Orbita glaciale: la stella Sáblíková e i dolori cechi

Crampi Sportivi
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6 min readJan 18, 2018

Questi primi giorni del 2018 — a Praga e dintorni, almeno sportivamente parlando — non sono di certo tra i più felici della storia ceca. La notizia del possibile forfait in vista di Pyeongchang della formidabile biathleta Gabriela Koukalová era nell’aria da tempo, ma proprio in queste ore ha assunto i nefasti crismi dell’ufficialità.

La fuoriclasse di Jablonec nad Nisou, dopo aver disertato tutte le tappe di Coppa del Mondo di questa stagione a causa di un fastidiosissimo problema ai tibiali, ha dovuto alzare bandiera bianca: la sua assenza dalla rassegna olimpica è stata certificata da un suo annuncio. La vincitrice della sfera di cristallo nel 2016 (e di innumerevoli “coppette di specialità”), leader e autentica trascinatrice del biathlon ceco (attualmente il movimento principale su neve e ghiaccio tra tutti quelli del paese mitteleuropeo) lascerà così un vuoto difficile da colmare.

Se si fa riferimento, ad esempio, al medagliere virtuale di Gracenote (una sorta di previsione del tempo applicata agli allori delle Olimpiadi, in base a risultati e stato di forma degli atleti in gara), aggiornato da poco, l’ex Soukalová (il cambio di nome è arrivato dopo il matrimonio con Petr Koukal, referente massimo del Badminton nel paese e portabandiera a Londra 2012) avrebbe garantito al proprio paese tre medaglie (di cui una d’oro), un bottino decisamente cospicuo, quasi metà del monte podi complessivo (8) della nazione.

Non solo eccellente atleta, ma persino buona cantante. E questa non è l’unica dimostrazione.

Ammainata forzatamente una bandiera intarsiata d’oro e altre pietre preziose, per la fortuna degli appassionati cechi (e non solo) un’altra — ancor più sfarzosa — è pronta ad issarsi, alta, nel cielo coreano. Lo stendardo in questione, ovviamente, corrisponde al nome di Martina Sáblíková, probabilmente la più grande sportiva della venticinquennale storia della Repubblica Ceca assieme alla superba giavellotista Barbora Spotakova, bi-campionessa olimpica estiva.

Gli esordi

Sáblíková, trentenne ancora nel pieno della carriera, è una pattinatrice di velocità, di rara efficacia sulle lunghe distanze. Se non siete pienamente addentro alle questioni a cinque cerchi invernali, probabilmente avrete scoperto il suo sport meraviglioso una dozzina di anni or sono, grazie alle mirabolanti imprese torinesi di Enrico Fabris. Mentre il ragazzo veneto infiammava a ripetizione l’Oval Lingotto di Torino nell’unica edizione italiana dei Giochi Olimpici nel nuovo millennio, proprio in quelle giornate e nel medesimo luogo, l’allora giovanissima ragazza ceca iniziava a coltivare il proprio rapporto speciale con la gloriosa rassegna a cinque cerchi.

In Piemonte, Martina ebbe l’onore (e l’onere) di portare la bandiera del proprio paese. Un percorso quasi parallelo a quello di Carolina Kostner: entrambe pattinatrici (anche se in discipline diverse), entrambe portabandiera a soli 19 anni (appena compiuti o ancora da compiere). Sáblíková fece immediatamente capire il perché di una scelta così forte da parte del proprio comitato olimpico, con il suo talento che emerse prepotentemente. Nei 3000 metri giunse settima, ma nei 5000 (che le regaleranno altre soddisfazioni di peso) avvicinò sensibilmente la medaglia di bronzo.

La ragazza ceca gareggiò al fianco della veterana canadese Klassen, mancandone il sorpasso in rimonta nell’ultimo giro. La nord-americana impostò, come da previsione, un passo veloce sin dall’inizio, cedendo parecchio terreno nel finale, ma Martina non poté affondare il colpo decisivo per prendersi il podio. Le due furono la penultima coppia della gara, con la tedesca Pechstein e l’altra canadese Hughes (medaglia d’oro), impegnate per ultime, che confermarono i valori della vigilia scavalcando il resto del lotto. Poco male per Sáblíková, che nei lustri a venire ha rimpinguato il proprio palmarès olimpico (e non solo) in maniera eclatante.

Una carriera prorompente

I dodici anni tra Torino e la Corea del Sud sono stati, per lei, un’escalation straordinaria di successi: trionfi in ogni dove, a qualsiasi livello. Imprese dal peso specifico enorme, se si considera che la ragazza morava proviene da una nazione dalla tradizione, nello sport di Martina, imparagonabile a quella delle superpotenze della disciplina.

Basti pensare come la Cechia sia solamente al 12° posto del medagliere olimpico “perpetuo” del pattinaggio di velocità e che — depurandolo delle sue medaglie — le caselline relative ai podi a cinque cerchi del paese mitteleuropeo rimarrebbero totalmente vuote. 47 successi in Coppa del mondo (con 79 podi complessivi), 13 titoli mondiali su singola distanza, quattro ori mondiali all around e cinque europei all around. Cifre astronomiche, sublimate dalle memorabili prestazioni.

