Liturgia lituana

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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8 min readAug 2, 2016

Incrocio tra Švenčionių gatvė e Mielagėnų gatvė, Vilnius. Un pallone a spicchi viene accarezzato ripetutamente da una mano che poco tempo fa avremmo definito bambina. Šarūnas, 13 anni, sta cercando di migliorare il suo palleggio. Sogna di diventare un giorno un giocatore professionista, magari famoso come quel Marčiulionis di cui lo stesso porta il nome. I genitori amano il basket, come tanti altri da queste parti, e hanno scelto Šarūnas come nome, proprio in onore della guardia tiratrice passata dall’NBA con le maglie di Golden State, Seattle, Sacramento e Denver. Unico, insieme al padre del basket lituano Arvidas Sabonis, a far parte della Naismith Memorial Basketball Hall Of Fame.

Il piccolo Šarūnas, ogni giorno, concluse le lezioni a scuola, torna a casa: dopo aver pranzato, scappa dietro al suo pallone fino al playground più vicino, proprio dove l’abbiamo trovato oggi. E proprio come oggi si cimenta in una sessione di almeno un’ora per migliorare il suo ball handling. È ripetitivo, metodico, determinato, ma qui sembrano tutti così, fin da bambini, a ogni latitudine di questa piccola repubblica baltica.

Nello stesso momento, a Kaunas, precisamente in un playground lungo Pašilės gatvė, Kęstutis Šeštokas sta giocando un tre contro tre in mezzo a vecchi amici. Si è ritirato ormai da quattro anni, nel 2012: la pancia si è arrotondata e i muscoli non sono più massicci come una volta, ma l’amore per il gioco non è passato mai. Sono passati quasi vent’anni, invece, da quando con il suo Zalgiris Kaunas conquistava l’Eurolega, battendo in finale la Virtus Bologna di coach Ettore Messina. Come ogni giocatore di quella grande squadra, viene rispettato e venerato tuttora. Questo non vuole dire, però, che i suoi amici, al campetto, gli rendano la vita facile.

Non solo Vilnius, non solo Kaunas, la pallacanestro permea l’intera Lituania. Per farvi capire, la guida Lonely Planet recita: “La pallacanestro in Lituania è considerata una sorta di religione”. Niente di più vero.

Ma se il paragone religioso qui è così calzante, allora dobbiamo passare obbligatoriamente per la figura del primo messia: Frank Lubin. Dal nome non si direbbe lituano, e infatti non lo è. Frank è nato negli States, ma le origini da parte paterna sono baltiche. Dopo aver vinto l’oro olimpico con la nazionale statunitense a Berlino nel 1936, Lubin intraprende un viaggio nella terra d’origine con il padre, la moglie e la cognata. Il treno su cui viaggiano, però, deraglia e la cognata di Lubin si frattura una gamba.

Devono così fermarsi per tre mesi e mezzo a Kaunas. Il padre torna negli USA, mentre Frank rimane in Lituania con la moglie e la cognata per altri tre mesi. Gli offrono anche di allenare dei ragazzi locali, li prepara così bene che insieme riescono a battere i campioni in carica dei Latvians. Tale impresa colpisce la federazione lituana, che gli chiede di rimanere. Al rifiuto di Lubin, gli propongono di tornare per gli Europei e il giocatore statunitense promette di pensarci.

Il padre e una lettera dal governo lituano lo convinsero a ripartire per l’Europa nel 1938, appena un anno dopo essere tornato negli States. Allenò, quindi, i giovani lituani per un anno, poi si occupò di scegliere i 14 che avrebbero rappresentato la Lituania agli Europei 1939, disputati in casa, in cui vinsero tutte e sette le partite del girone, conquistando il secondo Europeo consecutivo, dopo quello del 1937. Per questo Frank Lubin (o Pranas Lubinas, in lituano), è considerato il nonno di tutto il movimento cestistico lituano.

Dopo queste imprese la Lituania sparì, inglobata nell’URSS per mezzo secolo. Non ci sono stati sviluppi fino al 1990: dopo il crollo del muro di Berlino, la Lituania ottenne l’indipendenza dall’Unione Sovietica e si riformarono le sue nazionali sportive. La figura attorno a cui ruota questa nuova generazione di pallacanestro in Lituania è il già citato Arvidas Sabonis. Se Lubin è il nonno, il “principe del Baltico” è sicuramente il padre del basket lituano.

Inutile elencare tutti i premi e le onorificenze ottenute in carriera: stiamo parlando del miglior centro europeo della storia del gioco. Bill Walton lo definì un Larry Bird da 2 metri e 20: aveva dei fondamentali di tiro e di passaggio mai visti prima (al mondo) in un lungo di quella stazza. Con lui la Lituania partecipò alla sua prima manifestazione, l’Olimpiade di Barcellona 1992, dove vinse subito la medaglia di bronzo, allenata da Vladas Garastas.

