Morti di Buffon

Massimiliano Chirico
Crampi Sportivi
Published in
19 min readMar 21, 2018

Italia-Svezia è finita da qualche minuto e San Siro si svuota di tutti i suoi tifosi, ovviamente delusi e corrucciati. La RAI manda la pubblicità, sul telefono un amico mi manda un video di lui mentre si allontana dallo stadio con il volto inespressivo e silenzioso, quindi indugio col telecomando su altri canali, per placare la mia sete di distrazioni. Sul canale 58, è in onda un documentario di snowboard. Penso che magari è un segno, magari sarà il nuovo sport nazionale che coinvolgerà milioni di appassionati… ma le immagini si interrompono mentre un tizio esegue un trick impressionante e la linea va subito a bordo campo.

C’è Gianluigi Buffon che parla, quasi in lacrime, e si rivolge a tutta l’Italia. Mentre lo osservo, dentro di me la figura del capitano della Nazionale si sta sdoppiando in due entità distinte e un po’ me l’aspettavo, avevo messo in programma questo passaggio per la fine del Mondiale. Da una parte c’è il Buffon portiere, un fuoriclasse che ho iniziato ad apprezzare davvero solo dopo questo articolo di Davide Coppo per “L’Ultimo Uomo”, un giocatore incredibile capace di resistere al tempo e agli ostacoli della sua carriera. Per me, è il portiere più forte che abbia mai visto e sapere che non diventerà record-man di convocazioni al Mondiale mi fa una rabbia assurda.

Dall’altra parte ci finisce il Gianluigi Buffon uomo, una persona che mi risulta davvero difficile apprezzare: una sommatoria di scelte ed eventi che non ho mai condiviso e che non sono mai riuscito a spiegarmi (ma vaglielo a raccontare poi…), anche se tutto ciò non è riuscito ad intaccare l’immagine dello sportivo che mi sono creato.

Per me Buffon rimane l’ammazza-portieri.

Sono passati sei mesi dal trionfo di Berlino e Buffon è in QUESTA forma.

Tanti, tantissimi guanti sono caduti sotto i colpi della sua superiorità, sia alla Juventus che con la nazionale, ma in vent’anni di Regno Buffon la Juventus non è riuscita a sfornare un portiere degno di nota dalle giovanili o dalle rotazioni dei secondi… ne sarebbe bastato uno solo! Nessuno delle decine di ragazzi che magari hanno condiviso un allenamento con lui sono finiti col parare in prima squadra per dargli il cambio in pianta stabile o magari come secondi perché tanto, a conti fatti, in campo scende sempre lui.

La Juventus non ha potuto fruire completamente di uno dei migliori interpreti del ruolo nella storia. Se domani Buffon diventasse preparatore dei portieri, ci sarebbe la fila per averlo nel proprio staff, mentre i bianconeri — che l’hanno avuto al servizio per vent’anni, vuoi per sfortuna o vuoi per il magnetismo incredibile che esercita — non sono mai riusciti a trarne completo vantaggio. Immaginate di essere un ragazzino delle giovanili juventine, col sogno di parare per la propria squadra: siete al centro di allenamento e vi tocca misurarvi proprio con lui, dandovi il cambio in porta.

Il pensiero è unico e univoco: non ce la farò mai a diventare così, magari faccio al contrario di lui e divento centrocampista.

Lo stesso si può dire per il suo percorso con la maglia azzurra, iniziato con un preliminare e finito allo stesso modo. In tutto questo tempo tantissimi portieri interessanti (sempre meno interessanti di lui) non hanno potuto godere delle caps della nazionale italiana, un passaggio spesso fondamentale nella carriera di un giocatore. Perché una cosa è giocare per il proprio club e per i propri tifosi, che domani possono essere altri e dopodomani altri ancora, ma ben diverso è difendere i colori del proprio paese, con la responsabilità addosso delle estati di milioni di appassionati.

