Manifesto emotivo dei gol di Del Piero

Crampi Sportivi
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10 min readNov 9, 2016

Alessandro Del Piero ha passato diciannove anni della sua vita con addosso la maglia della Juventus. Una permanenza così duratura che probabilmente, nel corso della sua crescita, è legittimo pensare che abbia cambiato alcuni dei suoi connotati di partenza, come aspetti caratteriali e modi di vedere il mondo. Quello che Del Piero probabilmente non sa è che questo suo matrimonio viscerale con i colori bianco e nero, ha cambiato anche alcuni dei miei modi di approcciarmi al mondo. Quando mi capita di fantasticare sui racconti che potrei tramandare ai miei nipoti, le possibili narrazioni su Alessandro Del Piero sono quelle che mi disegnano maggiormente un sorriso sul volto, poiché è il giocatore che ha influenzato radicalmente la mia concezione mentale di angoscia, tenacia, frustrazione, pazienza e gioia.

Etichettato come ragazzo riservato, introverso e di poche ma giuste parole, è stato descritto da chi gli è stato vicino in maniera diametralmente opposta: giocoso, uomo che fa gruppo e talvolta anche scontroso nel face to face. Due emisferi opposti che completano la figura della bandiera juventina ma che allo stesso tempo ci allontanano da una descrizione universale. Due facce di una medaglia che trovano il proprio compimento nella classe stessa di Alessandro Del Piero. Classe per la quale non c’è niente di più descrittivo dei suoi gol. Alcune delle reti più importanti del numero 10 rappresentano un vero e proprio manifesto emotivo, per modo e tempo in cui si sono concretizzate agli occhi del pubblico.

D’altronde gli occhi e i riflettori di molti osservatori puntati addosso fin da subito non gli hanno saputo provocare nessuno stato di angoscia. Alex a 14 anni deve già provare sulla pelle la sensazione delle grandi responsabilità, lasciando Conegliano e la sua famiglia, per provare a costruirsi un futuro tra i grandi del calcio. Del Piero avvertirà una certa nostalgia dovuta alla lontananza da casa, ma inconsapevolmente il suo sogno e il suo destino maturavano già nei pomeriggi passati in garage a calciare una pallina da tennis. E allora ecco i primi debutti trai i professionisti in Serie B con il Padova. Ed ecco subito scritto un paragrafo artistico del suo manifesto calcistico. Come prima rete nel calcio che funge da trampolino per la gloria, arriva la prima pennellata con un destro a incrociare. Un gesto tecnico che definirà una piccola parte estetica della sua tecnica.

Padova — Ternana, 22 novembre 1992 (5–0) — Serie B

Ivone De Franceschi, compagno di squadra negli Allievi Nazionali di Alex, racconterà di un episodio particolare durante i quarti di finale del campionato tra Padova e Torino, in cui Del Piero scansò lo stesso De Franceschi dal battere un calcio di punizione, convinto che l’avrebbe segnato. Così fu e Del Piero trascinò il suo compagno e la sua squadra fino alla finale di quel torneo, persa contro l’Inter di Marazzina.

L’interesse scaturito da quel modo così elegante di accarezzare il pallone e condurlo nella trequarti avversaria, porta Boniperti ad anticipare la concorrenza delle rivali, Milan su tutti, e a vestire così Del Piero di bianconero nel 1993.

Il tempo per una giovane promessa è sempre poco, e quindi tocca dimostrare fin da subito di che pasta è fatto il talento. Del Piero giunto alla Juve non ci metterà molto, e la possibile angoscia di avere davanti un certo Roberto Baggio, viene spazzata con il primo gol con la nuova maglia. Qualcun altro, oltre agli addetti ai lavori, inizia ad accorgersi del nuovo ragazzino acquistato dalla famiglia Agnelli.