Nel 2010, Sáblíková si presentò alle Olimpiadi di Vancouver come donna da battere, nonostante l’ascesa della tedesca Beckert, e non tradì le attese. Vinse i 5000 m, al termine di una gara tirata, dopo aver sbaragliato la concorrenza nei 3000 m, sempre davanti alla rivale teutonica. Tra un trionfo e l’altro, Martina si permise anche di archiviare un bronzo notevolissimo sui 1500 m, in una gara (vinta dall’olandese Wust) che nel corso della carriera le ha riservato soddisfazioni decisamente inferiori. L’impatto della ceca (la prima donna del suo paese a vincere due ori nella stessa Olimpiade) sulla rassegna di Vancouver fu semplicemente devastante. Persino l’allora presidente del CIO Rogge si lanciò in dichiarazioni di peso sul suo conto:

«Martina Sáblíková è senza ombra di dubbio l’atleta di riferimento di questi Giochi Olimpici, almeno per ciò che concerne il pattinaggio».

Il volto di chi si è tolta una soddisfazione, ma pensa già al prossimo obiettivo.

Subito dopo la vittoria sofferta, e quindi ancor più bella, nei 5000 m, una Martina quasi commossa commentò i suoi dieci giorni magici con la TV ceca, lasciando trasparire le sue emozioni e il suo legame con il paese d’origine:

«Negli ultimi tre giri ho veramente corso anche per tutte le persone tra il pubblico che mi stavano sostenendo. So che c’erano moltissimi cechi sugli spalti, ho vinto anche per loro. Così come per il mio allenatore, che ha sempre creduto nelle mie possibilità di portare a casa l’oro. Non solo qui in gara. Gli sono grata».

Sensazioni magiche, come quelle provate anche quattro anni più tardi, in quel di Sochi. La rassegna russa, però, iniziò con una sconfitta pesante, nei 3000 m, patita dalla rivale olandese Wust, al termine di una gara che passò alla storia anche per via dell’involontario siparietto sexy della russa Graf, medaglia di bronzo. Da campionessa assoluta, Sáblíková si prese immediatamente la rivincita ai danni della Wust nei 5000 m (gara di cui detiene anche il record del mondo).

Sáblíková lasciò sgasare l’olandese nei primi giri (come sulla gara più breve), ma andò a riprendere la rivale, superandola quasi in scioltezza e archiviando il terzo oro olimpico personale, di fronte ad una Adler-Arena in visibilio.

Parentesi a due ruote e le prospettive future

Il suo bottino a cinque cerchi (tre ori, un argento, un bronzo) è già oggi semplicemente stratosferico, ma Martina ha tutta l’intenzione di incrementarlo in Corea. Anche perché giungerà in Asia con un carico di extra motivazioni impressionanti, dopo la rocambolesca esclusione da Rio 2016.

Alt! Cosa centra Rio con la più grande pattinatrice della storia ceca?

Probabilmente vi starete chiedendo se, all’improvviso, siamo impazziti… invece no, siamo ancora perfettamente in noi. Già, perché vista anche la carenza di piste in patria, Martina Sáblíková ha sempre praticato anche il ciclismo per tenersi in forma. Solo che a un certo punto si è resa conto di essere estremamente competitiva pure sulle due ruote. A tal punto da intraprendere una carriera ciclistica agonistica, durante le estati, che le ha permesso di archiviare diverse soddisfazioni, soprattutto nelle gare a cronometro. Nel 2016 la qualificazioni alle Olimpiadi brasiliane sembrava cosa fatta, ma, a causa di un disguido burocratico, il sogno carioca è svanito (con lei che ha comunque preso l’aereo per Rio, nella speranza che ci fosse un ripensamento).

Chissà se Pyeongchang saprà restituirle quanto le è stato tolto. Tuttavia, se l’ormai famoso e suddetto medagliere virtuale di Gracenote dovesse aver ragione (due gli ori pronosticati per lei), potrebbe aver diversi motivi per tornare a sorridere a 32 denti. Certo, qualche acciacco di troppo la sta limitando nell’avvicinamento all’Olimpiade (e ha fatto sì che evitasse di affrontare l’europeo di Kolomna), ma la sensazione è che il mese di febbraio possa rinvigorire ulteriormente la leggenda di Martina Sáblíková, una delle più grandi personalità sportive, a tutto tondo, del nuovo millennio.

Articolo a cura di Matteo Viscardi Ama ogni forma di sport: giocato, guardato o raccontato, senza distinguo. Lavoro per Onrugby.it e scrivo di sci nordico per fondoitalia. Assieme al mio più caro amico gestisco “Calcio irlandese”, una pagina FB dedicata al calcio più bello del mondo, quello dell’isola di smeraldo.

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