Uno dopo l’altro, i frutti di quella che abbiamo sempre reputato la nostra scuola di portieri (ma potremmo anche parlare dello stereotipo della scuola dei difensori) hanno osservato dalla panchina quel gigante che andava brizzolandosi, volando su un altro pallone e mettendo la fascia attorno al braccio. Buffon ha stroncato ognuno di questi, ha azzerato le loro speranze con la sua supremazia e con il suo modo di difendere il territorio, che è unico per i fuoriclasse del suo calibro: essere sempre il migliore.
Queste sono le storie di chi non ce l’ha fatta.

Nella Juventus

Fabiàn Carini

Arrivato giovanissimo dal Danubio, rimane in bianconero per due anni, prendendo le misure a tutti i campi d’Italia dalla panchina. A pensarci bene, avrebbe potuto fare l’ingegnere o l’architetto una volta smesso.
Nel 2002 passa allo Standard Liegi, dove mette insieme 61 presenze prima di tornare a casa base per prendere parte allo scambio più assurdo degli ultimi vent’anni di Serie A: Carini più 10 milioni per Fabio Cannavaro. Non ha letteralmente senso, cioè Carini al massimo valeva cento euro ma lo hanno fatto per davvero questo scambio pseudo-alla pari!

Carini comunque non era proprio sveglio, infatti poi ce lo siamo persi per strada e alla Juventus si è a malapena incrociato nei corridoi con Buffon. D’accordo, a quei tempi non c’era Internet, quindi GB lo avevano visto di più e più da vicino quelli dello staff e quindi erano certi che fosse il primo… però dai, Carini pure lui, con quel cognome.

Landry Bonnefoi

Bonnefoi era un tipo a posto, giovane e di belle prospettive. Giocava praticamente una partita all’anno e faceva il terzo dietro ad Antonio Chimenti, che manco lo faceva avvicinare al primo portiere. Nel 2007 torna a Torino dopo un doppio prestito a Messina e Metz (che secondo me sono gemellate), apre lo zainetto e scopre di aver giocato una decina di partite negli ultimi sei anni e allora riparte per la Francia, ma questa volta da spirito libero. Peccato perché era arrivato come portiere promettente da inserire nel caso in cui Buffon non ingranava, ma alla fine ha cambiato aria.

Con Bonnefoi si chiude il capitolo Juventus dal lunghissimo titolo “Spendiamo soldi per un buon portiere giovane casomai Buffon non si fa” e si apre il vero e proprio ciclo Buffon.

Antonio Mirante

Ho sempre confuso Mirante con Chimenti per colpa del nome e dello Stage per Giovani Portieri “Antonio Mirante” che ogni anno si organizzava nella mia città. Nelle foto sul giornale c’erano sempre portieri vecchietti e non mi spiegavo come mai non riuscissi a capire: mio fratello m’aveva detto che Mirante era giovanotto ma niente, lui non lo vedevo mai. Allora era diventato Chimenti per me. Vecchietto, poverino.

Però Mirante mi è sempre piaciuto un sacco perché è un uomo normale, un portiere in gamba che alla fine della sua carriera verrà forse baciato dalle norme UEFA e potrà a tornare a Torino per non ritoccare mai quello score di sole sette partite con il suo former club, giocate nel 2006/07 in Serie B, dando il cambio a Buffon.

Ero il suo secondo in B. Gigi è un riferimento assoluto per la mia generazione. Stare al suo fianco è stata una scuola incredibile, irripetibile. Vedere uno come lui, che un mese prima aveva vinto il Mondiale in Germania, che avrebbe meritato un Pallone d’oro per il rendimento, calarsi nelle serie B senza farsi alcun problema… ripeto, una scuola unica e irripetibile. Io ne ho approfittato. Se ho imparato qualcosa da lui? Tecnicamente no, ogni portiere è fatto a modo suo. Mi ha insegnato ad affrontare le partite: sempre concentrato anche quando sei poco impegnato, sono i minuti più difficili per un portiere, quelli in cui deve farsi trovare pronto. Ho imparato a non subire mai la partita. La vera forza di Buffon è questa.

Mirante era uno — forse l’unico — che avrebbe potuto dire la sua se solo non avesse avuto davanti un omaccione così ingombrante come Gianluigi, ma sopratutto le presenze di Mirante sono le ultime di un giovane portiere juventino con delle prospettive. Parte così un ciclo disastroso che arriva ai giorni nostri.

