Mantenere le distanze: l’analisi tattica di Roma — Juventus

Crampi Sportivi
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5 min readMar 3, 2015

È una partita difficile per la Roma: in crisi di gioco e conseguentemente di risultati da quasi due mesi, solo tre punti di vantaggio da chi insegue, la consapevolezza di non poter sbagliare ancora, per di più davanti al proprio pubblico. Insicurezza, pressioni esterne, tensioni interne.

Di fronte una Juventus tutto sommato serena. Il gioco nelle ultime apparizioni non è stato scintillante, si prende gol da quattro giornate, ma il vantaggio sugli inseguitori è rassicurante e Allegri e compagni si presentano all’Olimpico con due risultati su tre a cui poter puntare.

La Juve scende in campo con il 3–5–2, sia perché Pogba non è al meglio, sia per coprire più agevolmente il campo in ampiezza contro una Roma che gli spazi li sa aggredire. Nessuna sorpresa, con Caceres che difende sul centro-destra, con Marchisio nel ruolo di Pirlo e Morata a fianco a Tevez.

Quello di Garcia è un 4–3–3 non inedito, ma inconsueto, per lo meno nei tre di metà-campo: Nainngolan parte dalla panchina con Keita che agisce teoricamente da mezz’ala (in pratica decide lui) di fianco a Pjanic e De Rossi come schermo davanti alla difesa. Con Manolas e i due terzini ellenici, centrale gioca Yanga-Mbiwa, Astori va in panchina; davanti scelto Ljaic insieme a Totti e Gervinho.

La partita della Juventus a livello tattico è impeccabile per tutti i 90’: Allegri ha ricalibrato il vecchio modulo eredità di Antonio Conte, rendendolo una macchina offensiva pericolosissima senza perdere l’affidabilità difensiva. La Juve di oggi è una squadra più intelligente e meno arrogante, più adattabile e meno irruenta. Sa giocare in tutti i modi, non è ossessionata dal pressing, non vuole controllare le partite coi nervi ma con la tecnica.

Si difende basso Allegri, va a prendere le ali avversarie con i laterali di centrocampo, con gli interni difensivi assorbe gli inserimenti delle mezze ali, con Bonucci segue Totti anche molto lontano dalla porta, ottiene difensivamente quello che la Roma non vuole concedere mai: punti di riferimento. Vince tutti i duelli difensivi: Bonucci su Totti, Caceres su Ljaic, Chiellini su Gervinho (qui più per demerito dell’ivoriano).

Bonucci (cerchio rosso) si alza di 20metri per andare su Totti, con Evra che controlla Gervinho. La Juve prende dei punti di riferimento e non va quasi mai in difficoltà.

La Juve sembra la Roma dello scorso anno. Non è che riparte, letteralmente sprigiona energia negli spazi, cosa che con Conte non era concepibile, quasi l’allenatore leccese temesse l’etichetta di contropiedista (non è una critica, non è criticabile chi vince tre scudetti di fila).

Vidal è un uomo nuovo rispetto alle ultime uscite, la sua efficacia si raddoppia giocando da interno di centrocampo rispetto a quando fa il trequartista: difende meglio perché limita il suo raggio di azione, attacca gli spazi che vede partendo da dietro e di fatto creando le chances più nitide per la Juve e guadagnando la punizione convertita da Tevez.

Vidal quando parte da dietro ha la visione per capire da dove inserirsi, qui Torosidis lo chiude in ritardo e concede la punizione per il gol di Tevez.

Ecco, Tevez. Che roba è Tevez? Non mi dilungo: lascia stare il suo essere fulcro di qualsiasi cosa renda la Juve pericolosa offensivamente; ignora anche il fatto che sbagli una scelta ogni mille e non lasci un pallone facile a Yanga Mbiwa; a 31 anni con alle spalle 3 Premier vinte, uno Scudetto, una Champions, una Libertadores, due Coppe del Mondo per club (o Intercontinentali), lui guarda da Pirlo come si battono le punizioni, si allena per imitarlo, e poi segna una punizione “alla Pirlo” nella partita più importante del campionato.

Ciao.

