L’ultimo pavé

Crampi Sportivi
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7 min readApr 13, 2017

L’idea del ritiro era nella testa di Tom Boonen già da un po’. Avrebbe potuto annunciarlo un anno fa, se solo avesse vinto la sua corsa più amata. La confidenza se la lasciò scappare a microfoni accesi il team manager Patrick Lefevere, alla vigilia di una Parigi-Roubaix 2016 che però si trasformò in una sconfitta così bruciante da far posticipare il ritiro. Resta ancora aperta la ferita causata nel celebre velodromo da un carneade australiano, Matthew Hayman. Improbabile vincitore allo sprint. Così il trentasettenne ciclista belga si è concesso una rivincita, un ultimo assalto che potesse coronare una carriera già di per sé straordinaria. Invece domenica scorsa è arrivato solo tredicesimo, uscendo di scena tra gli applausi dei compagni di squadra e un pubblico commosso. Non è diventato per la quinta volta padrone dell’Inferno del Nord, non ha staccato il compagno di primato attuale, “Le Gitan” Roger De Vlaeminck, corridore degli anni Sessanta. Per Boonen basta così, l’impressione è che i fiamminghi non siano ancora pronti a vederlo uscire di scena, probabilmente non lo saranno mai, perché Tommeke è il loro Dio del ciclismo contemporaneo. Due settimane fa quasi 500 persone hanno lavorato alla gigantografia di 250 metri quadrati che lo ha omaggiato durante il suo ultimo Fiandre. Al passaggio sul Vecchio Kwaremont hanno voltato i tasselli ed è venuta fuori una scritta: Bedankt. Grazie, Tom.

In Belgio ciclisticamente parlando è stata la settimana santa. La Vlaamse Wielerweek è un rito per i fiamminghi, stavolta velato da un pizzico di malinconia perché ha segnato l’uscita di scena di Tornado Tom. Tra il Fiandre e l’arrivo a Roubaix, c’è stato di mezzo l’appuntamento con la Scheldeprijs, corsa che quest’anno non è partita da Anversa, ma simbolicamente da Mol, città natale di Boonen. I media sono tutti a caccia di lui, cercano interviste, preparano speciali e i telegiornali ne parlano quasi a ogni edizione. Addirittura il Net Nieuwsblad, principale quotidiano delle Fiandre, gli ha dedicato un intero numero di ben 64 pagine. In sedici anni di carriera ha conquistato tifosi e appassionati, soprattutto grazie ai successi maturati sulle sue strade, come dimostrano le 5 vittorie ad Harelbeke, 3 alla Gand-Wevelgem, altrettante al Giro delle Fiandre, oltre al sogno del pokerissimo per diventare una volta per tutte Monsieur Roubaix. E’ arrivato terzo in Qatar all’ultimo Mondiale, ma si era già tolto lo sfizio di diventare Wereldcampionen nel 2005, quando a Madrid sfrecciò davanti a tutti.

Proprio come fece nella capitale spagnola dopo il successo iridato, ha organizzato una conferenza stampa in pompa magna anche prima della sua quindicesima Ronde. E’ arrivato a bordo della sua Porsche turbo 3.6, nera, luccicante, quasi fosse una rockstar, ma senza avere le idee chiare sul futuro: «Credetemi, non so ancora cosa farò una volta abbandonate le corse. So solo che voglio godermi le giornate, affrontarle con calma e stare con mia moglie Lore e le mie due gemelline Valentine e Jacqueline». Abbandonerà la sofferenza dei muri e le strade delle sue classiche, resterà per sempre la sua innata capacità di leggere i momenti chiave, come del resto accaduto anche prima dell’ultimo Giro delle Fiandre, vinto da Gilbert. Aveva pronosticato il suo compagno di squadra («E’ in una forma strepitosa, se servirà lavorerò per lui») e ha fatto divertire ancora una volta la sua gente, trasformando la corsa in un Mondiale. L’ha infiammata già ai meno 95 chilometri dal traguardo, su un muro-icona come il Grammont. Gli è stato fatale il Taaienberg per un doppio guasto meccanico, ma tutto lascia pensare che le prove in vista della Sua gara fossero già state fatte. Domenica scorsa è salito per l’ultima volta in sella, non è riuscito a rientrare sul gruppetto dei cinque fuggitivi, a vincerla ha provato il suo compagno di squadra Stybar, ma era — ed è stata — la domenica di Greg Van Avermaet.

«Per vincere la Parigi-Roubaix non servono piani, servono le palle» ha sempre affermato Boonen. Non è un mistero che questa corsa lo ha fatto diventare un campione. Nel 2002, al primo anno da professionista, si piazzò terzo con la maglia della Us Postal, dietro a due specialisti come Johan Museeuw e Steffen Wesemann. Era ancora l’epoca in cui Boonen andava a dormire con il poster in camera dello stesso Museeuw, che sul podio gli sussurrò: «Continua così, diventerai un campione». Tre anni più tardi avrebbe fatto sua per la prima volta la regina delle classiche. «Il mio primo podio alla Roubaix mi rese felice, ma allo stesso tempo mi fece capire che avrei potuto ottenere molto di più» ha dichiarato Boonen. «Sin da dilettante è la classica che ho sempre messo nel mirino ogni singola stagione». Lanciato da papà Andrè, ex professionista, il ragazzo Boonen inizia a vincere tra gli juniores, portando a casa il titolo nazionale a cronometro, mentre a livello internazionale il primo acuto arriva tra gli Under 23, con la vittoria della Parigi-Tours. Nel 2001, all’ultimo anno da dilettante, ottiene incredibili piazzamenti nelle classiche per eccezione, arrivando secondo alla Liegi, ottavo al Fiandre, quarto alla Roubaix, sesto alla Fleche Ardennaise, coronando l’annata con la maglia di campione nazionale vinta allo sprint. Di potenza, da predestinato. Per questo il capitolo finale non poteva essere quello dell’anno scorso, per questo si è concesso un’altra chance sul pavé. Per giocarsela ancora una volta sul suo terreno preferito. Un anno fa diede battaglia a tutti, fece selezione il più possibile, togliendosi perfino i guantini quando la corsa entrò nel vivo. Attaccò a sorpresa durante il rifornimento prima di Arenberg, ma finì secondo con il pubblico del Velodrome in piedi per un’ovazione. Fu lo stesso giorno dell’addio di Cancellara. Quest’anno è toccato a lui. L’ultimo pavè, sembra il titolo di un film.