Cristiano Novembre

Uno dei primi risultati di Google se digiti “Cristiano Novembre Juventus” è questo e sicuramente non è un motivo d’orgoglio. Però lui alla Juve c’è stato per davvero, terzo portiere nel 2007–08… peccato che poi la sua carriera non sia ripartita da quella esperienza.

Oggi, a soli trent’anni, Cristiano Novembre è il preparatore dei portieri del Brindisi Calcio.

Jess Kedwell Vanstrattan

Oggi Vanstrattan ha 35 anni e come Novembre fa già il preparatore dei portieri nella sua terra natìa, l’Australia. Ma dopo uno straordinario argento ai Mondiali U-17 del 1999 e in seguito a delle incredibili vicende di tesseramento, nel 2007–08 arriva in bianconero come terzo dietro Buffon e Belardi. Non sarà una stagione emozionante e lui stesso a fine stagione deciderà di chiudere con l’Italia e di tornare in Australia. Zero presenze, al massimo qualche maglietta venduta oltre oceano.

Timothy Nocchi

La trafila delle giovanili l’ha fatta tutta fino in fondo il buon Timothy, allenandosi duramente e duettando col suo idolo di Carrara molte volte. Nel 2009 per lui si spalancano le porte della prima squadra in più di una occasione, quando c’era da fare il secondo dietro Chimenti o Manninger mentre Buffon recuperava da un problema a un’ernia. Niente, nemmeno una presenza. Tanti viaggi in giro per l’Europa e i tentativi di parare le punizioni a giro di Del Piero.

Mario Kirev

Alle spalle di Sissoko e Del Piero.

Nella stagione 2009–10 il povero Mario Kirev si trova coinvolto nell’affare che porterà Diego alla Juventus: Giacomo Petralito, agente FIFA italo-svizzero, sta lavorando per portare a Torino l’asso brasiliano del Werder e nel mezzo ci infila una bella procura per Kirev, 19enne portiere dello Slavia Sofia.
Rimane alla Juve per tre stagioni fatte di prestiti (Thun e Grassophers) e due convocazioni. Non presenze, convocazioni. Faceva probabilmente il lanciapalloni umano per Buffon.

Carlo Pinsoglio

Intanto fa l’eroe nelle tournée della Juventus.

Campionato 2009–10, giornata 28: la Juventus spreca un vantaggio di tre reti in casa con il Siena e si fa rimontare clamorosamente sotto lo sguardo atterrito dei tifosi. Chimenti osserva i pasticci della sua difesa e in panchina Carlo Pinsoglio assaggia l’atmosfera del calcio che conta. Non sa cosa gli prospetta il futuro: è un giovane pieno di sogni e belle speranze e potrei inventare tante storie su di lui, ma la verità è che Pinsoglio ha vivacchiato in B per sei anni e ora è il terzo portiere dei bianconeri. La necessità di tesserare un prodotto delle giovanili ha vinto anche questa volta.

A Livorno, nel 2015–16, condannò gli amaranto alla retrocessione con una papera contro il Lanciano all’ultima di campionato e fù preso a pugni dai tifosi.

Laurentiu Branescu

Young Gulliver ha 23 anni (praticamente un vecchio) e la sua pagina Wikipedia lo definisce come uno dei prospetti più interessanti d’Europa, figlia dell’immortalità che può donare Internet.

Non è vero ragazzi, non è vero e non fidatevi di questa gente che vende facili speranze e sogni a buon prezzo. Pare che sia stato sospeso per un anno dalla nazionale rumena per via dei suoi problemi con l’alcool.

Nicola Leali

Facciamo che la triste storia di Nick Leali provo a raccontarla usando meno parole possibili. Proviamo?

Leali? Sarà il nuovo Buffon della Juventus. Loro hanno già il numero 1 al mondo, ma hanno acquistato comunque il più forte giovane portiere italiano per il futuro che attualmente c’è in circolazione — Gino Corioni

Brescia → Juventus → Virtus Lanciano → Spezia → Cesena → Frosinone → Olympiacos → Zulte Waregem.

