Major Conferences part II

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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11 min readMar 18, 2015

Benvenuti alla seconda parte delle cronache che vi faranno fare un figurone al bar con gli amici ma di cui sconsigliamo fortemente l’uso in altre circostanze.

Big12

Una conference come rompicapo logico-matematico

Enunciato

Se A batte B dopo averci perso una settimana prima e allo stesso tempo C vince sia con D e E ma viene sconfitta sia da F che da A, mentre D trionfa con A e C ma ne prende venti da B che però cade conto C ed E, com’è possibile che Kansas vinca il suo undicesimo titolo consecutivo di Big12?

https://www.youtube.com/watch?v=F1NgFQnToEA

Se fossi ancora a scuola questo era uno dei tipici esercizi in cui cambiavo il risultato sul libro perché altrimenti non mi sarebbero mai venuti. Invece basterebbe sostituire le lettere rispettivamente con Kansas, West Virginia, Iowa State, Oklahoma, Oklahoma State e Baylor per avere un bel mal di testa e una parziale fisionomia della stagione in Big12. Tra tutte le Conference d’America è sicuramente stata la più indecifrabile, appena qualcuno era certo di aver finalmente capito ecco che succedeva un qualsiasi evento che costringeva il malcapitato a ricominciare tutto da capo.

Alla fine, presi per stanchezza, si è ristabilito il solito corso naturale delle cose e Kansas ha nuovamente issato il proprio vessillo in cima alla Conference, rinsaldando un dominio ormai più resistente di qualsiasi contorsione dello spazio-tempo. La squadra di Bill Self è per l’UNDICESIMA VOLTA CONSECUTIVA colei che taglia la retina a fine stagione regolare, nonostante in pre-conference fu ridicolizzata da Kentucky alimentando le voci di un possibile abbandono del trono. Invece i Jayhawks hanno più vite dei (Wild)cats e sono andati contro tutti e tutto a riprendersi lo scettro.

La vittoria non deve però nascondere sotto il tappeto i molti problemi che Kansas si porta dietro entrando nel Torneo. Perry Ellis è forse il giocatore più incostante della storia del basket collegiale, Kelly Oubre, arrivato a Lawrence tra fanfare e stelle filanti, ha passato la prima parte della stagione nell’angolo più buio della panchina, Cliff Alexander è stato sospeso perché pare i genitori abbiano intascato bei bigliettoni dal suo approdo a Kansas e non si sa/capisce se potrà giocare ancora con la maglia dei Jayhawks.

Tutto sommato quindi la vittoria della Big12 non è proprio malaccio, considerando le premesse, e risponde ad un nome ben preciso: Allen Fieldhouse, 1651 Naismith Drive Lawrence, Ks. Non è un semplice stadio, è the statistically greatest home-court advantage in all of sports sotto Bill Self (record 186–9). Fantastico quando devi giocare in Conference, un po meno quando sei al Torneo a 2000 km da Lawrence. Kansas infatti è imbattuta in casa, ma 7–7 on the road (a sua discolpa, ha giocato il più duro schedule della nazione). Si spera che la ruvidezza psicotica della Conference abbia svezzato i Jayhawks alle avversità del Torneo, mai digerito dalle squadre di Bill Self. Se riuscisse a sovvertire la naturale inclinazione a fallire negli “Lose once and Go Home”, forse tirando fuori quegli attributi che richiedono tali occasioni, potrebbe finalmente fare onore al suo THUG LIFE PLAYMAKER, BITCHES!

https://www.youtube.com/watch?v=EXe-zJDZGIE

Lo stesso record di 12–6 stabilito da Iowa State appartiene però anche a Oklahoma, dietro per gli scontri diretti. Al contrario dei loro dirimpettai, i Sooners fanno affidamento su una difesa capace di zittire per lunghi tratti gli attacchi avversari, mentre dall’altra parte lo schema più affidabile rimane palla a Buddy Hield e s’abbracciamo.

Lo scontro tra queste due squadre in Conference ha fotografato perfettamente i pregi e i difetti delle due formazioni e la schizofrenia che ha contrassegnato la Big12. Si gioca all’Hilton Coliseum, Iowa. La prima metà partita è però dominata dai Sooners, che tengono i Cyclones al minimo stagionale. Sul tabellone le lampadine illuminano un 37–18 per gli ospiti. L’esegeta della Big12 è finalmente contento. Ora può con certezza affermare che è Oklahoma la seconda squadra della Conference, ammesso per postulato che Kansas sia la prima. Tutto bene, quindi. No. Dopo dieci minuti di gioco Niang e compagni impattano la partita, qualsiasi certezza va in frantumi. I Cyclones vincono 77–70 in senior night e complicano ancora di più ogni speranza di risoluzione dell’equazione. Tutto secondo copione.

