Obrigado, Rio

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
10 min readAug 22, 2016

La cerimonia di chiusura ha portato a termine quelle che sono state probabilmente le Olimpiadi estive più contestate del XXI secolo. Se Atene è riuscita a farsi perdonare le controversie grazie al fatto di essere la città olimpica per eccellenza, non ci sarà purtroppo nulla del genere a cui Rio potrà appellarsi per fare ammenda, negli annali.

Tra le contestazioni (più che sacrosante, oltre che inascoltate) da parte della popolazione, ci sono state quelle rivolte a un Presidente della Repubblica con un impeachment che pende sulla sua testa, quelle all’economia brasiliana in piena recessione e agli impianti non completati, tutti elementi a causa dei quali il Brasile e l’intero mondo rischiano di ricordare le Olimpiadi del 2016 come l’inizio della fine.

Questo per non parlare di accuse molto, molto più gravi, che ci fanno inorridire solo al pensiero.

Sembra abbastanza sicuro affermare che non vedremo più una manifestazione sportiva ospitata nei confini verde-oro per molto tempo, se si esclude l’imminente Copa América del 2019: questa è stata assegnata ai verde-oro per il 2015, ma ospitare il trittico Mondiale-Copa América-Olimpiade in tre anni (a cui va aggiunta la Confederations Cup del 2013) sarebbe stato peggio di un meteorite per la già fragile organizzazione economica del Brasile.

Noi abbiamo scelto alcuni momenti di Rio che ci porteremo nei nostri ricordi. Perché nonostante queste Olimpiadi siano stati tragicomiche per alcuni risvolti, resta il fatto che la rassegna a cinque cerchi ti segna. È un evento planetario e non può che rimanere nella tua testa con alcuni suoi frammenti.

La cerimonia d’apertura

Da sempre illustrativa del paese ospite e della sua storia, è utile a molti per ripassare la geografia e la confusione tra Congo e Repubblica Democratica del Congo. O tra Guinea e Guinea-Bissau. O tra Sudan e Sudan del Sud (ma quanti danni abbiamo fatto con il colonialismo in un continente che una volta aveva QUESTA mappa geografica?). O per conoscere la storia di tanti atleti che sono al centro dell’attenzione, rappresentando il loro paese. O per scoprire che H&M ha vestito la squadra olimpica svedese (con discreti risultati).

Nella memoria di altri, invece, è rimasto il portabandiera più iconico: Pita Taufatofua, che ha rappresentato Tonga nel taekwondo. Classe ’83 ora residente a Brisbane, aveva tanto da raccontare: fa beneficienza, ha una laurea triennale in ingegneria ed è stato il primo atleta tongano a competere nel taekwondo. Invece rimarrà nella storia per la sua unta apparizione con un ta’ovala.

Immagino che ci sia stata un’impennata dei followers sul suo account Instagram.

Cartoline italiane

L’Olimpiade di Rio è partita con pochi auspici: nonostante l’entusiasmo dei vertici, gli ori e le medaglie sarebbero dovuti esser pochi. Questo perché spesso la lente d’ingrandimento va sugli sport di maggior importanza, ma in realtà le gioie sono arrivate altrove: il bilancio finale parla di 28 medaglie (8 ori, 12 argenti e 8 bronzi).

Al di là delle medaglie, ci porteremo dietro la Fiamingo e l’improvviso seguito sui social (con Renzi che la stalkera via sms). La skyball di Carambula. La caduta di Nibali (mancata dalle telecamere della regia: complimenti per la copertura televisiva). La Di Francisca con la bandiera dell’Unione Europea sul podio (e i commenti vuoti dei politicanti di turno). Le cinque di mattino per Lupo-Nicolai e la loro finale di beach volley. Viviani che piange dopo l’oro. I ragazzi del volley e della pallavolo a lottare per un oro.

Forse la storia e il doppio oro di Campriani sono la cartolina migliore.