Juventus — Reggiana, 19 settembre 1993 (4–0) — Serie A

Le presente in campionato sono centellinate e Trapattoni decide di operare una gestione oculata del giovane calciatore. Ma il 20 marzo del ’94 non può farne a meno a causa delle assenze di Baggio e Vialli. Del Piero è titolare, veste per la prima volta la numero 10 e ringrazia il Trap e la buona sorte con una tripletta al Parma. Di lì in poi una lunga discesa, una delle poche nonostante la gloriosa e titanica carriera di Del Piero. Alex è uno che sa che vivere esclusivamente di talento ti assicura vita breve nello sport e in qualsiasi altro contesto sociale. Quindi tenacia, allenamento e parecchio lavoro duro. Una tenacia che diventa esercizio di stile, una firma che prenderà il nome di “Gol alla Del Piero”. Il primo tentativo è di quelli buoni ma si può fare ancora di meglio. La vittima sacrificale è il Napoli e la compartecipazione all’azione che scaturirà la prima pennellata di Del Piero è quello di Antonio Conte. Strano il destino.

Napoli — Juventus, 18 settembre 1994 (0–2) — Serie A

Per osservare increduli e compiaciuti l’esecuzione perfetta del vero e proprio gol alla Del Piero, bisognerà attendere un anno. Bisognerà attendere la prima della Juve nella Champions League e quindi la prima di Del Piero nella maggior competizione europea per club. I bianconeri alzano l’ex Coppa dei Campioni una sola volta, idem la Champions, proprio nella stagione 1995/1996. Anche qui il destino gioca un brutto scherzo. La tenacia e la pazienza saranno premiate con un culto dell’estetismo. Del Piero si consacra tra i migliori in assoluto nel triennio che parte con questa rete, fino ad arrivare al quarto posto nella sfida per il pallone d’oro.

Borussia Dortmund — Juventus, 13 settembre 1995 (1–3) — Fase a girone di Champions League

La Juventus più incisiva di sempre, fuori dai confini nazionali, trionfa anche in Coppa Intercontinentale contro il River di Cruz, Ortega e un giovanissimo Salas. Sugli sviluppi di un calcio d’angolo Del Piero si avventa sulla spizzata di testa di Montero, aggancia col destro e con lo stesso piede, in una minuscola frazione di tempo e spazio calcia all’incrocio della porta difesa da Bonano. Il principino bianconero diventa re per una notte, davanti a Bokšić e Zidane. Non ci sarà ancora bisogno di mostrare la linguaccia a tutti e l’esultanza è quella di un ragazzo esploso di gioia.

Juventus — River Plate, 26 novembre 1996 (1–0) — Finale di Coppa Intercontinentale

La Juve è sul tetto del mondo e Del Piero è l’astro nascente di una formazione che sembra destinata a entrare negli annali dei club più vincenti del globo calcistico. Ma pochi mesi dopo il frutto dei gesti calcistici compiuti da Del Piero si riversa contro, e il karma decide di capovolgere il corso degli avvenimenti. Il 28 maggio la Juve è ancora in finale di Champions, questa volta contro il Borussia Dortmund che ha più di un motivo per vendicarsi contro i bianconeri. Del Piero inizia a pagare un conto non suo, e nonostante la perla di tacco, questa volta la coppa si trasforma in una medaglia d’argento.

Borussia Dortmund — Juventus, 28 maggio 1997 (3–1) — Finale di Champions League

Il karma riequilibratore reclama sempre più il suo tributo, così il gol di tacco in finale diventa l’ultimo gesto tecnico di un primo Del Piero. Sbarbato e capellone, con i lacci degli scarpini attaccati ai calzettoni e intrinseco solo di sentimenti positivi verso quello che ha rappresentato fino ad allora il calcio per lui. Alex, il golden boy che stava preparando il pubblico al passaggio nell’era post-Baggio, non sapeva che di lì a poco sarebbe rimasto intrappolato in un universo abitato da detrattori, infortuni e dualismi. Il cataclisma parte con due finali di coppa perse, prima col Dortmund appunto, e poi col Real. Seguono le accuse di doping di Zeman al mondo bianconero fino alla cesoia che divide la carriera di Del Piero in due parti ben distinte: l’8 novembre del 1998 a Udine, la rottura del crociato. Un infortunio che, stando alle parole del dottor Piga, ha cambiato totalmente del Piero dal punto di vista mentale ed emotivo. Roberto Piga per Alex è stato anche un grande mentore che ha saputo accrescere tenacia e pazienza del numero 10, attitudini che sono diventate armi indispensabili per la carriera di Del Piero negli anni zero.