La trama si complica quando andiamo ad inserire anche le comprimarie neanche così laterali come ad esempio West Virginia e Baylor.

La prima è l’ennesima tentacolare creatura di Bob Huggins che utilizza una difesa asfissiante allungata per tutto il campo per tutti i quaranta minuti della partita. Grazie al suo particolare sistema difensivo è stata ribattezzata #PRESSVIRGINIA, per la capacità di mettere continuamente sotto pressione il portatore di palla avversario, costringendolo a prendere decisioni che non vorrebbe prendere, in un punto del campo in cui non è abituato a prenderle. Lo scopo finale della strategia dei Mountaineers è di far uscire la squadra avversaria dalla propria comfort zone, impossibilitandola ad eseguire al proprio ritmo le soluzioni offensive. A guidare questa macchina guastatoria ci pensa Juwan Staten, il miglior controllore di tempi di gioco che potete trovare nel college basketball. E’ lui che prende a tutto campo il portatore di palla avversario ed è lui che chiama la press che arriva improvvisa da ogni angolo del campo. Chiunque andrà contro i Mountaineers al Torneo dovrà essere pronto a scendere in guerra perché loro lo sono già.

Baylor è l’altra squadriglia da combattimento della Big12. Se a WVU sono brutti, sporchi e cattivi, i Bears ne sono il rozzo upgrade. Non sono più corpi guidati da un cervellone centrale che ne regola le mosse (Staten) ma sono l’evoluzione fenomenica. Corpi senza un centro che bullizzano gli avversari senza trucchi mentali ma con una massiccia muscolatura. In realtà un centro ce l’hanno ed è un certo Rico Gathers, 204 centimetri un po più atletici della media e gravemente affetto da cleptomania. Ogni pallone che non fa swosh (o swish come preferite) nella retina ma CLANG! sui ferri finisce poi nelle sue mani. E’ forse l’unico giocatore che quest’anno viaggia in doppia doppia di media (in realtà ci sarebbe anche Christian Woods a UNLV ma qui si parla di Major Conferences non di Vegas) e spiega come funziona il gioco dei Bears: si tira, si prende il rimbalzo, si ritira, si riprende il rimbalzo, si ritira e così via finché la palla non fa swosh (o swish). Si corre dall’altra parte e si mettono le mani su ogni linea di passaggio. Poi, conquistata la sfera, la si deposita rapidamente nella retina antistante. Ripetere per quaranta minuti.

https://www.youtube.com/watch?v=OrMG_BQzk8Q

Una conference come cortocircuito temporale

Una volta i prodotti dei Badgers erano di questo tipo qui. Ora invece sono una macchina perfetta che asfalta Conference su Conference. Come ha fatto Bo Ryan a costruire un programma che non mostra alcun segno di cedimento negli anni senza recruiting a cinque stelle, visibilità nazionale o una fanbase hardcore?
Ha scelto la strada più impervia, quella che nella fondazione di un sistema di gioco prescinde dalle qualità dei singoli ma le adatta alle necessità della squadra. Così a Wisconsin si è installato un modello di college basket che riporta indietro le lancette del tempo, dritti in quell’Arcadia in bianco e nero in cui le Università non erano ancora una cella d’incubazione per l’NBA ma un quadriennio di crescita cestistica e personale. Un’era che quando si pensa alla trasformazione delle powerhouses come Kentucky, Kansas o Duke sembra lontana come l’invenzione della spicchia, e invece nelle lande del Nord degli States, più vicini al Canada che alla civiltà, rappresenta ancora il vivo presente. E, alla faccia dei darwinisti convinti, continua a vincere.
I Badgers incarnano tutta l’America che non si è mai potuta permettere gli atenei più prestigiosi, le macchine veloci, le pupe coi tacchi o l’ultima versione dell’Iphone. Rappresentano la rivincita dei Nerd con le scarpe di gomma. E sono qua per compiere la profezia. Se lo scorso anno sono arrivati per la prima volta sotto Bo Ryan alle Final Four perdendo poi contro Kentucky grazie ad un miracolo di uno dei gemelli Harrison, quest’anno si presentano come una delle principali indiziate a tornare a giocarsi il titolo ad Indianapolis, magari vendicandosi proprio contro la squadra di Calipari.
Per spiegare come Wisconsin rappresenti il Nadir dell’One and Done basta prendere per un momento in esame Frank “The Tank” Kaminsky. Media punti delle sue prime due stagioni a Madison: 3. Rimbalzi: 1,5. Minuti giocati in due anni circa seicento. Quest’anno 18, 8 e 3 assist a partita. Ah, e anche il Wooden Award come miglior giocatore collegiale della Nazione. Attorno alla crescita esponenziale del lungo si è andato strutturando un gruppo che definire solido è andare per sottrazione. Ogni giocatore può praticamente giocare in tutti e cinque i ruoli, ognuno conosce tutti i movimenti dei compagni, tutti tirano bene dall’arco, tutti tirano benissimo dalla lunetta, concedono il minor numero di tiri liberi avendo anche una delle migliori difese a metà campo della nazione. Eseguono perfettamente sotto pressione, hanno giocatori che sono dei missmatch viventi e sono convinti che quest’anno arriveranno fino in fondo. E anche se non sarà quest’anno, il prossimo anno troveranno qualcun’altro a riempire i vuoti.