Ci sono riuscito?

Alberto Brignoli

Insomma Brignoli ha dovuto fare tanta gavetta per guadagnarsi i colori bianconeri nel 2015 a 24 anni e quindi non è nemmeno un prodotto del vivaio. La Juventus continua a dirottarlo in prestito senza soluzione di continuità: lui ha esordito in Serie A nel maggio 2016, in un Juve-Samp 5–0.

È strano: nel 2016 è il portiere del Perugia sconfitto in semifinale playoff dal Benevento e nella stagione successiva è proprio portiere del Benevento in Serie A, autore di questo storico gol che vale il primo punto alle Streghe contro il Milan. Che Brignoli sia la moneta di scambio della Juventus?
Chi può dirlo, sicuro è che il ragazzo Vinovo non l’ha vista MAI, manco in foto e non ci sono nemmeno immagini di lui con la maglia bianconera.

Per non interrompere la striscia di belle foto di giovani speranze ho messo un Belardi portafortuna, che ci sta sempre bene.

Emil Audero

Rampulla alza il telefono e compone il numero dell’ufficio dello Juventus Stadium: c’è questo ragazzone indonesiano passato dalle mani di Marco Roccati che merita un’occhiata approfondita. Bam!, preso, si vede che Rampulla ha l’occhio lungo e lo prendiamo sulla parola.

Audero ha faticato tanto (11 anni!) nelle giovanili, solo per guadagnarsi due stagioni da quarto e terzo portiere per la Juventus, vincendo senza mai scendere in campo una Coppa Italia e uno Scudetto. Mentre scrivo questo pezzo, Emil è in prestito al Venezia, in Serie B, dove sta disputando un ottimo campionato assieme a tutta la squadra e rappresenta l’ultimo prodotto del vivaio bianconero, il possibile erede al trono di vice Buffon, ammesso che Gigi voglia continuare come ha fatto sapere recentemente.

Naturalizzato italiano, già portiere dell’U-21 tricolore e frutto della vivaistica bianconera. Che sia la volta buona?

Onore delle armi

A futura memoria, ricordiamo con rispetto e onore

Antonio Chimenti, 34 presenze e 50 gol subìti.

Alexander Manninger, 42 presenze e 43 gol subìti.

Marco Storari, 64 presenze e 64 gol subìti.

Rubinho, 2 presenze e 0 gol subìti.

Norberto Neto, 22 presenze e 15 gol subìti.

Emanuele Belardi, 9 presenze e 17 gol subìti.

Christian Abbiati, 27 presenze e 17 gol subìti.

A tutti loro (sopratutto a Rubinho, che è quello che ha sofferto di più) vanno i nostri più sentiti ringraziamenti ed elogi per non aver mai mollato, onorando l’impegno firmato in sede contrattuale e vivendo una carriera intera o una parte di essa come scudieri del portiere più forte degli ultimi trent’anni.

In nazionale

Disclaimer necessario: per affrontare il discorso nazionale non si possono usare come termini di paragone i dati anagrafici. Buffon ha esordito con Cesare Maldini che era giovanissimo e ha parato, parato, parato tutto fino a (teoricamente) ritirarsi a 40 anni, quando gli aspiranti Buffon avevano praticamente raggiunto e superato l’età in cui lui ha esordito. Praticamente qualsiasi tentativo di portare il discorso sul piano “Ma Donnarumma è troppo giovane per parare” o “Ma De Sanctis è salito alla ribalta quando ormai era troppo grande per parare” sono del tutto inutili.
Questo è il vero Regno Buffon.

Angelo Pagotto

Angelino da giovanissimo si laurea campione d’Europa U-21 con gli azzurrini di Cesare Maldini. È il terzo titolo consecutivo degli under italiani e Pagotto difende i pali della squadra come un legionario, con Buffon che gli fa da sparring partner. Questa estemporanea mi fa impazzire: è praticamente una delle pochissime volte in cui Buffon viene messo da parte, per di più da un giocatore che poi non riuscirà a ritagliarsi un posto di rilievo.