* Parigi-Roubaix 2005:

E’ indiscutibilmente l’anno della consacrazione. A soli 24 anni questo ragazzone di quasi due metri vince tutto il possibile. Le tappe alla Parigi-Nizza, al Giro del Belgio, al Tour de France, ma soprattutto trionfa al Giro delle Fiandre, alla Roubaix e al Mondiale. Un’accoppiata pavè-iride riuscita solo a tre corridori, guarda caso belgi: Van Looy nel 1961, Museeuw nel 1996 e appunto Boonen. Quell’anno l’Inferno del Nord diventa tale a 86 chilometri dal traguardo, quando Pozzato prova la fuga portandosi dietro Hincapie, Boonen, Michaelsen, Flecha e Backstedt, vincitore l’anno prima. La corsa diventa a eliminazione, Cancellara fora due volte sul Mons-en-Pévèle, Boonen alza i ritmi già sul Camphin-en-Pévèle a 20 dal traguardo, tanto che sul Gruson restano solo il belga, Hincapie della Discovery Channel e Flecha della Fassa Bortolo. Entrano nel velodromo, è un giro che non finisce più tra finti scatti e occhiate interminabili. Ai duecento metri dal traguardo lo scatto di Boonen è incontenibile, prende il rettilineo finale in testa ed esulta a braccia alzate. Sul podio alza al cielo il suo primo ciottolo, premio simbolo della corsa regina.

* Parigi-Roubaix 2008:

E’ l’anno in cui viene trovato positivo alla cocaina, alla fine di maggio. Inevitabilmente la stagione ne risente, ma la Quick Step crede in lui, pur impedendogli di correre alcune delle corse più importanti come il Tour de France. Vince all’Eneco Tour e alla Vuelta, il sigillo più pesante resta però il bis sul pavé. Con uno sprint straripante, dopo aver varcato l’ingresso del Velodrome. E’ una corsa che all’ingresso nella foresta di Arenberg fa fuori Pozzato, per una caduta, mentre l’azione buona parte ai meno 54 con il tentativo di Van Summeren. Replicano i big, ai 35 dall’arrivo restano in 3: Boonen, Cancellara della Csc e l’italiano Ballan della Lampre. Al momento del giro finale non c’è storia, Tornado Tom da dietro fulmina tutti. A 150 metri dalla linea del traguardo è già lanciato, gli avversari non abbozzano la minima reazione.

* Parigi-Roubaix 2009:

«Verrà multato e sospeso, ma non lo abbandoniamo. Anzi, lo aiuteremo a venirne fuori». Boonen ci ricasca, in nuovo controllo lontano dalle corse viene trovato nuovamente positivo alla cocaina e la Quick Step si dice disposta ad aiutarlo per farlo smettere dalla dipendenza. Viene visitato settimanalmente e aiutato da uno psicologo, è un anno difficile, il Tour de France gli nega nuovamente la partecipazione. Due le soddisfazioni maggiori, il titolo nazionale vinto in volata ad Aywalle in Vallonia e soprattutto la terza Parigi-Roubaix. Stavolta in solitaria, dopo aver animato la corsa sul tratto di Mons-en-Pevele, portandosi dietro i belgi Hoste e Van Summeren della Silence Lotto, Flecha della Rabobank, Hushovd della Cervelo e Pozzato della Katusha. Sul Carrefour de l’Arbre la bagarre è impressionante, riescono a non cadere solamente Pozzato e Boonen, che si avvantaggia in modo decisivo. Un’occasione troppo ghiotta, il fiammingo scappa fino al traguardo, vincendo con ben 46 secondi di vantaggio.

* Parigi-Roubaix 2012:

Torna il cannibale di inizio carriera. Oltre al nuovo titolo di campione nazionale mette in fila un poker tutt’ora ineguagliato, vincendo Harelbeke, Gand, Fiandre e Roubaix. «Per vincere la Parigi-Roubaix devi saper soffrire. Anzi, devi amare questa sofferenza. Fare oltre 50 chilometri in solitaria è stata davvero una follia» dirà al termine del quarto successo all’interno del velodromo. Ancora a braccia alzate, ancora da solo, stavolta con un margine imbarazzante sul secondo (1’39’’), il francese Turgot. Inevitabile la dedica a Wouter Weylandt, morto l’anno prima al Giro d’Italia, che a inizio carriera era stato uno degli uomini del suo treno per le volate. «Corriamo sempre troppi pericoli e nemmeno ce ne accorgiamo». Op de rand. Sul bordo, in fiammingo.

A cura di Giorgio Coluccia

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