Momenti olimpici

L’Olimpiade è un momento che dovrebbe ricordarci cosa sia la sportività. Almeno, nelle intenzioni del barone de Coubertin c’era questo spirito: rispettarlo a 120 anni dalla prima rassegna a cinque cerchi sembra difficile, ma qualche raggio di sole c’è stato.

Da Usain Bolt che si congratula con van Niekerk per l’oro con record nei 400 metri (pur avendo appena vinto l’oro) al selfie tra le due atlete coreane, passando per l’omaggio del calciatore iracheno Mustafa Nadhim alla propria madre dopo aver giocato a Rio. Ma l’oro in questa particolare graduatoria va a quanto successo nelle semifinali dei 5000 metri.

La statunitense Abbey D’Agostino e la neo-zelandaese Nikki Hamblin si scontrano durante la corsa. Entrambe sono infortunate, ma si danno una mano a vicenda. In particolare, è la Hamblin ad aspettare la D’Agostino (la più danneggiata dallo scontro fortuito: menisco e legamento crociato rotti) anche dopo la linea del traguardo.

C’è persino un abbraccio che sa di riconoscenza pura: il barone de Coubertin — da sempre contrario o quanto meno ostile alle donne alle Olimpiadi — sarebbe balzato dalla sedia. Entrambe sono state riammesse in finale, ma solo la Hamblin è stata in condizione di correre l’ultimo atto dei 5000 metri.

La macchina dei media non ha comunque perso tempo ad accostare le due per sottolineare il concetto di “spirito olimpico”, con tanto di servizio fotografico e prima intervista congiunta:

«Non pensavamo che ci fosse questo boom d’attenzione nei nostri confronti, ma quando ricorderemo questi giochi questo momento sarà sempre con noi».

Prime volte

Nonostante 120 anni di vita, è incredibile come ci fossero diverse nazioni senza una medaglia d’oro (o addirittura in assoluto) nella loro storia olimpica. Diverse hanno rimediato a Rio, conquistando i primi allori di sempre. Dal Vietnam a Porto Rico (nel tennis femminile, con la Puig), dal Bahrain (nei 3000 metri siepi femminili) alla Giordania (nel taekwondo). Ma ci sono tre casi che svettano sugli altri.

Sul gradino basso del podio, mettiamo Kosovo: prima partecipazione di sempre e oro nel judo -52 kg con Majlinda Kelmendi, portabandiera nella cerimonia d’apertura. L’oro però è ricoperto di giallo a causa di un mancato controllo sulla Kelmendi secondo l’IJF (la federazione internazionale di judo).

Argento di queste prime volte è Singapore, che ha conquistato una medaglia pesantissima con Joseph Schooling nei 100 farfalla, nonché un’accoglienza da eroe al ritorno a casa. Al metallo prestigioso si è aggiunto il record del mondo, sconfiggendo Micheal Phelps (il suo idolo sin da quando l’ha incontrato a 13 anni).

Non poteva che andare così a chi ha avuto come nonno il primo atleta di sempre a partecipare alle Olimpiadi sotto la bandiera di Singapore. Grasse risate quando si è scoperto che un contatto Tinder di Schooling l’aveva rifiutato giusto qualche mese fa, pentendosene amaramente dopo l’oro del nuotatore.

Ma l’oro va obbligatoriamente a una medaglia scontata dal punto di vista tecnico, ma enormemente iconica. Figi sta vivendo un momento d’oro a Rio: la nazionale di calcio si è qualificata ed è uscita ai gironi, ma ha persino segnato ai campioni olimpici uscenti. Ancora meglio ha fatto la spedizione del rugby a 7, introdotto a Rio per la prima volta.

Le Figi erano bi-campioni uscenti delle World Rugby 7s Series, ma può succedere che l’appuntamento cruciale di una vita vada male. E invece i ragazzi guidati da Ben Ryan hanno fatto percorso netto, con tanto di dominio sulla Gran Bretagna in finale. In patria sono impazziti di fronte al primo oro della storia.