Pagotto guerriero spinge all’angolo Buffon e poi perde il posto due mesi dopo ai giochi Olimpici di Atlanta: Pagliuca si prende il posto da fuoriquota, Buffon fa il vice e Pagotto il terzo. È finita così.

Matteo Sereni e Matteo Gianello

L’Italia di Marco Tardelli si laurea campione del torneo di calcio ai XIII Giochi del Mediterraneo, a Bari nel 1997. Tra i pali di quella assurda formazione (per citarne alcuni: Totti, Diego De Ascentis, Ventola, Robi Baronio) si sistema un freschissimo Gianluigi Buffon che ne esce con la medaglia d’oro al petto a discapito dei Matteo Bros, che si accontentano di osservare tutto dalla panchina. Metteranno su una carriera in Serie A (sopratutto Sereni, che a Torino mi piaceva un sacco), ma non sarà mai più la stessa cosa dopo aver visto il Re volare tra i pali del San Nicola.

Gianluca Pagliuca

Dopo lo slot da fuoriquota alle Olimpiadi, Pagliuca ritorna a spron battuto e si prende il posto da titolare nella mistica esperienza di Francia ’98, conclusa in maniera tragica dai ragazzi di Maldini. Cesare, uomo tutto d’un pezzo e forse ultimo vero commissario tecnico della nazionale che ha vissuto tutto il precorso formativo dei giocatori, dalle giovanili in poi, non tradisce il suo credo e alle spalle di Pagliuca ci mette Toldo e Buffon, che assistono inermi a quella clamorosa disfatta. Gigi è un ragazzetto e gusta troppo presto il sapore amaro della delusione. La Dea bendata del calcio gli sta asfaltando la strada per il futuro ma adesso bisogna soffrire e Gigi, da bravo portiere, indossa i guanti e si dedica al suo compito.

Francesco Toldo

Toldo sta tutto lì, concentrato in quella mistica esperienza di Euro 2000.
In panchina siede Dino Zoff che vuole vincere a tutti i costi con Buffon tra i pali, che però si fa male a una mano in un’amichevole contro la Norvegia a venti giorni dall’Europeo. Così in Belgio/Olanda ci vanno Toldo, Abbiati e Antonioli, con gli ultimi due seduti in panchina e a nulla servirà uno strepitoso Toldone contro l’Olanda in semifinale. Buffon sta per mettere la freccia e infatti per il caro Francesco sarà una delle ultime volte.

Christian Abbiati

Panchinaro nel 2000, ancora panchinaro nel 2002, nei Mondiali di Corea e Giappone. Questa volta Abbiati fa un po’ di spazio vicino a sé e su quella seggiolina di plastica fredda si accomoda anche il sopracitato Toldo: per Giovanni Trapattoni il portiere titolare è indiscutibilmente Gianluigi Buffon e così sarà per buona parte delle qualificazioni e per tutto il Mondiale.

Gli azzurri faticano già nel girone sbarazzandosi prima dell’esordiente Ecuador, perdendo poi per 2 a 1 con la Croazia (reti di Rapaic e Olic dove Buffon ha un po’ di colpe in entrambi i casi). Nell’ultima del girone è Borgetti del Messico a sorprendere Gianluigi con una spizzata sul secondo palo ma Del Piero pareggia e la truppa avanza agli ottavi dove si consumerà il martirio operato da Byron Moreno. Buffon para un rigore e capisce che ci sarà molto da sbattersi in quella gara: il gol del pari è un pasticcino della difesa, il gol del raddoppio è un pasticcino suo.

Trapattoni lo rischia e Buffon conclude la sua prima, grande manifestazione internazionale con cinque gol subìti in 4 partite, un rigore parato e qualche colpa, come tutti gli altri.

Angelo Peruzzi

In Portogallo, per Euro 2004, c’è ancora Trapattoni al timone e la sostanza cambia di poco: Buffon è sempre il portiere titolare della squadra, Toldo è il vice ma a fare il terzo arriva Angelino Tyson Peruzzi, che soppianta definitivamente Christian Abbiati. Palese come i due portieri che rimangono in panchina abbiano tantissima esperienza in più rispetto a Gianluigi, che comunque non è più un giovinotto da tempo.