Dall’altra parte la Roma non sbaglia la partita, nel senso che non sbaglia questa in particolare. La squadra di Garcia non sa più essere pericolosa, non sa più creare quelle situazioni per cui riusciva ad essere incisiva ed efficace senza rischiare nulla.

La Roma attacca l’area sempre in inferiorità numerica e con gli uomini sbagliati: qui Keita è in area mentre Ljaic è nel nulla della trequarti. Alla Roma manca il 9?

Vuoi perché ormai il suo gioco è stato studiato dagli allenatori che la affrontano e la Roma non è riuscita a prendere le dovute contromisure.Vuoi perché una delle soluzioni offensive principali dei giallorossi dello scorso anno non c’è e probabilmente non ci sarà più, almeno agli stessi livelli, e parlo di Maicon. Vuoi perché le giocate non riescono più e a volte neanche vengono provate più: Pjanic in questo periodo dello scorso anno entrava in Coppa Italia a partita in corso e prendeva letteralmente la partita in mano; dov’è finita la sua debordante personalità?

Ma la Roma ha anche qualcosa in più rispetto alla scorsa stagione: la tonnellata di classe di Keita ad esempio. Il maliano ha pilotato la Roma con e senza il pallone. È stato il più pericoloso in attacco con i suoi inserimenti, e il gol lo ha premiato; il più affidabile in regia gestendo tanti palloni nonostante Vidal alle calcagne, un cliente mai facile; ha amministrato psicologicamente i compagni, andando a sedare la lite a fine primo tempo tra la Grecia e De Sanctis e allenando la squadra da dentro il campo negli ultimi 20’ di furia agonistica.

Seydou Keita spiega due cosine a Rudi Garcia.

Anche Manolas è stato molto positivo: in una Roma che deve rischiare per essere pericolosa e libera i terzini per creare qualcosa sulle fasce, lui si trova a casa. Cancella dal campo Morata, lo bastona in velocità e non gli concede mai una giocata agevole pur intervenendo sempre pulito. Nella sua grande partita un episodio mi ha impressionato in particolare: al 68’, pochi minuti dopo il vantaggio della Juventus, compie un intervento pazzesco su Tevez negandogli un gol sicuro e di fatto tenendo a galla i suoi.

Qui Kostas predica calma a suon di spintoni.

Altra nota lieta è Florenzi. Una squadra composta da 11 Florenzi secondo me vincerebbe a mani basse contro tutte le squadre del mondo. In 25 minuti tocca gli stessi palloni di Gervinho in tutto il match, fa un assist, 3 dribbling e recupera 2 palloni mettendoci un’energia tale da vanificare la superiorità numerica della Juventus.

Certo in quegli ultimi 25’ più Roma che Juve, ma una squadra che punta in alto può dominare lo scontro al vertice in casa solo negli ultimi 25’? Perché sì, la Juve ha sofferto, ma ha avuto anche un paio di situazioni con Coman e Tevez che gestite meglio avrebbero fatto affondare i giallorossi. Insomma, facile giocare arrembanti quando non hai nulla da perdere e te ne freghi se sei in dieci, la Roma ha portato l’assalto con la forza dei nervi, per non dire della disperazione, e la squadra di Allegri ha sofferto ma nemmeno così tanto — la chance più ghiotta dopo il pareggio è stato il tiro di Iturbe tre metri a lato.

La Roma “arrembante” nei minuti finali. Chiaro, è in dieci ed è la fine della partita, però se la Juve ne ha otto lì, gli altri sei della Roma chi stanno marcando?

Allegri e Tevez si dicono delusi, anzi «incazzati» per il risultato, e ci può stare dopo che vai in vantaggio e gli gli avversari sono in dieci, ma la realtà è che questo risultato va di lusso ai bianconeri che, anche risparmiando Pogba e facendo a meno di Pirlo, mantengono le distanze dalla Roma e anzi si mettono in tasca gli scontri diretti.

Garcia ci vuole vedere un punto guadagnato sul Napoli, la Roma non ha fatto nessun passo in avanti sul piano del gioco e se vedi i primi 70’ neanche su quello della personalità, però quell’ultima parte di gara può essere importante per far prendere fiducia a qualche giocatore e cercare di rendere divertenti queste ultime 13 giornate di campionato.

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