In questa prima nazionale indipendente dalla compagine sovietica, il talento era riassunto soprattutto nelle mani di Marciulionis e Sabonis appunto, ma il roster prevedeva anche giocatori del livello di Karnisovas e Kurtinaitis. Così l’8 agosto 1992 alle ore 13:00, nella finale per il bronzo, la Lituania batte la Squadra Unificata 82–78 al Palau d’Esports, conquistando la sua prima medaglia olimpica.

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Dopo un argento agli Europei del 1995 in Grecia, si presentano all’Olimpiade di Atlanta del ’96 ancora più competitivi. Coach Garastas ha aggiunto il tiratore Štombergas e i due fratelli Žukauskas alla spedizione: con questo team, il tecnico riesce ad arrivare di nuovo al bronzo, con una super partita in finale di Sabonis. 30 punti, 13 rimbalzi e Australia battuta 80–74.

Per capire di chi stiamo parlando.

Colui che tirerà le fila della nazionale lituana, ma anche del basket europeo in toto, per il primo decennio del nuovo millennio. Una mente superiore, visionaria e futuristica. Una personalità fuori dal comune. Riscriverà le regole del ruolo, vivendo una carriera da precursore di quello che noi oggi, ammirando le gesta di Steph Curry, intendiamo come playmaker. Signore e signori, Šarūnas Jasikevičius.

Nel girone i lituani battono Nuova Zelanda, Cina e Francia, ma perdono contro USA e Italia. Jasikevičius agisce sotto traccia, senza prestazioni esaltanti, ma con la solita personalità da leader. Arrivano i turni a eliminazione diretta Nei quarti di finale incontrano la Serbia, una squadra fantascientifica con Danilovic, Stojakovic, Bodiroga, Obradovic e Rebraca. Jasikevičius allora sale in cattedra: nel 76–63 finale a favore della Lituania, 18 punti sono suoi, 5 rimbalzi e 4 assist fanno da contorno.

In semifinale la grande occasione: arrivano quegli USA che non sono parsi così superiori nel girone. Sono forti eh, i nomi ci sono — da Kidd a Payton, da Garnett a Vince Carter — ma una squadra organizzata come la Lituania può competere alla pari. È il 29 settembre 2000 e al Sidney Super Dome sono presenti 14653 spettatori: lo spettacolo è davvero dei migliori. La partita nasce in salita per la Lituania, all’intervallo sono sotto 48–36.

Ma se c’è una cosa che i lituani non fanno è tirarsi indietro e arrendersi in un momento di difficoltà. E allora avanti con la rimonta fino all’80–80 a un minuto dalla fine. Poi…

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Il triste epilogo: un tiratore come Šiškauskas fa 1/3 dai liberi dopo un fallo di McDyess sul suo tiro da tre punti. Da rimessa dal fondo, Garnett intercetta una palla sanguinosa e subisce fallo, ma fa 0/2. Peccato che McDyess prenda il rimbalzo offensivo e porti la partita sul 81–84 per Team USA. Jasikevičius accorcia a 83–84, e si fa subito fallo su Kidd. 1 su 2 dalla lunetta del play, e sull’errore marasma generale per terra per recuperare il possesso. Se ne viene fuori con una palla a due, in cui McDyess invade illegalmente lo spazio aereo di Šiškauskas.

La nazionale da questa Olimpiade ha assunto una nuova forma: non c’è più un centro di riferimento come Sabonis, ma la leadership tecnica ed emotiva è affidata al play giramondo con formazione cestistica statunitense. Intorno a Jasikevičius, coach Kazlauskas prima e coach Sireika poi, hanno sempre messo un arsenale di tiratori semi-infallibili, pronti a usufruire delle invenzioni che sgorgano dalle mani del playmaker.

Questa formazione per tutto il decennio e oltre, verrà sempre ritenuta una delle top 5 al mondo. Tuttavia, dal punto di vista dei risultati non arriveranno vittorie che porteranno a compimento le carriere di una generazione di campioni incredibili. La Lituania riuscirà a vincere l’Europeo nel 2003, otterrà un bronzo a quello del 2007 e un altro terzo posto ai mondiali in Turchia del 2010, ma a livello olimpico non arriverà più alcuna medaglia.

Ciò nonostante, alcune partite di Jasikevičius non possono essere dimenticate. Ad Atene 2004, gli capita subito la possibilità di vendicare quel tiro da 3 sbagliato nel finale. Nel gruppo la Lituania è di nuovo insieme a Team USA. La formazione lituana è di livello assoluto: a fianco di Šarūnas Jasikevičius, ci sono Macijauskas, Štombergas, Šiškauskas e Songaila. Con i tiratori la Lituania domina il girone con 5 vittorie su 5, tra cui, appunto, la vendetta di Jasikevičius contro gli Stati Uniti.

https://www.youtube.com/watch?v=HJO5ygaLKoI

32 minuti giocati, 9/14 dal campo, 7/12 da 3, 3/3 dalla lunetta: 28 punti finali con 4 assistenze. Una partita illegale.

