Lonzo e i suoi fratelli

Crampi Sportivi
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4 min readJan 17, 2017

Il dissenso sulla costa Ovest si manifesta attraverso banner espliciti. Sono visibili da tutti, portati avanti da un aereo pilotato da chissà chi, che espone alla pubblica gogna l’allenatore di uno dei licei più vincenti della storia del basket americano.

Steve Alford sa di essere un uomo sulla graticola: la terza stagione dell’ex Hoosier nell’alma mater storica di giganti (nel senso del talento) NBA — come Kareem Abdul-Jabbar, Kevin Love e Russell Westbrook — si è chiusa con un deludente record di 15–17 (6–12 se prendiamo solo e l’esclusione dal Torneo, dove negli due anni i Bruins si erano almeno fermati alle Sweet Sixteen).

Tra le critiche più pesanti mosse all’allenatore c’è stata quella di far sì che il gioco vertesse fin troppo sul figlio Bryce, abbandonato nel pantano del ruolo di playmaking a lui non troppo congeniale.

Gli attacchi al nostro venivano effettuati anche tramite cingolati, non solo con la contraerea.

Per i sopracitati motivi, la stagione 2016–17 non sarebbe stata affatto semplice. Ma in una complessa relazione tra padri e figli, in un sistema che è dinastico come spesso il mondo del NCAA tende a essere, è qui che subentra un altro livello forgiato da relazioni complesse tra padre e figlio. Perché l’influenza paterna su Lonzo Ball, freshman al primo anno, è a dir poco fondamentale.

Suo padre, Lavar, è un ex-guardia da Washington State e gli regala il primo pallone quando ha appena due anni. Il modello ricorda da vicino il padre-padrone narrato da Agassi in “Open” e, rimanendo al basket, quello di Pete Maravich. Il trionfo come ossessione, il basket come ragione di vita ottenebrante. Insieme a Lonzo vengono in vorticati anche i due fratelli più piccoli — reggetevi forte! — …LiAngelo e LaMelo.

I tre giocano assieme e conquistano coppe su coppe nei campionati regionali della contea di Anaheim: trofei che non vedranno mai perché il padre, per costruire una mentalità vincente, quelle coppe in casa non le farà mai entrare. Alford fiuta l’affare e si butta: il risultato è che Lonzo arriva subito, nel 2017 toccherà a LiAngelo e LaMelo nel 2019 (quest’ultimo, intanto, mette tiri da metà campo sbeffeggiando gli avversari).

D’altronde il margine per la scommessa è ridotto: di Lonzo si parla da almeno due anni. Il suo ultimo anno a Chino Hills lo ha visto chiudere in tripla doppia di media, con 23.9 punti, 11.3 rimbalzi e 11.7 assist a ogni allacciata di scarpe. Le chiavi dei Bruins sono ufficialmente sue, anche se l’impressione è che sia un solo giro di giostra prima di essere chiamato nei pro. Ma cosa come si caratterizza davvero il gioco di Ball?

Assist machine

In un mondo spesso estremizzato da individualismi estremi, Ball scaccia subito via gli stereotipi sul playmaker pure-shooter in questo promo prima del MacDonald All American, la maggior vetrina per i ragazzi del college.

https://www.youtube.com/watch?v=ud9nuf5Gm-Y

L’assist per Ball non è mai superflua ricerca dell’effimero statistico, bensì il risultato finale. E se è vero che è il secondo assist-man di tutta la Division One a 8.8 di media, è anche vero che il dato non deve troppo pesargli.

La facilità di soluzioni che Ball ha al momento del rilascio è data anche e soprattutto dal fatto che questi Bruins sono stati costruiti in sede di scouting come squadra che si adattasse a un sistema di run’n’gun. Questo senza che però i “7 seconds or less” prevedano un dogma fisso e quindi sono adattabili offensivamente da una gamma di opzioni pressoché illimitate: la potenza di fuoco è aumentata da Alford in posizione di guardia e da Aaron Holiday (fratello di Jrue dei Pelicans), Isaac Hamilton e dall’altro freshman terribile, un T.J. Leaf il cui arsenale offensivo è stato il surplus odierno dei Bruins, miglior attacco della Division One con oltre 96 punti a partita.

Oltre ai punti che è capace di far fare ai compagni, sorprende anche la facilità con cui riesce a farne lui. Dotato di un ball-handling impressionante, ci sono momenti in cui — nella rara incapacità di creare gioco — è Ball a crearsi l’opportunità di segnare, con una facilità che ricorda Steph Curry. Accostato per la facilità di tripla doppia al Kidd dei primi anni di liceo, rispetto all’attuale coach dei Bucks sembra che il giocatore sia addirittura più avanti nella costruzione di una meccanica di tiro efficace.

https://www.youtube.com/watch?v=Tn04bC004tw

Impressiona il fatto che, per costruzione della personalità, il personaggio non è mai fuori controllo: non una parola fuori posto, non una giocata sporca, ma neanche un accesso di esultanza adrenalinica.

https://www.youtube.com/watch?v=0ObNQap4_Y0&t=21s

Con un record di 18–1 e gli ultimi scalpi eccellenti di Kentucky e Michigan, al Pala Pavillion sembra tornato il sereno: UCLA è solida, solidissima candidata ad andare non solo al torneo, ma anche a essere una delle quattro finaliste. Non solo: secondo The Ringer, Lonzo Ball è accreditato di una chiamata number 3 al NBA Draft 2017 (e siamo solo a gennaio).

E magari dopo Lonzo, questo a Los Angeles potrebbe diventare un bel deja-vu dinastico con LiAngelo e LaMelo, fratelli fortissimi da nomi rivedibili.

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