Non ci sono più i campioni dei vostri padri

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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3 min readFeb 2, 2018

Negli ultimi anni, direttamente proporzionale alla crescita dell’aspettativa di vita, anche l’età del vostro campione olimpico preferito potrebbe essere salita, abbattendo fragorosamente quella che, fino a un lustro fa, sembrava una barriera insormontabile: i quattro decenni di vita. A Pyeongchang, infatti, non ci sarà uno dei veterani con più lustrini, come il biathleta Bjorndalen (già campione olimpico da over 40 a Sochi, nella sprint). L’atleta norvegese non è stato selezionato dalla corazzata norvegese, che dispone di sei atleti al momento più competitivi: ciò nonostante, ci saranno diversi “vecchietti” terribili a caccia del colpo grosso.

In tal senso, il caso più eclatante è senza dubbio quello di Claudia Pechstein. La poliziotta tedesca si presenterà in Corea del Sud a caccia di nuovi allori olimpici, soprattutto nella gara che l’ha già vista trionfare per ben tre volte, i suoi 5000 metri. Il dettaglio incredibile, però, è rappresentato dalle edizioni in cui la nativa di Berlino Est ha archiviato i tre titoli olimpici individuali nella disciplina (cinque in totale): Lillehammer ‘94, Nagano ‘98, Salt Lake City 2002. Stiamo praticamente parlando di preistoria sportiva. Non vi sorprenderà, a questo punto, scoprire la data di nascita della formidabile atleta teutonica. Se doveste trovare e leggere la sua carta d’identità, vi imbattereste in un 22/02/1972 da lasciare quasi senza fiato. Una longevità straordinaria, che le ha garantito (meritatamente) di essere tra le cinque nomination tedesche per fare il portabandiera in Corea del Sud, nonostante una controversa squalifica per valori ematici sospetti che la colpì nel 2009.

La storia della medaglia nel 2002? I capelli color tedesco.

Nonostante la proposta del comitato giapponese, Noriaki Kasai invece aveva inizialmente rinunciato al ruolo di portabandiera per restare concentrato sulle sue gare. Competizioni che per altro inizieranno pure prima del via ufficiale della manifestazione. Tuttavia, il nipponico ha poi accettato la proposta: anche lui è un altro veterano di lungo corso, dalla grandezza straordinaria.

Noriaki Kasai è un coetaneo della Pechstein, dato che assume contorni ancor più surreali se si pensa allo sport praticato dal fuoriclasse nipponico. Nel salto con gli sci, già oggi, ci sono atleti classe ‘99 e 2000 competitivi ai massimi livelli. Gente quindi anche di 28 anni più giovane del campione del mondo di volo con gli sci nell’ormai lontanissimo ‘92, in quel di Harrachov. L’atleta di Shimokawa — che ha già scritto pagine di rilievo sul libro del salto olimpico tra medaglie di prestigio (Sochi 2014 su trampolino lungo), clamorose sconfitte (gara a squadre di Lillehammer ‘94) e brucianti esclusioni (gara a squadre di Nagano ‘98, in casa) — non ha una competitività tale per essere considerato tra i papabili di medaglia, a differenza di quanto successo in Russia.

Sul trampolino lungo, però, considerate le caratteristiche “estreme” dell’impianto di Alpensia Resort, che è ideale per i saltatori con sensibilità in fase di volo, Kasai potrebbe sfoderare una prestazione di valore ed essere elemento di grande importantza per il Giappone nella gara a squadre. Con la crescita dei fratelli Kobayashi e il rientro di Daiki Ito, infatti, la squadra nipponica potrà provare a difendere il posto sul podio ottenuto nell’ultima edizione dei Giochi Olimpici.

Quasi tre decenni di distanza, stessa pista.

Nelle ultime settimane anche Jasey Jay Anderson, fuoriclasse canadese dello snowboard, è tornato alla ribalta delle cronache sportive. Il campione olimpico di Vancouver 2010 ha archiviato la scorsa settimana a Bansko, nel gigante parallelo in Bulgaria, una vittoria in una tappa di Coppa del Mondo dal peso specifico enorme. L’atleta classe 1975, infatti, è divenuto così il più anziano vincitore in una gara dei massimi circuiti degli sport invernali olimpici. Un record che, in salsa rosa, appartiene alla Claudia Pechstein di cui abbiamo ampiamente parlato.

Siamo di fronte a una vera e propria “evoluzione della specie”. La sensazione è che la dedizione, il lavoro, la sensibilità e, perché no, pure il coraggio di questi atleti (“che sanno parlare al loro corpo”, direbbe Massimiliano Ambesi) abbiano definitivamente abbattutto degli steccati biologici che sembravano insormontabili.

Chi l’ha detto che a 40 anni si debba andare in pensione sportiva? Forse, almeno per qualcuno, il meglio sembra debba ancora venire…

Non è tanto vincere una medaglia olimpica, ma come: a Vancouver 2010, Anderson rifilò un secondo nella seconda manche, recuperando i 76 centesimi di svantaggio dall’austriaco Karl.

Articolo a cura di Matteo Viscardi Ama ogni forma di sport: giocato, guardato o raccontato, senza distinguo. Lavoro per Onrugby.it e scrivo di sci nordico per fondoitalia. Assieme al mio più caro amico gestisco “Calcio irlandese”, una pagina FB dedicata al calcio più bello del mondo, quello dell’isola di smeraldo.

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