Lookbook serie A. Piccolo atlante delle maglie del campionato

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
8 min readAug 29, 2014
maglie evidenza

Il calcio non è semplicemente uno sport. Non è un gioco che si esaurisce nell’inventario delle proprie regole. Il calcio è quell’universo immaginifico di passioni, deliri, ricordi, contraddizioni, fatto di dettagli e sottigliezze estetiche, in cui la bellezza e l’orropilanza prendono posto, in egual misura, l’una affianco all’altra. Le forme, i colori, i simboli e le figure compongono quell’immaginario da cui prende vita l’idea di un’appartenenza, di un’adesione a qualcosa di più grande: la propria squadra. E la maglia è l’emblema di questo universo, la sintesi di valori campanilistici e di una precisa concezione dell’eleganza. Feticcio estetico, segno di distinzione dal nemico e di ricoscimento con l’amico, la maglia va difesa, onorata, rispettata, innalzata come un vessillo. E’ alla maglia che ci si attacca e a cui si dimostra fedeltà e amore, costi quel costi, fino alla fine della battaglia, contro tutto e tutti. Persino quando gli addetti al marketing della tua società, in nome dello swag, optano per il total look villi-intestinali-al-microscopio.

Con il campionato di serie A alle porte, abbiamo passato brevemente in rassegna le piacevoli o imbarazzanti novità negli outfit della stagione 2014–2015, cercando di carpirne i profondi valori estetici e rituali che vi si associano inestricabilmente, per farvene dono.

Uno sguardo local

Abbiamo detto campanilismo. Ma di questi tempi sarebbe più corretto parlare di local, meglio ancora se declinato in senso glocal. La terza maglia dell’Atalanta ci dà la perfetta definizione di questo sfuggente concetto, unendo l’inequivocabile saper fare di una grande multinazionale, la Nike, all’attenzione per la dimensione locale, in questo caso Bergamo. Ne risulta un mix sapientemente equilibrato: la scelta minimal della tinta unita, senza orpelli, esalta la tonalità dell’arancione da colonnina autostradale SOS visibile da chilometri e chilometri, scelta ad hoc per i rigidi e nevosi inverni del bergamasco. Indossatela per essere sempre al top, mentre posizionate il triangolo catarifrangente ad almeno cinqunta metri dal vostro veicolo in panne sulla A4.

atalanta neve

Altra interpretazione dello stesso concetto ce la fornisce la prima maglia del Chievo Verona, seppur in chiave un tantino più paracula. La scelta è decisa e univoca nella direzione del recupero delle tradizioni: la divisa è praticamente la stessa dello scorso anno, tranne per il colletto. Esclusa ogni deroga ai colori sociali, la maglia presenta, oltre lo sponsor Paluani, il logo della società in dimensioni notevoli, dove non possiamo non cogliere un certo indugio sull’atmosfera da giostra medievale — tipica della città di Verona — che strizza maliziosamente l’occhio all’infoiato pubblico di Game of thrones.

chievogame

Il richiamo al territorio e alla sua storia lo predilige anche il neopromosso Cesena. La terza maglia è stata infatti dedicata all’indimenticato ciclista cesenate Marco Pantani, e per onorarlo il club ha scelto una tonalità “Maglia rosa”. Una scelta che mira al pubblico più romantico e sentimentale — dentro e fuori il calcio –, oltre a rappresentare una netta e coraggiosa presa di posizione politica contro gli stereotipi di genere, ancora così tristemente diffusi nell’industria della moda.

cesena1

Galeotto fu lo sponsor

Ma galeotto nell’accezione meno letteraria del termine, quella di “furfante, uomo degno della galera”. Il primo esempio di scempio estetico delle divise causato dallo sponsor è sicuramente quello dell’Hellas. Evidentemente lassù a Verona devono avere un problema di dimensioni — o di vista — dato che amano coprire la superficie della maglia in modo che quello che c’è sopra non passi inosservato. Nel Chievo era il simbolo; qui troviamo un invadente logo della Franklin&Marshall, a ricordarci il ruolo centrale e — dato il posizionamento, dalla bocca dello stomaco fino al’ombelico — vagamente indigeribile del capitalismo nel gioco più bello del mondo. Perfette però, sia la prima che le seconda, per le vasche al centro commerciale, in sobrio abbinamento ai vostri Carrera specchiati.

hellas

C’è poi il caso di quelle maglie che di per sé non sarebbero brutte o ineleganti, ma che risultano marcate a fuoco proprio dallo sponsor che, paradossalmente, le foraggia. Un primo esempio: la divisa del Parma con la scritta “Folletto”, che subito evoca tutto un universo semantico che va dallo scazzo (delle faccende domestiche) fino all’invadenza (dei venditori porta a porta), passando per la tristezza (della condizione lavortiva dei suddetti venditori, almeno nell’immaginario comune). O ancora quella dell’Udinese, che con la combo “Dacia-Upim” vince, senza dubbio e a mani basse, il premio “maglia più mestamente proletaria” del calcio mondiale.

parma udinese

A concludere la sezione “horror brand” c’è la divisa del Sassuolo. Nella scritta MAPEI buttata là, al centro della maglia, senza se e senza ma, certo non rileviamo un gran esempio di stile. Ma vi si scorge tutta l’insolenza e la tracotanza della piccola realtà imprenditoriale italiana appena reduce dal proprio salto di qualità, di fronte alla quale non possiamo che scioglierci in un tenero sorriso. Da notare come, anche nell’immagine di presentazione delle maglie firmate Sportika, si presenti lo stesso retrogusto di amatorialità, con il logo applicato graficamente à la “cazzo de cane”.

