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Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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9 min readMar 1, 2016

La cerimonia del Pallone d’Oro 2021 la ricordiamo tutti, perché erano passati quattordici anni esatti dalla prima volta in cui Messi e Cristiano Ronaldo furono candidati al premio finale. Quella volta non lo aveva vinto nessuno dei due, ma erano arrivati rispettivamente terzo e secondo. Da allora in poi era stato un graduale anticlimax di sorprese ogni anno, tanto che per renderlo più interessante si era pensato di sospendere la premiazione fino al giorno in cui i due si sarebbero ritirati dall’attività, una proposta che aveva indignato tutti. Tranne Neymar. In generale, man mano che il gran giorno si avvicinava, ricordo che si respirava un’aria di disinteresse e smobilitazione.

Per correre ai ripari la nuova, ecumenica dirigenza della Fifa aveva tentato il colpaccio mettendo in giro la voce che sarebbe stato il primo anno con due Palloni d’oro assegnati, forse tre. Anzi, girava persino la voce che da quella svolta epocale in poi la definizione di Pallone sarebbe addirittura sembrata riduttiva. Quale che fosse la novità di questa edizione, la si sarebbe scoperta soltanto seguendo la cerimonia. Il trucco funzionò, praticamente tutti i network del pianeta compresa Rojadirecta si collegarono con l’evento. Tuttavia, nessuno seppe mai quanti palloni d’oro sarebbero stati assegnati quell’anno.

Ricordo Kobe Bryant chiamato sul palco ad annunciare i due candidati alla vittoria finale, la sensazione di straniamento che dava la scenografia à la Leiji Matsumoto, ricordo Aubemayang e i suoi due abiti diversi indossati contemporaneamente, e la musica di Hans Zimmer che rimbombava dalle casse del pc, mai sentita così tanta ansia in due sole note.

«You guys cool?», sorrise Kobe voltandosi prima verso Messi e poi verso Ronaldo, mentre si avvicinava alla colonnina, pronto a tirare fuori dallo smoking la busta con il nome del vincitore. Quello che successe dopo cambiò la storia dell’umanità.

Parte I — L’uomo nello specchio

Ho bisogno di una pausa. È notte fonda, mi alzo dalla scrivania e mi dirigo verso il bagno, devo staccare la spina. Vorrei che Messi e Ronaldo rovinassero la festa del Pallone d’oro, nutro questo desiderio recondito di una loro presa di coscienza rispetto alla portata dei loro messaggi, ma probabilmente voglio soltanto punirli perché sono invidioso, una persona piccola, che si nutre di passioni tristi. Sarei già abbastanza avvilito anche se non mi stessi calando i calzoni, e mi metto seduto.

All’improvviso mi accorgo che c’è un uomo che mi guarda dal riflesso dello specchio. Non è il mio riflesso, è proprio un’altra persona, che mi guarda da dietro al vetro. Da domani, giuro, scriverò solo di tabellini delle partite e indiscrezioni di calciomercato.

«Non avere paura. Il mio nome è CC35»

Non ho paura, è che sono sicuro: Pogba al Barça, appena finisce il blocco del mercato.

«Questa è soltanto una finestra spazio-temporale. Trasmetto dall’anno 3017, il mio nome mi è stato dato in onore dell’uomo che a voi è noto come Ciccio Cozza»

Inserimento all’ultimo minuto del Psg per Pogba, Dybala vicino al Manchester United per 60 milioni più Martial.

«Vedi, nel 3017 tutti si chiamano con le sigle e i numeri dei calciatori del vostro tempo, l’Epoca d’Oro. La discendenza della tua famiglia porta il nome MC77»

Marco Cassetti 77.

«Gol. Prima che questa conversazione continui, ti prego di non sentirti disorientato per alcune risposte secche che ti darò. Nel 3017 “sì” e “no” li abbiamo sostituiti con le espressioni “gol” e “fuorigioco”»

Ehi aspetta un attimo, Frank Fenner sostiene che l’umanità sarà estinta entro un secolo. Il 3017 dovrebbe essere disabitato.

«Nella tua linea temporale la risposta è gol, ma se Messi e Ronaldo finiscono il loro discorso, se portano a termine la cerimonia del Pallone d’Oro 2017, un’altra linea temporale nascerà e l’umanità sarà salva. Dimezzata, ma salva.»

Ma che dici, come è stata dimezzata l’umanità? Abbiamo esaurito tutte le risorse?

«Magari. Sono stati i suicidi di massa, e a catena, perché prima è finito il calcio, e dopo tutti gli altri sport. Sono morte milioni di persone.»

Dio, ti prego è terribile, è un incubo, dimmi che non è vero, dimmi che non è finito il calcio.

«Per come lo conosci tu, gol.»

