L’India per trionfare, cambiare per la storia

Crampi Sportivi
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6 min readNov 2, 2013

Ci sono due momenti che possono far capire l’attuale stato della Formula 1 e come essa sia nelle mani di un solo uomo. Primo, 21 settembre 2013: Sebastian Vettel fa il suo giro nella Q3 ed è primo. Tuttavia, invece che fare un secondo tentativo, scende dalla macchina ed assiste senza casco all’ennesima pole conquistata. Secondo, 26 ottobre 2013: dopo la pole position conquistata in India, il pilota della Red Bull esulta con moderazione. Potrebbe andarsene alle verifiche del peso, ma non lo fa: si scambia un “cinque” con un ingegnere, che però gli passa immediatamente un piccolo ventilatore. Il tedesco lo prende e lo porta accanto ai freni, in modo da raffreddarli adeguatamente dopo una qualifica intensa. Questi due momenti, presi insieme, fotografano abbastanza bene come la Formula 1 sia in mano ad un despota con una macchina fantastica. Mai detto fu più veritiero come quello della famosa pubblicità: «Red Bull ti mette le aaaaaliiii». Non avevano tutti i torti: che si fossero già portati avanti con il lavoro?

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Qualcuno si è portato avanti il lavoro: già pronte le magliette per il quinto Mondiale di Vettel.

Tuttavia, sarebbe ingiusto dare i meriti unicamente alla macchina: la verità è che Sebastian Vettel è un grandissimo pilota. Non so se il migliore del Circus, non si può dire se il migliore della storia (visto che quest’ultima è ancora da scrivere: il tedesco ha soli 26 anni!), ma sicuramente un fenomeno della velocità. I record da lui stabiliti sono molteplici, alcuni ancora in corso di realizzazione.

Magari non troppo abituato alla bagarre, ma capace di far segnare giri veloci e di essere un martello sul tempo. Come lo era il suo connazionale Schumacher, la cui era in Ferrari è tanto simile a quella attualmente in corso con il duo Vettel-Red Bull. E come Barrichello non vinceva mai un Mondiale, Webber concluderà la sua carriera in F1 a breve senza un alloro. Sebbene l’australiano ci sia andato molto più vicino, quando nel 2010 era quasi campione ad Abu Dhabi: invece, il tedeschino mise la freccia su lui ed Alonso, che si marcavano a vicenda, e vinse il suo primo Mondiale.

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Vettel: «Mò te piglio». Schumacher: «Eh, te piacerebbe…».

Tre anni dopo, eccoci qua a festeggiare sempre lo stesso finale: Vettel campione del mondo 2013. Ormai è come lo slogan di una pubblicità che conosci a memoria: inizia con la gara, in cui il pilota Red Bull parte spesso in pole. Spesso passa la prima curva da primo, poi domina con i suoi giri veloci ed infine ti ritrovi con l’inflessione tedesco-austriaca sul podio più alto. Per altro, Vettel ha chiuso il Mondiale proprio in India, dove ha vinto unicamente lui: tre edizioni del GP, tre vittorie del tedesco. Tanto varrebbe rinominarlo “Vettel’s automatic win GP”. Forse lo scenario più giusto per chiudere questo campionato, dominato come la gara in India. L’ultima volta che Austria e Germania avevano collaborato a produrre qualcosa di grande i risultati erano stati Hilter e il Nazismo: diciamo che sempre di dittatura si parla, ma c’è andata decisamente meglio.

La prima vittoria di Vettel: è il 2008, Monza accoglie la nascita di questo campione.

Già, perché forse la verità è che dobbiamo capire non tanto se Vettel abbia meritato o meno questi quattro titoli mondiali: su questo, pochi dubbi. Semmai bisognerà capire quale sarà la legacy, l’eredità che il tedesco lascerà a questo sport. Nonostante i quattro titoli conquistati, la sensazione è che la gente non lo viva come un vero campione, ma come uno capitato sulla macchina giusta al momento giusto. Persino il prode Alonso — ancora una volta sconfitto, forse anche sottotono nelle ultime gare — ha fatto bene in Renault, in Ferrari e in McLaren. Per questo, tutti lo vivono come un mastino della velocità. Vettel no. Vettel è come Light Yagami: un ragazzino scaltro, presuntuoso, che ha avuto in mano il “Death Note” e che ha vinto solo per questo.

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La miglior sintesi dell’attuale situazione in Formula 1.

Forse, però, andrebbe rivista questa teoria. Ripetiamo: quattro mondiali non si vincono per caso. Nel 2010, è arrivato per caso; nel 2012, in Brasile ha rischiato. Ma quelli del 2011 e di quest’anno sono stati dominati; inoltre, ci sono dei numeri da capogiro a confermare il talento del ragazzo. Sono passati sette anni da quando si presentò alle prove libere di Indianapolis con la BMW: era un perfetto sconosciuto, ma si vedeva che aveva stoffa. Tutti lo ripetevano: lo hanno detto quando ha vinto con la Toro Rosso la sua prima gara, in una Monza fradicia ed insidiosa. Lo hanno detto quando ha vinto il suo primo Mondiale. E lo diranno ancora, perché uno così non si ferma certo a quattro titoli e tante pacche sulla spalla.

Forse, quello che gli manca è la capacità di mostrarsi più umano: sembra un ragazzo simpatico, ma non si mostra mai come attaccato al pubblico. Tanto che si è beccato più di un fischio in qualche circuito (ex. a Silverstone come a Monza). Invece, in India, ha fatto un burnout, ha celebrato con i tifosi, si è inchinato davanti alla sua Red Bull: si è finalmente mostrato umano e non un automa il cui unico obiettivo è stracciare la concorrenza. Anche questo, in fondo, fa bene alla F1.

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Vettel ringrazia la Red Bull a fine gara: è un legame vincente.

Resta da capire sempre che cosa ci lascerà Sebastian Vettel: alfiere di una macchina invincibile o campione assoluto, a prescindere dal mezzo? La verità è che lo sapremo solo tra qualche anno. Per ora, è “solo” il terzo pilota ad aver vinto più titoli mondiali. A voler esser onesti, però, c’è un modo perché Vettel rimanga indelebilmente nella storia: cambiare scuderia. Lo hanno fatto tutti. Lo fece Schumacher nel 1995, quando capì che la Benetton stava perdendo potenziale e che riportare la Ferrari in auge lo avrebbe reso immortale. Lo fece Alonso nel 2006, quando comprese come restare in Renault sarebbe stato controproducente.

Per spostarci di sport, l’ha fatto anche Valentino Rossi nel 2003, quando la Honda gli aveva già dato tutto quello che voleva e far vincere la Yamaha sarebbe stata un’impresa. Insomma, Vettel avrà pur trionfato in India, ma per restare nella storia bisognerà fare molto di più. Le candidate principali per accoglierlo sono due: la Ferrari e la McLaren. Vedremo se e chi avrà la meglio in questa corsa. Fare queste imprese su due macchine diverse, per quanto forti, sarebbe straordinario. E non ci sarebbero più “lattine” a tenerlo lontano dai libri di storia.

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Sebastian Vettel, 26 anni, festeggia il quarto titolo mondiale in India.

Gabriele Anello Presunto giornalista. La Roma ha Gervinho, l’Inter ha Jonathan, a noi ci è toccato lui @nellosplendor

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