Leggende, Pianti, Rimpianti e un Derby — CS s02e35

Stracittadina Showdown

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
8 min readMay 26, 2015

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Dopo una stagione intera vissuta come sulle montagne russe con gli antidepressivi omeopatici nello zainetto, la Roma riscatta un’annata bislacca assicurandosi il derby, il secondo posto e l’ingresso diretto in Champions League, in una partita cinica che, a guardarne i dati, rappresenta l’antitesi calcistica del gioco che nel 2013/2014 aveva portato i giallorossi a fare il loro record di punti: un primo tempo giocato interamente per lo zero a zero, possesso palla lasciato in comodato d’uso agli avversari, disimpegni alla viva il parroco, ripartenze belle e disperate alla Fuga per la vittoria, ma soprattutto due tiri in porta-due gol.

La Lazio di Pioli invece, forse innervosita dalle molte polemiche pre-gara è apparsa reattiva ma poco cinica e ancora meno lucida, e ha prestato troppo il fianco al contropiede romanista

Buffo come in realtà tutto questo debba essere visto come una bella notizia per gli uomini di Garcia, gambe così reattive e nervi così saldi si sono visti poche volte in stagione. La dimostrazione pratica sta proprio nell’atteggiamento di tre giocatori in particolare: in occasione del gol di Felipe Anderson Mapou, autore di una partita fino a quel momento stratosferica, sbaglia tutto, e l’azione della Lazio nasce da un dribbling fallito di Pjanic che fa recuperare palla ai biancocelesti.

Invece di assistere alla solita autoflagellazione psicologica però, pochi minuti dopo Pjanic confeziona su calcio piazzato un assist al bacio per uno Yanga Mbiwa in cui si è reincarnato Abel Balbo.

Una risposta emotiva che vale 50 milioni di euro.

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Tuttavia, con una provocazione, possiamo dire che gran parte del merito di questo riscatto finale va alla gestalt Serie A 14/15: raramente si vede una squadra così frastornata e in crisi di identità come quella giallorossa mantenere un secondo posto a suon di occasioni sprecate e prestazioni mortifere, mentre avversari che giocano meglio ne sprecano ancora di più, colpo su colpo. Insomma alle spalle della Juventus è stato come una Holyday on Ice in cui vinceva chi faceva meno capitomboli.

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Il riassunto migliore lo fornisce Daniele De Rossi a fine gara. Ok i festeggiamenti, ok la grande volontà, ma ricordiamoci che l’annata è stato tutto meno che trionfale, e che l’anno prossimo sarà necessario cambiare musica.

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E comunque “cacare”, non “cagare”.

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Bagnarsi tutti

Xavi — “Ci serve un regista? E allora prendiamo Xavi, perché stiamo ancora qui a discutere?” ho detto a mio fratello dopo la promozione della nostra squadra a Fifa15 Ultimate Team.

Dargli le chiavi del centrocampo dell’Aizen Team è stato il nostro piccolo tributo al genio. Nel frattempo, al Camp Nou, lo salutavano così.

Da luglio, Xavi sarà un giocatore dell’Al-Sadd, dopo 17 anni (24, se si considera la cantera) in blaugrana. Sono passati i Rivaldo, i Ronaldinho, i Messi, i Neymar, ma il cuore del Barcellona è stato lui, Xavier Hernández Creus da Terrassa. Catalano puro, incarnazione del genio, Xavi è il padrone del gioco, è il ragazzino che porta il pallone e decide quando e come giocare. Quella di sabato è stata la sua ultima partita in quello che è più che uno stadio per lui, con quella che, più che una maglia, è la sua seconda pelle (anzi, azzarderei che è proprio la sua pelle). Della partita importava poco ai 99.345 spettatori (per la cronaca, è finita 2–2, con rimonta salvezza del Depor): erano tutti lì a omaggiare Xavi, a salutare il capitano, a piangere con lui.

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Se non vi commuovete, siete delle brutte persone

Kloppo — Tempo di addii anche a Dortmund: dopo 7 anni, Jürgen Klopp lascia la panchina dei gialloneri. I suoi tifosi l’hanno salutato così.

Per evitare di scoppiare in lacrime (come Xavi), Klopp ha registrato prima il discorso di commiato: è rimasto in mezzo al campo, tra i suoi ragazzi, a guardare il suo faccione sul megaschermo, con la bocca semiaperta e gli occhi lucidi, mentre l’altro Jürgen, quello sul tabellone, tratteneva a fatica le lacrime man mano che il discorso andava avanti.