Ma io ero venuto qui per rilassarmi.

«Mentre tu ti rilassi, il calcio sta per morire.»

No scusa, mi sono perso un attimo. Come farete senza calcio?

«In realtà lo abbiamo rifondato, ma abbiamo dovuto cambiare molto, perché la competizione non esiste più. Le squadre non si affrontano, si incontrano e creano traiettorie di gioco e spettacolo sul campo, manipolando la materia del pallone con la forza del pensiero. Si chiama ancora football, ma di fatto non usiamo i piedi.»

Ma che dici, scusa, e la palla?

«La palla esiste ancora ma è solo la forma di partenza, durante la partita può diventare di tutto: un sandwich, un drago, la Torre Eiffel. Non esistono vincitori né vinti, esiste solo il Gioco.»

Pensa le cifre che avranno i vostri diritti televisivi, a 12 zeri.

«Definisci “diritti televisivi”. Chi o cosa sono?»

Dove si guarda la partita nel 3017?

«Allo stadio. Solo allo stadio. Ce ne saranno almeno una ventina in ogni città, con almeno una quarantina di squadre per ogni area urbana, il campionato dura tutto l’anno.»

Ed è votato interamente allo spettacolo

«Gol»

Cioè, niente vincitori né vinti?

«Gol. I nomi dei vincitori sono stati cancellati dai libri circa quattro secoli fa, secondo gli Anziani essi sviavano l’attenzione dal Gioco. Hanno conservato solo i nomi e i filmati youtube di chi ha onorato il Gioco con una particolare dedizione nei confronti dello spettacolo. Presumiamo che molti di questi nomi siano stati dei vincitori, ma non hai idea di quanti nomi di vincitori-senza-gioco siano andati perduti nel tempo, soprattutto quelli che avevano come filosofia la vittoria a ogni costo.»

Che mi dici di Antonio Conte?

«Forte centrocampista del Lecce, se non sbaglio.»

Chiaro, non avrei saputo dirlo meglio. Non ci credo, sembra il sogno bagnato di Zeman. E appena dico ‘Zeman’, l’uomo nello specchio mima il segno della sigaretta, con reverenza religiosa. Ma che fai?

«Io appartengo alla Chiesa di Zeman.»

Esiste una Chiesa di Zeman?

«Gol, nel 3002/03 appartenevo alla Chiesa di Sampaoli, ero per il possesso palla a ogni costo, poi mia moglie mi ha lasciato e mi sono convertito. Lei apparteneva alla Chiesa di Cruyff e io avevo paura di allontanarmi troppo da me stesso, avevo bisogno di tornare alla mia difesa a zona di comfort.»

E scommetto che esiste una Chiesa di Cruyff in quanto l’Olanda del calcio totale fu la massima espressione del Gioco nonostante quella squadra non abbia ottenuto alcun trofeo.

«Gol, ma non mi stupisce che tu capisca, in un certo senso hai contribuito a crearlo, questo universo.»

Cazzo.

«Definisci “cazzo”.»

Pardon. Un’imprecazione e il nome di una parte anatomica, niente di memorabile.

«I nomi delle parti anatomiche usati per esclamare li abbiamo sostituiti tutti nel 2999.»

Con quale espressione?

«CR7»

Aspetta un attimo, hai detto che la memoria dei vincitori è stata cancellata e avete mantenuto solo quella di chi ha onorato il gioco e dato spettacolo. E gli uomini di fatica? I Gattuso, i Perrotta?

«RG8 e SP20, sono venerati dalla Chiesa di Oriali, le loro gesta riecheggiano nella galassia conosciuta.»

Ho paura a chiedertelo, ma chi ha scritto l’inno della Chiesa di Oriali?

«Dovrei fare delle ricerche.»

Non importa, non voglio sapere. Ma tu perché sei venuto qui?

«Per raccontarti il futuro, perché se Messi e Ronaldo non finiranno il loro discorso cerimoniale per il Pallone d’oro 2017 il mio mondo cesserà di esistere. E devono finirlo in fretta, perché tra poco il segnale sparirà, già adesso la ricezione è molto debole.»

Va bene, va bene, il discorso di Messi e Ronaldo, andata.

«È l’unico modo: le generazioni future ascolteranno solo loro»

Gol, ricevuto.

«Gol. Ora vado. Grazie SV20»

Ma come SV20, non sono mai stato un calciatore.

«Lo dici tu, torneo di beach soccer, estate 2002, difensore nella squadra l’Aiuola. Due presenze, una panchina»

E un palo preso.

«E un palo preso.»

Aspetta! Un’ultima domanda, ascolta: che ne è stato di Mourinho?

«Chi CR7 è Mourinho?»

