Le possibilità della Sampdoria

Crampi Sportivi
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7 min readMar 4, 2015

Da giocattolo d’oro della Serie A 2014–15 a squadra da metà classifica. Da «parte sinistra della classifica» a «vogliamo l’Europa», per poi tornare indietro. In queste settimane la Sampdoria ha vissuto un momento di crisi d’identità ancor prima che di risultati. Qualcuno potrebbe dire che i soli tre punti conquistati in cinque gare del girone di ritorno — prima della vittoria di Bergamo — rappresentano un campanello d’allarme importante, specie di fronte ai 33 fatti nelle 19 partite dell’andata.

Tuttavia, sarebbe frettoloso derubricare la situazione come confusa senza analizzarne le cause. La Sampdoria è partita per fare una stagione di metà classifica, possibilmente dalla parte sinistra della graduatoria. Un intento ribadito da tutti: giocatori, dirigenza, Mihajlovic (confermato), Ferrero (su cui ci sarebbe da scrivere un romanzo, ma non c’è tempo). E forse è ancora l’obiettivo veramente fattibile di questa stagione.

Costruzione di un miracolo

Quest’estate la società blucerchiata ha cercato di cambiare il meno possibile sul mercato. Partito Mustafi (al Valencia per otto milioni) e risolte alcune comproproprietà, la Samp ha pensato a valorizzare alcuni giocatori (Romagnoli, Rizzo, Duncan) e a rigenerarne altri (Viviano, Mesbah, Silvestre). Quando Mihajlovic e compagni hanno strappato il primo punto di questo campionato — con un pareggio in extremis a Palermo — si è visto ciò che avrebbe caratterizzato tutta questa prima parte di 2014–15: una tenacia e un’applicazione fuori dal comune.

A dicembre, la Samp era terza — con Lazio e Napoli — con 27 punti raccolti in 16 gare: piazzamento da Champions League. Per 20 giornate di questo campionato, la Samp è stata sempre in zona europea. Solo una la sconfitta stagionale fino a quel momento, incredibilmente contro l’Inter di Mazzarri e per giunta di rigore.

Per il resto — compresa la Coppa Italia — il bilancio recitava queste cifre: otto vittorie, nove pareggi e una sola capitolazione. Imbattuti in casa. Quarta miglior difesa del campionato con 14 reti subite in 16 partite. Nonché la capacità di metterla dentro spesso da piazzato (10 gol su 22 sono arrivati da fermo).

Una maestosa eccezione.

Il gioco di Mihajlovic ricordava molto quello dell’Atlético Madrid di Simeone: stretti dietro, bravi in contropiede e cattivissimi in pressing. Basti guardare il numero di passaggi fatti: la Samp è terzultima, eppur riusciva a concretizzare le poche occasioni che costruiva. Un cinismo da grande. O il numero di chance create: i blucerchiati ne avevano create 60 in meno della Fiorentina e 55 in meno dell’Inter, eppure aveva rispettivamente tre e sei punti di vantaggio su queste squadre.

Un gioco di attesa fatto di falli subiti: il Doria è primo in questa graduatoria fino a fine dicembre con 289. Eppure le intercettazioni sono poche (189, terzultima): questo perché Mihajlovic e la sua banda ti aspettava, ti lasciava far circolare il pallone. L’importante era creare una sorta di “cintura di sicurezza” negli ultimi 30 metri, costringendoti a sbagliare o a tirare da lontanissimo. Infine, la rinascita di alcuni giocatori — Okaka su tutti — ha permesso di far sognare i supporters doriani da settembre a dicembre 2014.

Non solo Manolo

Molti hanno identificato nella partenza di Manolo Gabbiadini il simbolo dell’incantesimo spezzato. La Samp aveva in lui non solo il capocannoniere stagione (sette gol in A, nove in totale), ma anche una sorta di campione in fase di maturazione. Un ragazzo silenzioso, ma voglioso di lavorare. L’anno scorso Gabbiadini aveva accettato di giocare da esterno nel 4–2–3–1, molto lontano dalla porta. Quest’estate ha puntato i piedi e Mihajlovic l’ha accontentato. Nel 4–3–3 del tecnico serbo i risultati si sono visti.

Tiratore di piazzati, creatore di chance da gol e finalizzatore, agli occhi di molti Gabbiadini sarà apparso come la panacea di tutti i mali blucerchiati. Anche il suo andamento a Napoli sembra confermare questa versione (quattro gol in sei gare), ma sarebbe riduttivo. Inoltre, si perderebbe di vista il motivo per cui la Samp ha accettato di perderlo a metà stagione: il ragazzo era in comproprietà tra Juve e Samp. E le comproprietà quest’estate DOVRANNO esser risolte. Con il timore di perderlo a meno dei sei milioni e mezzo di euro incassati a gennaio, la Samp ha colto al volo l’occasione.

Identificare Gabbiadini come simbolo del parziale declino blucerchiato sarebbe però sbagliato; ma anche questo si unisce all’insieme di fattori complessi che possono essere riassunti con la “perdita di stabilità”.

Alla base di una Samp rallentata c’è anche il passaggio di modulo: il 4–3–1–2 è stato scelto da Mihajlovic come il nuovo modulo per supplire alla partenza di Gabbiadini. Uno schieramento funzionale a valorizzare il talento di Roberto Soriano, golden boy del calcio italiano con origini tedesche. Per non parlare dell’arrivo di Joaquin Correa, trequartista classe ’94 arrivato per sostituire il “Gabbia” e consigliato da un ex blucerchiato eccellente, Juan Sebastian Veron, che oggi fa il presidente dell’Estudiantes.