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Anche noi di Crampi amiamo il vecchio Jürgen. Sabato ci ha fatto commuovere, ma ci ha anche regalato un altro grande momento: gli hanno chiesto se sta imparando lo spagnolo (potrebbe andare al Real Madrid) e lui, ovviamente, sui fondamentali è preparatissimo.

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Cucciolo Josip — Una legge non scritta impone di ricevere valanghe di fischi quando un calciatore torna a giocare con una maglia avversaria nello stadio della sua ex squadra. A questa legge non si è sottratto Iličič. I fischi, però, sono durati ventidue minuti: Iličič calcia un bolide da trenta metri che Sorrentino potrà vedere solo qualche ora dopo, al rallenti.

Quei fischi, allora, si sono trasformati in applausi. Iličič si scusa e si commuove: la gioia per il gol è mutata in dispiacere per aver segnato alla propria ex squadra, per aver ferito i propri ex tifosi. Perché, in fondo, dietro quello sguardo algido, c’è un tenerone.

Leggende vecchie e nuove

Luca Toni

“Realizzare la propria Leggenda Personale è il solo dovere degli uomini. Tutto è una sola cosa. E quando tu desideri qualcosa, tutto l’Universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio”

Paulo Coelho

La Leggenda Personale di Luca Toni era evidentemente quella di raggiungere quota 150 reti in Serie A e farne più di tutti in questo campionato all’età di 38 anni. Nella cospirazione generale di tutto l’universo per fargliela realizzare hanno contribuito in maniera rilevante Max Allegri non facendo giocare Tevez contro il Napoli, l’arbitro Paolo Tagliavento annullando un gol regolare e non concedendo un rigore solare a Icardi contro il Genoa, e i difensori del Parma (Feddal nello specifico) prendendo la palla con le mani in area di rigore. Certo poi la testata del primo gol in stacco su Lucarelli la devi pure mettere, infatti ti abbiamo citato Coelho apposta.

Jonas Gutierrez — Quando si gioca con la retorica e le parole è molto probabile che esca una schifezza, quindi mi attengo alla fredda descrizione dei fatti. Jonas Gutierrez ieri è stato decisivo con un gol e un assist che ha permesso al Newcastle di battere 2–0 il West Ham e di salvarsi.

Gutierrez, come Francesco Acerbi, è tornato a calcare i campi di Premier dopo un lungo infortunio. Entrambi hanno sconfitto un cancro ai testicoli. Entrambi non devono essere considerati dei sopravvissuti, ma dei calciatori che hanno ancora tanto da dare. Noi diciamo invece “grazie”, perché si può parlare di storie bellissime anche senza ricorrere a banalità.

https://twitter.com/premierleague/status/602505045117112321

Samuel Eto’o — Quando Samuel Eto’o alzava la Coppa dei Campioni come cardine del Triplete Mouriniano, Maurizio Sarri doveva faticare da subentrato al Grosseto in Prima Divisione. Neanche un lustro dopo, al termine del pareggio tra Empoli e Sampdoria, l’attaccante camerunense ha voluto conoscere quello che probabilmente è stato il miglior allenatore della stagione. Segno che chi conosce di calcio non guarda ai palmares, e che Sarri avrà apprezzato, seppur nell’incredulità generale (sua e dei presenti alla conferenza stampa dove questo aneddoto è stato riportato).

Pippo e Carletto — Alcuni pensano che un campione debba abbandonare dopo essere giunto all’apice della sua carriera, così da rimanere del cuore dei tifosi solo nelle sue massime espressioni.

Esiti e partite pazze di fine stagione

Ritengo Weinzierl tra i migliori allenatori in Europa quest’anno, perché quando porti una squadra da zona retrocessione in Europa League da quinta (direttamente ai gironi) e finisci il campionato davanti al Borussia Dortmund e allo Schalke, ci sono solo applausi. E pensare che Weinzierl — all’Augsburg dal 2012 — aveva già ottenuto un miracoloso ottavo posto l’anno scorso. Quest’estate gli hanno venduto un paio di giocatori, ma lui non ha fiatato. Inoltre, ha battuto pure il Bayern Monaco nella sua 100° in Bundesliga, lui che da giocatore ha pure militato con il club campione di Germania. Discreta la festa in quel di Augusta.