sassuolo

Speciale terza età

Nel mondo postmoderno la categorizzazione delle età della vita è divenuta frastagliata e sfuggente: si vive un numero di anni spropositati e la vecchiaia, oramai, dilaga anche tra molti giovani. Lazio e Milan hanno annusato il trend e si sono fiondate su questa fetta di mercato in crescita esponenziale. Un po’ timidamente la Lazio: per la prima divisa opta per una bella e classica maglia azzurra con colletto bianco, per la seconda inaugura l’accoppiata amaranto-azzurro, e solo come terza scelta osa con le righe verticali celesti ben distanziate tra loro, ideali per l’aperitivo alle macchinette del reparto di cardiologia.

lazio-terza

Molto più coraggiosa, invece, la scelta del Milan. La prima maglia porta finalmente a compimento il percorso intrapreso lo scorso anno, con l’assottigliamento delle righe verticali in chiave “giacca da camera”, esprimendo finalmente un chiaro ed evidente richiamo allo stile Playboy di Hugh Hefner. La terza — più sobria — ridimensiona la maglia oro della scorsa stagione e ci regala questo splendido modello, che reinterpreta il tema — sempre attuale in casa Milan — “servizi socialmente utili”.

milan

Balsamo per gli occhi

In definitiva, cos’è che fa bella una maglia da calcio? Non è facile rispondere al quesito e, ovviamente, il tutto potrebbe ridursi a una questione di gusti, o tifo. L’accostamento cromatico, la disposizione dei colori? Il tessuto, la capacità di reinterpretare fedelmente la tradizione? La mia personale risposta è: un mix di questi tratti. Chiamatemi purista ma, se devo essere attaccata alla maglia, trovo un po’ fuori luogo che questa sia color Spic&Span, se la mia squadra è bianca e blu. La maglia deve mostrarsi autorevole, riconoscibile; deve riuscire nell’ineffabile impresa di trasudare orgoglio per la propria storia da ogni fibra e quasi, aggiungerei, essere indossabile anche fuori dal campetto di erba sintetica. Quest’anno, campionesse perfette di questo mio credo edonista di eleganza calcistica sono entrambe le maglie del Genoa — e non solo perché le hanno fatte indossare a De Maio e Matri per le foto ufficiali. Sono semplici, ma non sciatte; lo sponsor non le invade come fossero cartelloni pubblicitari sulla Salaria, ed entrambe mettono al centro i colori sociali — che evidentemente stanno bene insieme –, oltre che lo stemma del club. Insomma, non ho dubbi: la maglia del Cagliari è sicuramente la più fica tra tutte, quest’anno. Ho detto Cagliari? No. Volevo dire, la maglia del Genoa. Cioè, sì, quella del Cagliari. Insomma, quella firmata Kappa. O era Lotto? Quella metà blu e metà rossa, no? Sì , e con lo stemma lì all’altezza del cuore! E l’altra bianca con gli inserti blu…, ehm. Vabbè, comunque.

genoa cagliari

Ringrazio personalmente la società del Napoli per permettere alla Macron di sfogare tutta la loro vocazione military chic, così che, oltre alla già citata prima maglia della Lazio, anche l’azzardo della seconda riesce: carino l’accostamento cromatico, anche se non proprio fantasioso il gioco di linee — ma in fondo meglio così, nun se po’ mai sape’.

lazio-kit-maglie-2014-2015

Altro azzardo, non così spiacevole, è quello dell’Inter. Un tentativo di rivisitazione della tradizione in chiave minimal, che ci lascia intravedere quanto lo staff di Tohir non abbia ancora ben capito perché cavolo di motivo la palla sia così grande, né perché in campo si ostinino a prenderla a calci invece di rilanciarla fortissimo con una mazza. In ogni caso, perfetta per andare a bere milkshake alla fragola, dopo aver ammaliato le ragazze della scuola con un bel fuoricampo.

inter base

A questo punto — anche un po’ per preservare la mia integrità fisica — trovo inevitabile nominare la maglia stratosferica, fantastica, emozionante, travolgente, ammaliante, onirica, mitologica; quella che già l’anno scorso andava a ruba prenotata sui siti; quella che la gente se la sognava la notte bagnandosi quando era appena solo arrivata la notizia dell’accordo con lo sponsor tecnico; quella che l’avevano già taroccata (e decorata con tanto di stelle, stellette e comete varie, per avvantaggiarsi) l’anno prima che venisse immaginata dai creativi. Insomma, non posso proprio tacere della nuova maglia della Roma firmata Nike. Vabbè, è vero: è bella. Se non proprio la prima — che, per i miei gusti, fa un po’ troppo polo da uscita sociale in trasferta –, devo ammettere che la seconda ha proprio tutti i requisiti che sopra ho elencato tra quelli che, per me, fanno di una maglia una bella maglia da calcio. Semplice, elegante e assolutamente riconoscibile. Peccato solo per quelo coso lì a forma di, boh, che sarà, una lonza? E poi, ecco, quella striscia obliqua con quei colori, quest’accostamento così strillato, esagerato… sì, beh, ecco, insomma, direi: forse un po’ troppo giallorosso.

roma-trasferta

Se volete vedere tutte le maglie della Serie A le abbiamo raccolte a questo link.

Lorenza Accardo tifa Lazio e sta per laurearsi in Semiotica. Per non pensarci scrive, ogni tanto anche di calcio. @LouSophia7

--

--