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Quello con la palla in mano dovrebbe essere il giocatore più determinante d’America[/caption]

Chi invece non avrà altri anni per portare il proprio ateneo fino alla fine della strada collegiale sono quel nugolo di freshman (lemma mancante nel dizionario di Bo Ryan) che hanno trascinato le rispettive squadre in Big10. Mentre per i Badgers si possono aspettare anni, per questi ragazzini sarà davvero Now or Never.

Cominciamo da chi ha ricevuto poca pubblicità quest’anno, oscurato sia dalle prestazioni dei suoi coetanei sia da una squadra, Indiana, che ha rischiato di non arrivare alla post-season dopo un inizio brillante e inatteso. James Blackmon Jr. invece si è ritagliato uno spazio che forse nessuno pensava avrebbe occupato ad inizio stagione. Ecco forse lui potrebbe restare anche un altro anno con gli Hoosiers ma la sua prima annata sarà una da ricordare. Quasi 16 punti a partita con il 40% da 3 non essendo minimamente la prima risorsa offensiva della squadra. Con questi numeri uno sarebbe già pronto per l’NBA invece non è stato neanche considerato come Freshman della Big10 e scommetto che almeno mezza America non sa chi sia (poi magari ne mette 30 alla prima del torneo degli Hoosiers e tutti a saltare sul carro).

Chi invece ha fatto parlare di sé e parecchio è stato Romelo detto Melo Trimble, che fortunatamente in campo se la cava meglio dei suoi all’anagrafe. E’ il primo McDonald All American che gioca con la jersey dei Maryland Terrapins da dieci anni a questa parte ed ha letteralmente trascinato l’istituto in una stagione irreale. La squadra di Mark Turgeon ha completato un non-conference schedule impeccabile e poi, lanciandosi in una cavalcata emozionale attraverso la Big10 che ha raggiunto l’apice con la vittoria in casa contro Wisconsin, sembrava sull’orlo di un clamoroso ribaltone, quasi strappando ai Bagers un titolo divisionale a cui nessuno sperava. Invece le successive vittorie contro Michigan State e Ohio State hanno ripristinato le gerarchie, consegnando però a Maryland una piazza d’onore che quando arriva Marzo fa sempre curriculum. Infatti la squadra guidata da Trimble e Dez Wells è stata probabilmente sopravvalutata grazie alle prodezze dei suoi due alfieri (KenPom la mette al 33esimo posto nazionale) ma è indubbio che con un backcourt del genere si può permettere di sognare ancora per qualche altro weekend.

https://www.youtube.com/watch?v=kyDHQOHGBTg

Ok, e se vi dicessimo che neanche Trimble ha vinto il premio come miglior Freshman della conference ci credereste?

Beh, credeteci, perché il premio è andato per acclamazione a D’Angelo Russell di Ohio State che ha chiuso la stagione con la seguente stat line.

Vabbè accontentiamoci, consapevoli, che per almeno un’altra partita, sarà ancora a D’Angelo world and we’re living it.

https://www.youtube.com/watch?v=Mm7OjRqdSkA

Atlantic Coast

La Conference ai tempi di Dynasty

Protagonisti

Duke Blue Devils
L’aristocrazia più aristocratica del basket collegiale. Praticamente una monarchia costituzionale sotto Re K, Coach Kryzewski, da 37 sul trono del più esclusivo (e odiato) programma della Division I.

North Carolina Tarheels
La regina dei programmi di basket collegiale. Da Dean Smith a Roy Williams continua la dinastia blu a Chapel Hill. Persino sua maestà Micheal Jordan ha cominciato da qui.

https://www.youtube.com/watch?v=MijaRcVaRK0

Notre Dame Fighting Irish
Il nome di battaglia dice tutto. Sangue irlandese, scudo crociato. Ateneo cattolico privato di tradizione centenaria celebre per aver compiuto alcuni tra gli upset più clamorosi della storia dell’NCAA, primo tra tutti quello sulla UCLA di John Wooden.