Parte II — Il discorso di Messi e Cristiano Ronaldo

Kobe Bryant, gran cerimoniere del Pallone d’Oro 2021, annunciò i due candidati. Leo e Cristiano si alzarono insieme, con una sincronia di movimento che rasentava la perfezione, andarono vicino al Black Mamba e gli poggiarono una mano a testa su una spalla. La stanza si illuminò tanto che il segnale streaming sparì per un attimo, poi tornò più forte, ricordo che anche Rojadirecta riluceva come se fosse in modalità Premium HD. L’espressione di Cristiano Ronaldo divenne pacata e atarassica come mai era stata prima, non un filo di tensione mal posta traspariva dal suo sguardo. Messi invece mantenne la stessa, relativamente entusiasta, espressione di sempre.

E parlarono all’unisono, in una lingua che era sia inglese, che spagnolo, sia arabo, che cinese, e italiano, e swahili, e persino diverse varietà di sardo. Tutti capirono quello che i due campioni stavano dicendo, e tutti ascoltarono in silenzio, ovunque sul pianeta.

«Voi sarete liberi».

All’inizio tutti pensammo a una trovata pubblicitaria degli sponsor, qualcosa tipo Nike e Adidas uniti per la pace, un nuovo paio di scarpe disegnate una da uno sponsor e una dall’altro. Ma non ne sapevamo niente.

«La materia non sarà più, poiché voi vi rinuncerete. Le forze fondamentali sono tenute insieme dal singolo pensiero, voi non ne sentirete più il peso poiché esso non vi influenza, siete invece voi a influenzarlo».

Nella chat degli amici appassionati di calcio fu un profluvio di “è incredibile quanto si stiano spingendo oltre le multinazionali”. Ricordo la faccia di Kobe farsi seria e replicare quella che i media chiamarono the face, all’epoca delle finals contro Boston nel 2010.

«Tra i vostri corpi fisici e quelli delle persone a voi vicine non esiste alcuno spazio vuoto, esiste un insieme di luci che vi attraversano e si incrociano, un oceano di pensiero che è possibilità, e che vi collega alle vostre strade, ai vostri avversari, ai vostri affetti, alle cose possedute dagli altri, a fiori di cui non conoscete l’odore e non sapreste definire il colore, ma ai quali potete dare un nome».

Sui social network, in quel momento, fu il delirio. Le agenzie di stampa lanciarono le loro considerazioni personali, in tempo reale. Ricordo che l’account di Reuters Sports twittò: “I must confess I’ve never really liked sports”.

«Voi siete connessi. Date un nome alle luci che vi attraversano, disegnate il vostro pensiero. Abbiatene cura, abbiate cura dell’altro da voi, poiché siamo tutto ciò che abbiamo».

Kobe commosso e in lacrime, volti imbarazzati tra il pubblico, Ibra che si guarda intorno come se avesse dimenticato l’alce sul fuoco, sipario, fine delle trasmissioni. ll giorno dopo tutti gli analisti furono d’accordo nel definire quella cerimonia il più grosso flop non solo della storia dei galà di sport, ma della comunicazione in generale. Nessuno aveva capito esattamente cosa si fosse promosso la sera prima, che genere di strategia di marketing fosse stata messa in opera e, soprattutto, chi cazzo aveva vinto il Pallone d’oro.

A giudicare da tutti i riferimenti alle luci e alle connessioni, probabilmente si trattava di qualche nuovo tipo di fibra ottica, di un nuovo modello di google glass, vai a capire. Il mondo delle multinazionali il giorno dopo si svegliò in subbuglio, ogni brand attendeva dalla concorrenza l’annuncio commerciale che li avrebbe mandati definitivamente a spasso. I Ceo delle più grandi industrie al mondo diventarono immediatamente tutti così paranoici che fecero sospendere la produzione per una settimana circa.

Ma il sabotaggio definitivo del turbocapitalismo non era stata l’unica conseguenza di quel discorso, nè tantomeno la più seria: il pomeriggio dopo la cerimonia, nelle strade, nei campetti di tutto il mondo, centinaia di ragazzini facevano viaggiare il pallone con il pensiero.

Muovevano il piede come ad accompagnarlo, a disegnare la sua traiettoria, come se l’avessero sempre fatto. C’era chi smaterializzava la palla di cuoio strabuzzando gli occhi, e poi la faceva riapparire oltre la linea di porta.

Accadde anche in un campetto alla periferia di Roma, ma i genitori dei ragazzi non se ne accorsero, perché si stavano menando per un fuorigioco che non c’era. Il futuro era iniziato, e l’umanità guardava da un’altra parte.

Per il momento, però, sarebbe andata bene così.

“For when the One Great Scorer comes

To mark against your name,

He writes — not that you won or lost –

But how you played the Game.”

(Grantland Rice, tratto da Alumnus Football)

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