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Notevole lo stile di Verhaegh a 0.23.

A metter il sigillo sul miracolo del quinto posto è stato Pierre-Emile Højbjerg, 19 anni e già titolare nella nazionale danese, di cui è innamorato Pep Guardiola. Il ragazzo è di proprietà del Bayern, ma è probabile che rimanga un altro anno all’Augsburg. Il legame tra il danese e Guardiola è fortissimo: un anno e mezzo fa il padre del giovane talento rischiava di non sopravvivere: fu Pep a consegnarlo ai medici del Bayern.

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Diverso destino rispetto a quello della squadra di Augusta, per lo Schalke 04. Partito a inizio anno per confermare il terzo posto dell’anno scorso (se non migliorarlo), a metà anno ha optato per l’esonero di Jens Keller. E chi è arrivato in panchina? Roberto Di Matteo, l’uomo che ha vinto una Champions grazie agli dei del calcio (la finale del 2012 rimane un mistero per me). Dopo quel glorioso trofeo, il tecnico italo-svizzero non ha trovato più gloria. Esonerato dal Chelsea, allo Schalke è riuscito nella mitica impresa di arrivare sesto. Ora se il Borussia Dortmund vincerà la Coppa di Germania sabato prossimo, lo Schalke dovrà iniziare l’Europa League dai preliminari. A luglio. Già m’immagino i caroselli per la gioia. Forse ci saranno a breve, perché la Bild assicura che l’esonero del tecnico è vicino. Bravo, Roberto. Dopo un girone di ritorno da 21 punti in 17 gare, il portiere Fahrmann è stato diplomatico:

«Abbiamo giocato di merda».

Proprio lo Schalke 04 è stato protagonista indirettamente della corsa-salvezza: sei le squadre coinvolte, seppur le posizioni di Paderborn e Hertha fossero abbastanza definite. Due gli scontri diretti: Hannover-Friburgo e Paderborn-Stoccarda. Il Friburgo di Streich è retrocesso dopo la sconfitta per 2–1 in casa dell’Hannover, mentre il Paderborn ha perso con lo stesso punteggio l’ultima contro la squadra di Huub Stevens. Da notare due cose:

a) appena fuori la Mercedes-Benz Arena dovranno fare una statua a Daniel Ginczek, autore di sette gol nelle ultime 10 giornate e che ha praticamente salvato lo Stoccarda da solo. L’attaccante ha segnato anche la rete decisiva al Paderborn. Ora rischia di tornare in estate al Borussia Dortmund, la squadra in cui è cresciuto.

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b) la sobrietà con cui l’account ufficiale del club ha appreso del 2–1.

https://twitter.com/VfB/status/602131813553803264

L’ultima di Stevie G — Di Stevie Gerrard abbiamo parlato ampiamente qui, ma non si può ignorare la sua ultima con il Liverpool. Una gara che in teoria non doveva dire molto: lo Stoke ha fatto un campionato tranquillo e ai Reds bastava una vittoria per garantirsi il quinto posto, valido per i gironi d’Europa League. Al tempo stesso, il capitano del Liverpool sperava di salutare tutti con un gol.

Il gol è arrivato, ma il resto non ha funzionato granché.

Un peccato, visto che ieri era anche il 10° anniversario dalla magica notte di Istanbul. Il Liverpool non è proprio sceso in campo al Britannia Stadium: i reds hanno incassato la loro sconfitta più pesante dal 1954 e perdono con sei gol a carico per la prima volta in 52 anni. Lo Stoke ha fatto un ottimo campionato, concludendo in nona posizione. Tuttavia, un 6–1 forse non se l’aspettava neanche Mark Hughes.

Il futuro di Gerrard è a Los Angeles. Dopo ieri, chissà quale sarà quello del Liverpool. Sterling ha rifiutato il rinnovo da 100 mila sterline a settimana, dicendo che “merita di più”. La squadra sembra essere senza una vera guida tecnica in campo. E Rodgers ha un futuro tutto da scrivere. Intanto i tifosi cantano il nome di Rafa Benitez, pronto a lasciare Napoli.

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Articolo a cura di Matteo Serra, Gabriele Anello, Sebastiano Bucci, Oscar Cini, Sebastiano Iannizzotto e Simone Vacatello

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