Syracuse Orange
La grande decaduta. La figlia disonorata talmente consumata dal senso di colpa che si autosospende prima della reprimenda familiare. Jim Boeheim dovrà ricostruire l’orgoglio perduto. L’anno prossimo però.

Louisville Cardinals
La calata dei barbari. Rick Pitino e la sua banda ha attraversato l’America fino ad accamparsi tra l’Elite dell’elite. Sospensioni, multe, accuse reciproche. L’altra squadra dello stato di Kentucky è qui per rovinare la vostra tranquillità borghese.

Intreccio
Una stagione di paludata follia sulla costa atlantica. La debuttante Virginia è inseguita dalle due gigantesse spodestate che non riescono più a vincere, Duke e North Carolina, le quali, ovviamente, si odiano. La loro acerrima rivalità però le acceca e non riescono a guardarsi dall’emergere di nuove contendenti. Da Nord arriva Notre Dame, da Ovest Louisville. Sia gli Irish che Cardinals rappresentano le novità dell’ACC, i principi stranieri giunti con l’intento di usurpare il trono. Syracuse invece commette un peccato capitale e si avvelena prima di essere pugnalata mortalmente.

L’Atlantic quest’anno è sembrata davvero un SerieTV anni ’80 sulle false aristocrazie statunitensi che passavano su Rete4 o, se siete in grado di sostituire la cartina del Midwest con quella della Terra di Mezzo, una battaglia medioevale per la difesa delle proprie regali discendenze.
Tra supplementari thriller, continui cliffhanger, tiri impossibili si è continuamente lavorato affinché il grado di audience fosse il più alto possibile. E quando le gesta sul parquet non erano sufficientemente appetitose per conquistare gli spettatori ecco subito forniti altri trending topic fuori campo.
Coach K dismette il primo giocatore da una sua squadra in 37 anni a Duke, Pitino lo imita subito dopo con Chris Jones, che non sarà invece né il primo né l’ultimo della sua carriera. Per battere tutti Syracuse si autobanna dal prossimo torneo NCAA, perché teme l’indagine che la lega sta effettuando sulla gestione dei programmi sportivi dell’università. Il tempo ci dirà che avevano ragione ad aver paura. Sugli Orangeman si abbatte la più pesante sanzione che il basket collegiale abbia conosciuto, non risparmiando niente e nessuno. All’università vengono tolti 12 Schoolarship in quattro anni più 500 dollari di multa per ogni partita giocata con studenti ineleggibili. A Jim Boeheim vengono cancellate 108 vittorie e viene sospeso per 9 partite. Stiamo parlando di uno degli allenatori con il più alto peso specifico nella storia del college basket, mica noccioline. Uno a cui mancavano una manciata di vittorie per arrivare a quota mille.

https://www.youtube.com/watch?v=d9omcbR5H9E

Intanto a 1K c’è arrivato qualcun’altro, anche grazie ad un bambinone di 210cm e dalle mani così educate che sembrano borsiste ad Oxford. Invece lui gioca a Duke ma il diploma non lo prenderà mai perché il prossimo anno sarà il primo nome pronunciato da Adam Silver al Madison Square Garden e forse indosserà proprio il cappellino dei Knickerboxer. Intanto ne mette 17,4 con 9 rimbalzi a partita con i Blue Devils ed è stato il primo Freshman a vincere il titolo come Miglior Giocatore dell’ACC. Lo rivedremo presto al piano di sopra insieme con due suoi compagni a Duke: Justice “Justice League” Winslow e Tyus “Stones” Jones, tre al primo anno che hanno fatto volare la squadra di Coach K fino ad una bella testa di serie per quando si entrerà nel Torneo.

Virginia si conferma la miglior difesa della Lega tra chi non abbia dei supereroi travestiti da sbarbati collegiali (si, stiamo parlando di Kentucky). Jerian Grant conduce per mano Notre Dame a riprendersi la postseason dopo anni di inattività, scrollandosi dall’ombra del fratello minore già in NBA. North Carolina ondeggia tra essere una delle squadre più entusiasmanti a rischiare il ridicolo nello spazio di due possessi. Louisville ormai non ha più giocatori da mettere in campo ma riesce sempre e comunque ad essere il team che nessuno vorrebbe vedere nel proprio bracket. NC State come tutti i Wolf(Pack) si sveglia sempre tardi dal letargo ma di rincorsa si è reinserita sul treno marzolino.
Per tutti gli altri la stagione finisce qui. Se voi vi siete appassionati a questa saga familiare potete gustarvi i suoi migliori interpreti nello spin-off primaverile. Se invece vi siete annoiati potete cambiare conference, o meglio cambiare sport. Because if you don’t love this, you don’t lov…
…Ah volete sapere com’è finita? (Spolier Nobody Does It Better)

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