Non avrai altro Dio all’infuori di Ibra
Zlatan Ibrahimović ha un ego ipertrofico. Appena acquistato dall’Ajax, entrò negli spogliatoi, guardò i suoi nuovi compagni di squadra e disse: “Io sono Zlatan Ibrahimović, e voi chi cazzo siete?”.
La carriera di Zlatan è stata una vera e propria ascensione e la sua figura ha assunto un’aura messianica. L’ha confermato Marco Verratti, che ha raccontato a FourFourTwo un episodio di qualche anno fa.
Prima della conquista della Ligue1 nella stagione 2012/2013, diciannove anni dopo l’ultima vittoria, la pressione sul Paris Saint-Germain era fortissima: poco prima della gara decisiva contro il Lione, lo stesso Carletto Ancelotti (uno abituato ad avere a che fare con finali di Champions League, mica passeggiate nei boschi alla ricerca di margheritine) era teso. È in momenti come questi che l’ego di Ibra diventa decisivo: Zlatan prese da parte Ancelotti e gli chiese se credeva in Gesù. Al sì di Carletto, Ibra rispose: “Benissimo, allora credi in me. Puoi rilassarti!”
Qualcuno lo chiamerebbe “complesso di Dio”. In effetti, Ibra ne sembra affetto.
In questa intervista spiega a un giornalista svedese con chi sta parlando.
[embed]https://www.youtube.com/watch?v=ppUO8vdRNhI[/embed]
Quando deve scegliere il suo top undici, è ovvio che un posto sia riservato a lui stesso, “the God”
[embed]https://www.youtube.com/watch?v=OArACq2vEwY[/embed]
Poco importa che Dio Zlatan non abbia ancora vinto la Champions: l’Ibraismo è già un culto diffusissimo.