La Cina è vicina

A proposito di prime volte, il risultato della finale della pistola maschile dai 10 metri è stato una mezza comica. L’oro del Vietnam è sorprendente perché è il primo nella sua storia olimpica, non tanto per chi l’ha vinto: Hoàng Xuân Vinh ha un palmarès immenso, da far invidia a molti colleghi sportivi, e ha registrato un nuovo record olimpico nella disciplina.

Quel che ha stupito ancora di più è stata la composizione del podio: argento al Brasile e bronzo alla Cina. Peccato che il Vietnam sia stato parte dell’impero cinese per un millennio e il brasiliano si chiamasse Felipe Almeida Wu, quindi un cinese nato a San Paolo (con un labbro inferiore a dargli un’espressione tenebrosa da film sulla yakuza).

Longevità

Oksana Chusovitina ha gareggiato a 41 anni nel volteggio per la sua settima Olimpiade, l’unica ginnasta a farlo nella storia della rassegna a cinque cerchi. L’ha fatto sotto tre bandiere diverse (Uzbekistan, Germania e la squadra unificata degli ex stati sovietici) e dopo aver annunciato già due volte il ritiro.

Nonostante l’età, stavolta non ha neanche finto il ritiro: l’uzbeka proverà a qualificarsi per Tokyo 2020. Sarebbe la sua ottava Olimpiade e anche Simone Biles l’ha omaggiata a Rio («Se c’è qualcuno che ce la può fare, è lei»).

Problemi

Dicevamo: troppi. Riducendo lo sguardo a quelli strettamente sportivi (ma i casi di rapine ad atleti e delegazioni sono stati molteplici: sono solo la punta dell’iceberg), le acque verdi di Rio non scompariranno dalla mente (e purtroppo dalla pelle) di molti atleti.

In fondo, il New York Times aveva già avvertito nel 2014 come nelle acque di Rio si sarebbe potuto trovare di tutto, dalle carcasse di cane ai pneumatici. Poi ci si è superati nelle gare di vela, dove gli atleti hanno rinvenuto persino UNA GAMBA UMANA.

#NoFilterNeeded

Tutto questo senza citare alcuni ritardi ed errori nell’organizzazione: l’inno del Niger suonato prima di Nigeria-Giappone di calcio, l’esposizione di una replica della bandiera cinese in qualunque evento e persino sulla app ufficiale di Rio 2016, l’ammissione del vice-presidente del CIO John Coates riguardo i bassi numeri delle presenze agli eventi sportivi («Sono le Olimpiadi più difficili che abbiamo mai avuto»).

A questo si aggiungono le solite controversie sul doping, con il coach keniano dell’atletica John Anzrah che ha finto di essere uno dei corridori e mentito sui test anti-doping. Ed è il caso più clamoroso, anche se le parole di Lecourt su Sun Yang han fatto scalpore.

Anche il nuovo sistema di giudizio nel pugilato ha sollevato parecchie polemiche, con due incontri — Conlan vs. Nitkin e Levit vs. Tishchenko, in particolare il primo — oggetto di contestazioni persino dallo stesso pubblico presente al Riocentro.

The Busted Boys

Probabilmente l’attentatore di Belpietro è lo stesso che ha rapinato Ryan Lochte, che ha trovato un modo chiaramente poco intelligente di mettersi al centro dell’attenzione.

Se Phelps è la leggenda del nuoto olimpico, Lochte è lo sparring partner di lunga data. Forte in vasca (12 medaglie olimpiche, tra cui sei ori), ma completamente diverso dal punto di vista caratteriale. Reezy è apparso in numerosi commercials, nonché in “30 Rock” and “90210”. Ha persino creato un reality a sua immagine e somiglianza — “What Would Ryan Lochte Do?” — chiuso dopo cinque settimane.

Non contento della medaglia vinta a Rio, Lochte ha dichiarato di esser stato rapinato in Brasile insieme a tre suoi compagni di squadra: alcune persone, spacciatesi per ufficiali di polizia di Rio, li avrebbero fermati, minacciati con una pistola e poi rapinati.

