quella di non aver mai visto gli italiani scendere così pericolosamente in basso, dimenticando che il calcio è, per quanto importante, un gioco.

Voglio subito precisare, avendo visto la partita in questione e a scanso di equivoci, che i dettagli dell’arbitraggio di Daniele Orsato sono stati tutti, inesorabilmente, a favore dei bianconeri. Ma dall’incipit dell’ articolo, non è dell’arbitraggio di Orsato che vorrei parlare, ma piuttosto delle reazioni scomposte avvenute. “Maledetti!”, è stata la funesta reazione di un giornalista napoletano di Canale21, al termine dell’incontro di San Siro. Umberto Chiariello, questo è il nome dell’improvvido giornalista, ha guardato per qualche attimo la telecamera e poi, con voce stentorea, ha voluto che il mondo conoscesse il suo stato d’animo provato. Dal piccolo emiciclo dello studio televisivo, dove si erano accomodati dei bambini di due scuole calcio, è partito un fragoroso applauso.

Poi scontratosi con Cruciani a “La zanzara”: per dire il livello, ecco.

Confesso che è la prima volta che vedo applaudire una maledizione. Che di questo applauso siano stati protagonisti dei bambini ha reso tutto il triste spettacolo particolarmente agghiacciante.

Dopo la maledizione, Chiariello ha continuato nella sua filippica che, sostanzialmente, conteneva una sola ambiziosa tesi: “Da questa sera non possiamo più credere nel calcio”. Una tesa — quella di Chiariello — connotata da un’inquietante contraddizione visiva, se confrontata con le divise da calcio con cui erano vestiti i bambini presenti. “Per una parola un uomo spesso viene giudicato saggio, e per una parola spesso viene giudicato stupido. Dunque dobbiamo stare molto attenti a quello che diciamo”, ha scritto Confucio, ma questa goccia di saggezza pare non aver attecchito molto nella formazione etico-esistenziale del giornalista napoletano.

Tuttavia, vagando per le varie dichiarazioni post Inter-Juventus, a molti Confucio appare un’idea astratta lontana spazi siderali dal mondo del calcio contemporaneo. Sono state settimane molto controverse per le direzioni arbitrali, e lo si è visto anche in Real Madrid-Bayern di Monaco e in Roma-Liverpool, condizionati da errori così vistosi da apparire sospette e aperte a ogni tipo di “teoria del complotto”: in tal senso, esemplari sono state le dichiarazioni di De Rossi nel dopo partita, che ha riconosciuto come per l’arbitro potesse essere difficile individuare il fallo di mano netto di un giocatore inglese sul tiro di El Shaarawy. Un mani che, se visto, sarebbe stato rigore per la Roma ed espulsione del giocatore del Liverpool.

Ha ragione Eduardo Galeano, grande scrittore uruguagio, quando dice che “il tifoso è folla, e con migliaia di fedeli condivide la certezza che noi siamo i migliori, che tutti gli arbitri sono venduti, che tutti i rivali sono imbroglioni”. Ha ragione perché descrive uno stato d’animo, quello del tifoso, intriso di passione e di una religiosità a volte difficile da comprendere, e di cui bisognerebbe avere cura ogni volta decisi a cedere alla tentazione di eccitarne gli animi.

Persino una leggenda come Del Piero fatica a comprendere il clima. E come dargli torto?

Il cestista Kobe Bryant, che ha trascorso la sua infanzia in Italia al seguito del padre Joe (a sua volta cestista), una volta ha dichiarato tutto il suo stupore verso i tifosi di calcio che “Considerano il loro sport qualcosa di più. Lo vivono in maniera intensa, quasi quanto una religione”. Poste queste premesse, è davvero difficile accettare l’abuso delle parole ormai presenti nel mondo pallonaro. Si passa da Buffon che definisce “pattumiera” il cuore di un arbitro a un orribile “Whatsapp”, messo in giro nella rete dopo la recente eliminazione della Juventus patita a Madrid all’ultimo minuto, che invitava i familiari di Gianluca Pessotto a chiudergli le finestre di casa viste le sue tendenze autolesionistiche.

Nessuno che provi a mettere un freno a un desiderio sfrenato di dire la sua o di fare la battuta facile (ormai assunte a vere barbarie), facendo diventare il mondo non più governato dal pensiero o dall’immaginazione, ma semplicemente dall’opinione. E le opinioni, essendo per loro stessa natura mutevoli e fragili, sovente possono generare gravi conseguenze, e dovrebbero quantomeno incutere timore in che ne lesina senza parsimonia.