Oltre alla lunghissima fase di riabilitazione e le panchine che susseguiranno al rientro, a causa di una forma fisica ottimale da recuperare nel tempo, arriva il macigno più pesante rappresentato dalla malattia di Gino, il padre di Alex. Qualsiasi essere umano avrebbe vissuto la concentrazione emotiva di questi anni grigi con un senso di angoscia perturbante. Quando la malattia separa Gino Del Piero dal figlio, qualche giorno dopo Alex si trova a scendere in campo nella sfida di campionato contro il Bari, subentrando dalla panchina. Il match è incollato sul risultato di pareggio e a 9 minuti dal triplice fischio, Del Piero riceve palla sulla sinistra: corsa palla al piede, dribbling di rabbia su Neqrouz e colpo sotto morbido di sinistro per superare Gillet in uscita. La frustrazione di Del Piero è sfogata con un gesto tecnico concluso con una dolcezza impressionante. La gioia del gol esplode in angoscia e lacrime, versate sulle spalle di Pessotto. Del Piero onora così la memoria del padre.

Bari — Juventus, 18 febbraio 2001 (0–1) — Serie A

Non ci è dato sapere se l’angoscia atterrisce la creatività cristallina di un artista, o al contrario la libera fino a farla risplendere. D’altronde il sentimento di angoscia portava Salvador Dalí a dipingere in pieno stato di insonnia e Edvard Munch a esprimersi al meglio in uno stato di sofferenza. Fatto sta che Del Piero ha dimostrato che il tormento, quello per una persona che non c’è più, può essere addolcito onorando l’affetto mancato con un gesto rievocativo, che quella persona avrebbe senz’altro apprezzato.

Dopo quella al padre, Alex compie un’altra dedica speciale, questa volta all’uomo che lo ha incoronato con l’epiteto di ‘Pinturicchio’. Lo stesso uomo che nel periodo più buio lo soprannominò anche ‘Godot’, dipingendo meglio di tutti l’aurea di attesa che ormai accerchiava Del Piero. È il 24 gennaio del 2003 la data in cui l’avvocato Agnelli saluta per sempre la sua vecchia Signora. Due giorni dopo Del Piero gli dedica quello che potrebbe essere definito il suo gol più bello. Il cross di Zambrotta è concepito per un colpo di testa o qualsiasi altra cosa voglia fare un attaccante alto un metro e novanta. Del Piero decide di calciarlo con un’eleganza che racchiude in sé la rovesciata al Milan per servire Trezeguet, il gol di tacco nel derby col Torino e la parabola dei gol alla Del Piero.

Juventus — Piacenza, 26 gennaio 2003 (2–0) — Serie A

L’impressione è che Del Piero non si sia mai fatto troppe domande sul suo talento, convinto com’era che la tenacia e l’allenamento coadiuvassero e amplificassero le sue abilità spontanee. Per Del Piero vale la regola di essere il primo critico di sé stesso, quindi ogni qual volta che ci si allena o scende in campo bisogna dimostrare qualcosa alla propria persona, poi magari a qualcun altro. Tutto ciò viene sintetizzato in due partite e in due gol: Alex ha giocato 3 delle 6 finali di Champions perse dalla Juve, ma prima dell’ultima, quella di Manchester contro il Milan, si giocò la semifinale contro il Real Madrid. I tifosi merengues cominciano a tributarlo con un applauso di cui ne sentiremo l’eco 5 anni dopo.

Juventus — Real Madrid, 14 maggio 2003 (3–1) — Semifinale di ritorno Champions League

Prima della standing ovation al Santiago Bernabeu però, a Del Piero tocca un’altra crociata, superata con la dote di una pazienza degna del biblico Giobbe: la (tanta) panchina nella Juve comandata a muso duro da Capello. Eppure, in un un Inter–Juve decisivo per il titolo, Del Piero entra in gioco per battere una punizione che probabilmente non sarebbe stata assegnata con lui ancora seduto in panchina. Un paio di secondi di silenzio prima della rincorsa e nasce sulla tela un’altra opera esposta nel museo di San Siro. In questo gol c’è la capacità di un uomo di saper attendere il suo turno.