Zero a zero all’esordio con la Danimarca, poi pari con la Svezia che punisce grazie a un eurogol di Zlatan Ibrahimovic, che pararlo sarebbe stato impossibile e disumano. Con la Bulgaria arriva l’unica vittoria (per gli avversari segna Martin Petrov), ma è un risultato ininfluente e Buffon torna a casa col resto della truppa.

Marco Amelia

Germania 2006 è il miracolo sportivo che abbiamo avuto la fortuna di vivere negli ultimi trent’anni. Marcello Lippi si affida a Buffon che già da qualche anno è uno dei migliori portieri in circolazione, il miglior estremo italiano, mentre dietro di lui si accomodano Marco Amelia e Angelo Peruzzi, che il campo lo vedranno col binocolo. Il Mondiale di Buffon si divide perfettamente a metà tra l’inoperoso e il divino.

Gigi becca due reti in tutta la competizione (un autogol di Zaccardo e il rigore di Zidane) ed è impeccabile per tutto il resto delle gare. Si potrebbe prendere qualsiasi partita ad esempio, l’unico dubbio da risolvere sarebbe questo: con una difesa blindata come quella e con un centrocampo tutto filtro, avrebbero fatto la loro figura anche Amelia e Peruzzi o Buffon è stato fondamentale?
È una domanda retorica, calmi ragazzi.

Morgan De Sanctis

In Austria-Svizzera l’Italia ci va con Donadoni al comando che, inevitabilmente, vuole metterci del suo anche con le scelte tra i pali: Gianluigi Buffon è titolarissimo, spalleggiato dal sempiterno Marco Amelia e da una new-entry della famiglia, quel Morgan De Sanctis che ha concluso la stagione difendendo egregiamente la porta del Sevilla FC.

È storia ben nota lo schianto della bella Italia di Donadoni contro l’asteroide Spagna. Qualche scricchiolio si era già avvertito all’esordio, una sconfitta per 3 a 0 contro l’Olanda: il primo gol è un fuorigioco incredibile, sulla rete di Sneijder il palleggio olandese è perfetto e l’ex Inter becca l’unico spiraglio lasciato libero da Gigi. Sulla terza marcatura, Buffon ci prova pure a opporsi con tutto sé stesso, ma sembra che la difesa gli remi contro. Nella seconda gara con la Romania, Buffon è provvidenziale con un rigore parato al minuto 81', che ci permette di strappare un punto vitale per legittimare la qualificazione contro la Francia nell’ultima gara. Ai quarti finisce male e preferirei non riaprire questa ferita ancora fresca.

Federico Marchetti

Buffon — De Sanctis — Marchetti per il Lippi bis del 2010, ma in Sudafrica è un disastro totale e non a caso Buffon si fa male dopo 45' della prima gara contro il Paraguay. La mano invisibile che muove il calcio entra in azione e, in previsione della ecatombe manifestata sotto forma di spedizione sudafricana, chiama fuori Gianluigi quasi per risparmiargli tutta quella vergogna. Qui accade l’incanto perché Marcello Lippi fa segno al secondo di entrare e da lì praticamente la carriera di Federico Marchetti cambierà sempre, a cominciare dal fatto che usciremo dal Mondiale con il doppio pareggio contro Paraguay e Nuova Zelanda e poi con la sconfitta contro la Slovenia.

La sera della terza gara del girone ho rotto una sedia di plastica bianca al 90', perché ripensavo alle tre squadre che ci avevano maltrattato e non riuscivo a spiegarmi il perché. Buffon non era nemmeno in campo, cosa che ha contribuito ad aumentare il senso di smarrimento. Marchetti comunque pagherà a caro prezzo il dover sostituire un’icona come Gianluigi e infatti poi verrà messo fuori rosa al Cagliari, andrà alla Lazio e nel giro di pochi anni verrà messo fuori rosa anche qui. Fear the fate.