“Le false opinioni somigliano alle monte false:coniate da qualche malvivente e poi spese da persone oneste, che perpetuano il crimine senza sapere quel che fanno”; questa considerazione di Joseph De Maistre deve essersi persa nelle nebbie generate dalla confusione voluta dal “fascismo delle opinioni”, in relazione all’utilizzo del VAR in Inter-Juventus.

Si è sentito tutto e il contrario di tutto, e hanno avuto come conclusione due camionette dei carabinieri da giorni stazionanti a protezione dell’abitazione di Daniele Orsato, minacciato di morte al pari di Davide Santon, terzino dell’Inter reo di essersi fatto saltare troppo facilmente dal giocatore juventino protagonista dell’assist del momentaneo pareggio della squadra bianconera. L’ineffabile Umberto Chiariello ha addirittura adombrato il sospetto che Handanovic non abbia espresso appieno le sue qualità di portiere nei tre gol juventini, probabilmente perché in trattativa con la società torinese per fornirle dall’anno prossimo le sue prestazione sportive. Parole — ah, queste benedette parole — comprensibili in una qualsiasi conversazione da bar dello sport o in un forum di tifosi sulla rete, ma senza senso in un operatore della informazione. Senza troppi giri di parole, Chiariello ha definito Handanovic una persona pronta a tutto pur di avere un contratto più prestigioso.

L’affermazione è così grave che i casi sono due: o il giornalista napoletano ha ragione e allora il portiere sloveno va deferito all’ufficio inchieste della Federcalcio, oppure ha torto e allora l’ordine dei giornalisti deve intervenire e sospenderlo dalla professione (oltre all’intervento della magistratura ordinaria per un più che plausibile reato di diffamazione). Tertium non datur. Non si possono sparare opinioni(parole) a caso, perché queste influenzano enormemente lo stato d’animo dei tifosi. Penso che tutto questo sia cosa sia generato dalla totale assenza — mi dispiace ripeterlo ancora una volta — delle istituzioni sportive, che dovrebbero essere i garanti della correttezza del gioco, al fine di proteggerlo. E non si può proteggere una cosa importante come il calcio (che coinvolge milioni di persone. Quindi immaginiamo quante opinioni…), se non si fissano regole certe e se non si applicano relative dure sanzioni per chi le trasgredisce.

Un arbitro così vistosamente in errore — come Orsato a San Siro — non sarebbe sottoposto al rischio di ricevere violenza da qualche pazzo in cerca di farsi giustizia da solo se la Federazione intervenisse con prontezza con una sanzione. Diciamolo con chiarezza: a causa degli errori commessi a San Siro, Orsato doveva essere escluso dai prossimi mondiali. Solo così la gente avrebbe ritenuto gli organi sportivi al di sopra di ogni sospetto di voler decidere a tavolino la vittoria della Juventus in quest’ultimo campionato. Non sanzionando Orsato, ogni tipo di sospetto ancora una volta si è propagato per tutta la penisola.

Non bisognerebbe mai dimenticare che le persone credono nella giustizia super partes di uno Stato, se lo Stato da almeno l’impressione di voler tentare di dare giustizia. Se ciò non accade, allora la tentazione di farsi giustizia da sé rimane altissima. Il presidente del Coni, Malagò, non può assistere ancora una volta silente a questa canea scatenata dalle ultime vicende post Inter-Juventus. Dovrebbe, stavolta sì, farsi invitare da Fabio Fazio per parlare a tutti i tifosi, ribadendo la volontà delle istituzioni di intervenire a chiarire ogni situazione opaca del mondo dello sport. A Umberto Chiariello vorrei infine dire: se davvero pensi quello che hai detto (maledizione compresa), forse davvero non dovresti seguire più il calcio. Se io pensassi ogni campionato come una sceneggiatura già scritta, personalmente non seguirei più questo straordinario sport, di cui mi sono innamorato sin da quando mio padre mi portò a seguire a Old Trafford le partite dello United.

Eusebio Di Francesco ha recentemente dichiarato che “è felice di occuparsi di calcio, perché il calcio dà gioia”. Ecco cosa non dobbiamo mai dimenticare a proposito del calcio: la gioia. Questa gioia non può essere mai barattata con il peggio albergante dentro di noi. Lo dobbiamo a quei bambini incolpevoli presenti durante l’invettiva di Umberto Chiariello. A qualcuno fu chiesto cosa volesse fare da grande, e questo qualcuno rispose che voleva essere felice. Gli autori della domanda, stupiti, gli dissero che non aveva capito il compito. E questo qualcuno rispose “che loro non avevano capito la vita”.

Articolo a cura di Anthony Weatherill — Ha collaborato Carmelo Pennisi

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