Lettera dal 1915

Crampi Sportivi
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3 min readJul 21, 2016

Qualche mese fa, a Villorba (Treviso), il signor Mario Pasin (85 anni) ha aperto la porta al postino. «Mario, c’è una lettera di Ferruccio». Fin qui, tutto bene. Invece, il signor Mario (85 anni) ha rischiato un infarto. Ferruccio, suo fratello, non c’è più da trentacinque anni, e non solo: quella lettera di anni ne ha settantuno perché Ferruccio l’ha scritta nel 1945, nel campo di concentramento di Luckenwalde (Berlino) da cui qualche mese dopo è riuscito a tornare a casa, la casa verso la quale aveva spedito quella lettera e che non esiste più da tanti anni (ma i postini di paese la sanno sempre più lunga dei vecchi indirizzi sbiaditi).

“Ferruccio, ti ricordi com’era bella l’Italia?”: risuona quasi straziante questa domanda in un racconto di Antonio Tabucchi e no, l’Italia del 1945 non aveva nulla di bello se non la speranza, ma teniamo solo parte della domanda, solo quel “ti ricordi” e diciamo che se — a volte — i ricordi hanno bisogno di un aiuto, quell’aiuto — a volte — incredibilmente arriva.

“Caro padre trovandomi qui io sto bene e cosi spero sia di voi. Tutti voi mi farai sapere come va da quelle parti, non pensare per me che me la campo. Speriamo presto di riabraciarsi un bacio a tutti tuo Ferruccio”.

Oppure:

“Infiniti auguri di un Nuovo Felice Anno 1955”

(cartolina arrivata all’Hotel Canali di Rapallo nel 2014)

“Cara moglie, scrivo queste due righe per farti sapere della mia buona salute e così spero anche per te. Vi scrivo così spero che mi potete spedire il poco di pane e tabacco e formaggio”

(lettera arrivata dopo settant’anni, spedita dal campo di lavoro di Dortmund nel 1944)

Ora: di storie così ce ne sono moltissime, lettere e cartoline ferme, perse, riapparse. Lettere e cartoline. Scudetti, meno.

“Caro tifoso laziale dell’anno 1914–15, ti ricordi?”. No, non ti ricordi, non ci sei più. E con te non c’è più quella Lazio 1914–1915: Rossi, Serventi (portieri); Amici, Bona, Furia, Levi, Maranghi, Saraceni II, Terrile (difensori); Caporali, De Gubertinis, Di Napoli I, Di Napoli II, Donati, Faccani, Grasselli, Zucchi (centrocampisti); Bocca, Consiglio, Coraggio, Corelli, Cella, Fioranti, Furia, Raffo, Saraceni I, Zoppi (attaccanti). Quella Lazio in cui tanti sarebbero, di lì a poco, partiti per il fronte, quella Lazio i cui campi da gioco sarebbero diventati orti coltivati per la popolazione romana.

Uno dei problemi del 1914/15 è che non esistesse Amazon Prime. E così, adesso, tifoso laziale, ti tocca aprire una busta indirizzata a te che ancora non c’eri: l’indirizzo sei diventato tu, dentro c’è uno scudetto da cucirti sul petto. Tra pochi giorni, quando la notizia sarà ufficiale, ci sarà da festeggiare la vittoria di un campionato in assenza di squadra e tifosi.

“Chi testimonia per i testimoni?” è la domanda angosciata del poeta Paul Celan: chi festeggia per i vincenti che non hanno saputo di esserlo? Vai a piazza del Popolo, tifoso laziale, preparati una risposta sull’assassinio dell’arciduca, sei interventista o neutrale? Non ti appoggiare al bancone del Caffè Rosati: non esiste.

Non puoi farti selfie, non puoi rivedere su Youtube i goal della stagione appena trascorsa, il cellulare si dissolve dalle tue mani. Il mondo come lo conosciamo è a un passo dal baratro, non sai che secolo si prepara. Non ricordarti del futuro: non sarà migliore.

Tuttavia negarti un applauso, oggi, è impossibile.

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