Inter — Juventus, 16 febbraio 2006 (1–2) — Serie A

Il 2006 è l’anno solare che può considerarsi polivalente per l’emotività del Del Piero uomo e calciatore. Ma tra il Paradiso dello scudetto e l’Inferno di Calciopoli, c’è un intermezzo che si chiama Nazionale. Ci sono i Mondiali in Germania e c’è, prima del ritiro dalla maglia azzurra, un ricordo da smacchiare e riconvertire a proprio favore: il gol sbagliato nella finale degli europei francesi del 2000. Qualsiasi altra parola sarebbe superflua per trarne una descrizione di come è andata a finire. Se qualora ci fosse stato il bisogno comunque, la maledizione con la nazionale è svanita.

Germania — Italia, 4 luglio 2006(0–2) — Semifinale Mondiale Germania 2006

La vittoria della Coppa del Mondo sarà definita dal capitano bianconero come un sogno piacevole dal difficile risveglio. La sbornia del Circo Massimo però non basta a dimenticare uno dei plot twist più inattesi del nostro calcio: la Juve è in B e il suo numero 10 la segue, da fresco campione del mondo. Agli antipodi della sfida più difficile dal punto di vista emotivo, Del Piero risponderà ai più che “Un cavaliere non lascia mai una Signora”. Insomma Del Piero dispensa anche lezioni di galanteria.

La frustrazione per la stagione in cadetteria c’è, come non negherà mai un disorientato Buffon, ma proprio in B Alex firmerà la sua opera d’arte in maglia bianconera numero 200. Poi si laureerà capocannoniere del campionato, davanti a Trezeguet: partner col quale formava una coppia degna di spunto per il manuale delle relazioni di coppia e dei rapporti d’amore.

Juventus — Frosinone, 20 ottobre 2006 (1–0) — Serie B

Dopo una scontata risalita in A, la Vecchia Signora riesce anche a tornare relativamente presto nella massima competizione europea. Il 17 settembre del 2008, il welcome back in the Champions League non può che essere dipinto dal pittore la cui tavolozza conteneva i colori più caldi per l’occasione. Se l’avesse firmato qualcun altro degli 11 in campo, il gol del ritorno in Europa non avrebbe generato le stesse emozioni nel cuore dei tifosi. La punizione che cambia traiettoria e inganna Malafeev è un manifesto della ormai vecchia frustrazione di Del Piero e degli juventini che si è appena trasformata in gioia.

Juventus — Zenit, 17 settembre 2008 (1–0) — Fase a girone di Champions League

Poco più di un mese dopo è stata la volta della doppia sfida con il Real Madrid. Nel cuore di ogni tifoso che si avvicinava alla sfida, c’era la consapevolezza dell’impossibilità, in quella situazione, spaziotemporale, di fronteggiare il Real. Prima della notte folle madrilena, Alex si illumina anche a Torino con un gol che somiglia alle sue punizioni.

Real Madrid — Juventus, 21 ottobre novembre 2008 (2–1) — Fase a girone di Champions League

Quando poi è arrivato il momento di lasciare, da buon cavaliere, Del Piero ha teso per l’ultima volta la mano verso la sua signora, per aiutarla a rialzarsi nel momento più delicato. Quando in difficoltà, davanti a tutti, avrebbe invece potuto aprire una ferita indelebile per una separazione discussa. L’ultimo gol di Del Piero potrebbe essere quello con l’Atalanta proprio il giorno del suo ritiro. Ma in quel gol Del Piero non sorride e non esprime emozioni perché è un bacio di addio, desiderato più che altro dai tifosi. Un gesto richiesto dalle buone maniere cerimoniali. In realtà Del Piero ha lasciato la Juve l’11 aprile del 2012, al minuto 36 e 41 secondi di un secondo tempo, dopo 705 partite e poco meno di 290 gol.

Juventus — Lazio, 11 aprile 2012 (2–1) — Serie A

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