Salvatore Sirigu

Prandelli ci va piano a Euro 2012 e riconferma Buffon, dando spazio dietro al collaudatissimo Morgan e a una new entry delle competizioni ufficiali: il tanto bistrattato Sirigu. Euro 2012 è un appuntamento talmente strano che tra i capo-cannonieri figurano Dzagoev e Mandzukic, per dirne due, e anche l’esperienza italiana si apre in maniera particolare: 1 a 1 all’esordio contro i campioni in carica della Spagna (Buffon fa buona guardia, ma Fabregàs incoccia il corridoio giusto per spiazzarlo); 1 a 1 con la Croazia, in una sfida esaltante tra Gigi e Stipe Pletikosa; infine il 2 a 0 sugli irlandesi che ci vale il passaggio del turno.

Ai quarti incontriamo l’Inghilterra e la gara si trascina fino ai rigori: Gigi intuisce su Gerrard ma non ci arriva, becca il gol da Rooney prima del cucchiaio di Pirlo che ribalta emotivamente la gara, spedendo il penalty di Young sulla traversa e permettendo al nostro portiere di ipnotizzare Ashley Cole. Con la Germania è Buffon a proporre un patto di collaborazione alla fortuna, impegnandosi a metterci del suo e chiedendo alla Dea bendata di fare il resto (e a Balotelli di chiudere la pratica). Peccato che tutto questo featuring produttivo si interrompa a qualche minuto dalla finale, dove la Spagna ci strapazza e ci manda a casa. Ma abbiamo sognato come sei anni prima, ancora una volta, e Buffon è in prima fila.

Mattia Perin

Prandelli ci riprova dopo gli ottimi risultati di due anni prima: il pacchetto portieri viene rinnovato con l’inserimento di Mattia Perin al posto di Morgan De Sanctis ma Buffon, fascia di capitano al braccio, è intoccabile. Ne viene fuori un’esperienza turbolenta, che si apre benissimo con la vittoria per due a uno sulla cara Inghilterra e si trasforma in una doppia, clamorosa debacle contro Costa Rica e Uruguay. Siamo alla seconda eliminazione consecutiva ai gironi, il presagio del punto più basso della nostra storia calcistica nazionale.

Gianluigi Donnarumma

Punto più basso che si concretizza con la mancata qualificazione al Mondiale russo, punto di inizio e di fine di questa storia. Buffon piange, quasi non ce la fa a guardare in camera: la sua avventura tra i pali della Nazionale finisce malissimo, infrangendosi sulla Svezia e trascinandosi addosso tutte le speranze e i sogni estivi di milioni di italiani. Gianluigi saluta e piange, mentre la gente gli prepara il funerale e già pregusta il tanto conclamato passaggio di consegne da Gigi Buffon a Gigio Donnarumma, giocandoci sul nome come a voler giocare col destino del giovanissimo portiere.

Buffon si consegna alla storia, bella o brutta che sia, della sua squadra e del suo Paese. Finisce in panchina anche alla Juventus, dove si alterna con Szczesny in un tandem che rischia di precludergli un’altra pietra miliare della sua carriera, quel record di presenze in Serie A che appartiene a Paolo Maldini e che Gigi rischia di non poter raggiungere.
Cala il sipario, l’ammazzaportieri lo sente e bisbiglia a bocca coperta che lui vorrebbe rimanere ancora un po’, che non è ancora arrivato il momento di farsi da parte. Ma l’inesorabile macchina del futuro e del progresso è stata avviata, già si parla di “incarico dirigenziale” e di “un posto in federazione”.

Stiamo dimenticando tutti* Gianluigi Buffon prima ancora della sua ultima partita, a breve ci rimarranno di lui solo centinaia di video su YT da rivedere all’infinito. Poi lo dimenticheremo.

* Più o meno, c’è un circolo formato da Carini, Bonnefoi, Mirante e compagnia che non ha ancora smesso di ricordare i seggiolini duri della panchina.

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Massimiliano Chirico
Crampi Sportivi

Da piccolo avrei voluto fare hockey su ghiaccio ma vai a spiegarglielo a mio padre. Oggi la mia vita sarebbe diversa.