A Pechino 2008, Jasikevičius ha 32 anni, potrebbe essere l’ultima sua Olimpiade. Come al solito, la Lituania, domina il proprio girone, con quattro vittorie e una sconfitta. La squadra è come al solito formata da un nucleo di tiratori intorno a Jasikevičius. In particolare, anche nel back court vengono inseriti giocatori con grande tiro come Lavrinovič e Kleiza, oltre alla new entry Rimantas Kaukenas, molto ben conosciuto in Italia. Ai quarti si liberano della Cina di Yao in scioltezza e si arriva alla semifinale contro la Spagna di Pau Gasol.

La semifinale è una partita punto a punto dal primo all’ultimo minuto, le due squadre si equivalgono. Gasol fa il Gasol, Rudy Fernandez lo aiuta, ma dall’altra parte Jasikevičius è coadiuvato da Jasaitis e Lavrinovič. Sia a metà partita che a inizio ultimo quarto la Lituania ha la testa avanti, ma come al solito qualcosa rovina i sogni baltici. Questa volta è un mirabolante ultimo quarto dominato 29–20 dagli iberici, che passano in finale col punteggio finale di 91–86. E così l’abbonamento alla “finalina” vale per l’ennesima Olimpiade, ma come detto il bronzo non arriva nemmeno a Pechino. L’Argentina, seppur priva di Ginobili, riesce a conquistare la medaglia 87–75.

Alla XXX Olimpiade di Londra Jasikevičius partecipa da “comprimario”, più per questioni di spogliatoio e leadership che altro. Infatti riesce ad andare in doppia cifra solo nello scontro del girone contro la Tunisia, una delle uniche due partite che la nazionale baltica riesce a vincere in terra inglese. Si qualificano come quarta e ultima squadra nel girone dietro a USA, Francia e Argentina, e così trovano la vincente dell’altro girone nei quarti di finale. A sorpresa questa è la Russia di Kirilenko, che nel girone viene sorpresa solo dall’Australia. La partita contro i loro ex “fratelli” sovietici pone fine alla carriera di Saras in nazionale: la numero 13 non verrà mai più indossata da un giocatore di quel livello.

Ormai la squadra è in mano a Mantas Kalnietis e ai suoi giochi a due con Jonas Valančiūnas, centro dei Toronto Raptors. Al loro fianco la solita serie di tiratori affidabili, con i quali hanno raggiunto due finali consecutive agli ultimi europei 2013 e 2015. Saras ha lasciato il comando di una nazione intera a un pugno di giovani talentuosi e molto ben addestrati, che si apprestano nei prossimi giorni a provare l’impresa di tornare sul podio olimpico dopo 16 anni dall’ultima medaglia.

Nel 2014, poi, c’è stato il ritiro dal basket giocato di Jasikevičius, a cui tutti, ma veramente tutti, hanno reso onore. Come testimonia anche il tweet di Flavio Tranquillo, Saras ha fatto amare il gioco un po’ a tutti, non solo ai lituani.

https://twitter.com/quieto62/status/494213063034167298?ref_src=twsrc%5Etfw

“Le mie fonti negli States, dove Šarūnas giocava, mi parlarono del suo talent e mi mandarono qualche video, ed è vero che mi è piaciuto subito. Ho avuto anche qualche report dalla Lituania, ma decisi di vederlo live a EuroBasket 1999 in Francia. Ho speso 10 giorni seguendo Šarūnas, ma non giocò molto, non abbastanza da convincermi. Ho dovuto fidarmi dei video e del mio istinto. Decisi di firmarlo e posso dire con sicurezza che fu una delle migliori decisioni della mia vita. Šarūnas era un giocatore incredibile, aveva tutto: talento, tecnica, personalità, leadership… Era anche un gran lavoratore. Per me, è nella Top 10 dei migliori cestisti europei di tutti i tempi”.

E se nel lontano 1999 forse solo il suo scopritore Zmagoslav Sagadin, allenatore dell’Union Olimpija credeva così fermamente in Jasikevičius, ora a due anni dal suo ritiro, quella top 10 nella quale lo inserisce “Zmago” forse possiamo restringerla a top 5, e possiamo anche affermare con certezza che un giocatore del genere passa davvero poche volte, forse una sola…

Matteo Confalonieri — Comasco di nascita, romano d’adozione, ingegnere e cantante per passione, ex playmaker che in gioventù annullò Gallinari.

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