Mentre Lochte ha lasciato Rio il 16 agosto, due suoi colleghi — Jack Conger e Gunnar Bentz — sono stati fatti scendere dall’aereo che li avrebbe dovuti riportare a casa. I filmati ritrovati dalla polizia di Rio mostrano i quattro che lasciano una stazione di servizio a Barra da Tijuca.

Quello che il filmato non mostra è che Lochte e compagni avrebbero vandalizzato un bagno della stazione, finendo poi in una discussione accesa con alcune guardie giurate e macchiandosi comunque di una bugia bella e grossa. Le scuse del comitato olimpico degli Stati Uniti non basteranno, ma già confermano che la polizia brasiliana ci ha visto giusto.

La vicenda non si concluderà con la cerimonia di chiusura di Rio e Lochte è accusato di falsa testimonianza. Il grottesco di questa vicenda — come ha sottolineato Claire McNear su “The Ringer” ricostruendo la vicenda — è quanto sia controversa questa situazione:

«Cosa sarebbe successo se al centro dello scandalo ci fossero stati atleti afro-americani? Se non parlassimo dell’uomo che vorrebbe essere il nuovo “Kim Kardashian”, tutto questo sarebbe sempre etichettato come uno scherzo da adolescenti?».

Nell’attesa della verità (quella sì non pervenuta), ai posteri l’ardua sentenza.

Momenti pop

Le NBA Finals 2016 ci hanno insegnato che basta poco per creare un momento pop, che rimanga incastonato nella memoria sportiva di molti. Rio ci ha dato un’altra dimostrazione.

The Stare

Phelps vs. Le Clos: evidentemente a Michael non era passata ancora l’amarezza di Londra 2012.

The Dance

Ha 16 anni, è canadese e ha vinto due medaglie (di cui una d’oro nei 100m stile libero), diventando una delle prime atlete nate nel XXI secolo a vincere qualcosa. Ma Penny Oleksiak a quanto pare ha anche un altro talento oltre a quello da nuotatrice.

Un video di tre anni fa — postato dalla sorella della canadese — ci insegna a ballare in acqua. Al di là del talento che potrà dimostrare ancora a Tokyo 2020 (sempre che la sindrome-Franklin non entri in azione), good job.

Teach me how to Dougie.

The Lunch

Credo non ci sia caso più adatto per la distinzione tra un articolo determinativo e quello indeterminativo. Dopo mesi di sacrifici, il giocatore di badminton Sawan Serashinghe ha deciso di rifarsi.

The Celebration

Risako Kawai vince l’oro nella lotta libera (categoria 63 kg) e decide di festeggiare con il suo allenatore.

The Rap

Usain Bolt ha vinto altri tre ori ed è diventato l’uomo più medagliato nella storia dell’atletica, ma ciò nonostante il momento più bello che l’ha riguardato non coinvolge la pista, ma un rap norvegese.

The Dive

Le Bahamas hanno portato a casa l’oro nei 400 metri donne grazie a Shaunae Miller e al suo tuffo sulla linea d’arrivo.

The Point

Questa scambio tra il giapponese Jun Mizutani e il cinese Ma Long è da raccontare ai nipoti dei nipoti.

Full Monty

Gli allenatori della Mongolia di lotta greco romana che, per protestare contro il verdetto, compiono il gesto più scomodo che i sette cerchi abbiano visto sui proprio campi. Fanno uno strip.

The Goofer

Fu Yuanhui è diventata una protagonista non tanto per l’aver vinto un bronzo nei 100 dorso (con tanto di record nazionale), ma per le sue espressioni e le sue sincere gaffe.

Grazie, Olimpiadi. Ci rivediamo tra quattro anni nella Terra del Sol Levante (chissà se Shinzo Abe sarà ancora nei paraggi a Tokyo…).

Articolo a cura di Gabriele Anello

--

--