Aggiungeteci a questo un mercato invernale per lo meno frizzante, con gli addii di alcuni pezzi di spogliatoio (su tutti capitan Gastaldello, andato a Bologna) e l’arrivo di star come Muriel ed Eto’o, e capirete come la stabilità in questo momento non può appartenere alla Samp. Se ci mettiamo anche alcune difficoltà mentali che portano a subire la partita invece che a impostarla, abbiamo un quadro completo. O quasi.

La crisi in cifre

Diciamo “quasi”, perché il calcio non è mera statistica. Però i numeri aiutano a inquadrare le difficoltà. Al di là dell’organizzazione e della stravaganza targata Mihajlovic (chiedere agli schemi su punizione o allo schieramento all’inizio di Lazio-Samp), una squadra partita per arrivare nelle prime dieci e finita a lottare per la Champions doveva subire un contraccolpo.

La sconfitta per 3–0 subita all’Olimpico contro la Lazio (anzi, contro Felipe Anderson) è sembrata un incidente di percorso. In realtà, ha manifestato prima una difficoltà nell’assorbire il passaggio al 4–3–1–2, poi la ridotta cattiveria in certe gare. Se escludiamo la vittoria faticosa contro l’Empoli e il successo contro il derelitto Parma al Tardini, la Samp ha collezionato poco in questo 2015.

Prima della vittoria di Bergamo, tre punti in cinque gare del girone di ritorno. E contro il Palermo sarebbe potuta andare peggio (chiedere a Morganella). Insomma, una flessione c’è e sarebbe inutile negarla. Ora bisogna capire come la Samp di Mihajlovic potrà uscirne. La vittoria contro l’Atalanta ha dato un po’ d’ossigeno, anche se — dopo il Cagliari nella prossima gara — il calendario sembra farsi difficile.

Giocattolo rotto

C’è chi ha parlato di “giocattolo rotto”. Ma questo implicherebbe un obiettivo che forse a Genova nessuno avrebbe nemmeno ipotizzato a inizio stagione: il raggiungimento dell’Europa (Champions o Europa League che sia).

In effetti il mercato di gennaio — con gli arrivi di Eto’o e Muriel — sembra puntare in questa direzione. Neanche Ferrero si è mai nascosto: «Io punto alla luna». Del resto a Corte Lambruschini sanno che certi treni non ripassano e che l’ambizione di Mihajlovic potrebbe aiutare a coltivare questo sogno europeo.

Già, Mihajlovic. Se c’è uno che dà la sensazione di provare disturbo per questa situazione, è proprio Sinisa. Lui, che ha costruito faticosamente questo giocattolo, sembra esser infastidito. Come l’artigiano a cui hanno portato via un brevetto. E la lite finale con Regini nel derby di martedì scorso è un segnale.

Chi avrebbe mai immaginato Okaka o Soriano in nazionale? O Romagnoli passabile di paragone con il primo Nesta? Forse nessuno. Eppure lui ha reso tutto questo possibile. E ora, forse, sente che tutto questo luccichio europeo sta in realtà distraendo quella pattuglia di soldati che aveva costruito.

Mai far arrabbiare l’uomo di Vukovar.

Il futuro è oggi

La verità è che vedendo la Sampdoria in questo momento, non si capisce bene quale sia il problema. Si potrebbe dire tutto o niente. Il mercato? La tattica? Il nuovo parco giocatori? Sicuramente ci sono situazioni da aggiustare. E la ricetta anti-crisi passa per quattro pilastri molto importanti.

Primo: la mentalità. La Samp è apparsa apatica in queste ultime gare, incapace di mettere in atto quel gioco “gun & run” (l’inversione è voluta) che l’aveva portata in alto nella prima parte di campionato. Una volta rimessa in campo questa cattiveria — che Mihajlovic ogni tanto fatica a trasmettere ai suoi ragazzi — i risultati non potranno che migliorare.

Secondo: gli acquisti invernali. Muriel si doveva riprendere da un infortunio ed effettivamente è anche tornato al gol, ma non sembra in condizione. Stesso problema per Eto’o, una personalità non da poco da gestire per il tecnico blucerchiato, che preferiva forse un duro e silenzioso lavoratore come Gabbiadini. In più Correa: esaltato da molti, in realtà deve assorbire l’impatto con il calcio italiano. Se questi tre — insieme ad Acquah — entreranno nei meccanismi della Samp, il compito europeo diventerà più facile.

Terzo: il modulo. Nonostante l’acquisto di Correa, Mihajlovic è già tornato un paio di volte sul 4–3–3 di inizio campionato. Difficile che possa esser utile in questa situazione, visto che Muriel ed Eto’o non sono Eder e Gabbiadini. Non sono attaccanti che forniscono copertura (specie il colombiano), non sono al massimo della condizione e non possono fare le ali. Per questo, i tifosi della Samp devono sperare che il serbo ci ripensi e si affidi integralmente al 4–3–1–2, magari valorizzando anche Correa, gradualmente inserito nell’ambiente blucerchiato.

Quarto: la fortuna. Essa aiuta solo gli audaci e Mihajlovic finora non ha mancato di mostrare questo suo fondamentale. Tuttavia, servirà anche una sana dose di destino per centrare un obiettivo che sembrava impossibile. A Mihajlovic — amante delle citazioni — consigliamo questa: «Nessun piano attentamente preparato può battere la pura fortuna». E allora good luck, Sinisa.

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