Paint it black. Piccola guida alle maglie del ciclismo 2015
La stagione ciclistica 2015 prende il via ufficialmente questa settimana con il Tour Down Under.
Per i grandi appuntamenti bisognerà aspettare ancora qualche settimana, ma vale la pena cominciare ad abituare lo sguardo perchè districarsi in un gruppo fattosi sempre più gregge non sarà così facile. Un gregge che si fa ancora più omogeneo: non soltanto nello stile di corsa ma anche nei colori, anzi NEL colore, che guarda caso sarà proprio il nero. Si va verso lo svilimento totale della fantasia, dalle tattiche di corsa ai colori delle maglie, verso un gregge che sminuisce anche il ruolo della pecora nera. Dove dovranno tornare ad essere le pecore bianche le invocate protagoniste.
Basterebbe una copertina degli AC/DC o dei Metallica per raccontare la composizione cromatica del gruppo che dalla prossima settimana torna a pedalare per le strade del mondo: una massa prevalentemente nera difficilmente distinguibile, ben lontana da quel gruppo fin troppo colorato del ciclismo di fine ‘900, ma che non rinuncia comunque ad alcune eccezioni, e non sempre all’insegna del buon gusto.
LA MASSA
Fino a pochi anni fa il nero non era un colore che “tirava” nel ciclismo: poco funzionale ai loghi colorati degli sponsor e troppo caldo nelle giornate assolate per i cicloamatori che ambivano a vestirsi come i loro idoli. Per rompere la breccia fu necessario il ritorno, dopo decenni, alle squadre mono-sponsor. La prima credo fu la Cervélo, cui seguì presto il Team Sky, le cui fortune sia sportive che estetiche (confermate anche per l’anno nuovo) devono aver segnato il passo definitivo a quella “black invasion” che in questo 2015 raggiungerà il suo apice (si spera). Dalle piccolissime alle corazzate, è tutto un corteo funebre il ciclismo che ci aspetta. Virano sul nero due delle wild card del prossimo Tour: la Bretagne e la “nuova” Bora, che dalla tradizione Sky sembra aver mutuato pure il vedo-non-vedo dei capezzoli dei suoi rappresentanti; così come conferma la tinta per i proprio “scarafaggi” il Team Colombia. Tra le grandi del World Tour c’è la Trek che mantiene il suo gessato scuro ma quanto meno ha l’arguzia di schiarire le spalle, mentre chi il bianco lo rimuove sempre di più è la rinnovata Giant-Alpecin, che evidentemente si ritiene soddisfatta del ciuffo biondo dei suoi campioni tedeschi.
Ma per quanto tutto possa disperdersi nel nero sfondo, la vera delusione creativa è arrivata con il disvelamento della tanta attesa tenuta della nuova Cannondale-Garmin. Alla base di questa unione c’è un team cone quello di Vaughters che più di ogni altro sembra aver portato una ventata di rinnovamento nel ciclismo attuale, da un punto di vista sportivo ma anche comunicativo ed estetico. La fusione con Cannondale offriva l’occasione di osare un’unione tra le storiche losanghe della Argyle Armada e il verde caratteristico dell’azienda americana, una possibilità ribadita con tanto di hashtag #GreenArgyle ed evento mondiale di lancio… rivelatasi infine l’ennesima occasione mancata, con un’altra maglia nera che, per quanto gradevole, si disperderà nell’orizzonte del gruppo sacrificando uno stile ormai riconosciuto ed amato.
LA PECORA INDECISA
MTN-Qhubeka è un progetto eccezionale nel ciclismo d’oggi, con quel portato di passione ed energia che sprigiona il ciclismo africano. Forse proprio per non appiattirsi sul concetto di “continente nero”, la MTN si è fermata a metà strada, creando un certo scompiglio tra gli appassionati di pallone, e in mancanza di pecore ha ripiegato sulla zebra.
PER QUEST’ANNO NON CAMBIARE
Se c’è qualcosa che nel ciclismo tende comunque a non morire mai, quello è lo spirito conservatore che ancora anima buona parte del gruppo. Uno spirito che si fa resistenza dinnanzi alle innovazioni, specie quando si parla di estetica. E tra tante maglie nuove o rinnovate, la maggioranza delle squadre continua comunque senza discostarsi di un passo dalla sua strada. E’ così per le “tradizionaliste” BMC e Movistar, per la GreenEdge e per le francesi Cofidis e AG2R. E’ così per le piccole Topsport-Vlaanderen, Wanty, UnitedHealthCare, Novo Nordisk e Caja Rural. E’ così per due squadroni come la Lotto-Soudal e l’Astana di Vincenzo Nibali, che si dividono la palma per la migliore e la peggiore presentazione: da una parte Stig Broeckx e Babbo Natale, dall’altra gli onnipresenti “selfie”.
FATTI PIU’ IN LA’
E poi c’è chi cambia, ma cambia poco, spaventato da troppo impatto. Nel ciclismo i propri fan bisogna saperseli tenere stretti, perchè i corridori cambiano e le squadre scompaiono con velocità notevole. Bisogna saperseli tenere stretti ma pure incuriosirli un po’ ogni volta, come fa la Etixx — Quick Step che riscopre l’azzurro abbandonato un anno fa per accodarsi all’ondata nera. Ancora più netta è la scelta della FdJ, che abbandona lo stile minimalista che negli ultimi anni ne aveva fatto la squadra più elegante del gruppo buttandosi tra le braccia di un patriottismo inatteso, un segnale in più del fatto che in Francia ci credono davvero a un Pinot in giallo sui Campi Elisi. E hanno ragione, perchè credere ai bei sogni fa bene a tutto il ciclismo.
BABY YOU’RE A FIREWORK
Cambiare alle volte significa anche tornare sui propri passi, ed è il caso della Katusha sulla cui maglia ricompare -finalmente, verrebbe da dire- una parte della ‘skyline’ della Piazza Rossa che aveva fatto di questa tenuta una delle più originali al mondo. Nella sua versione 2015 il Cremlino pare effettivamente ridimensionato, colpito forse dalle sanzioni verso le politiche putiniane, ma in compenso sulla piazza scoppiano fontane di fuochi d’artificio, con un’ampia palette di colori che più che all’austero presidente di scuola KGB fa pensare ai passamontagna delle Pussy Riot.
NO, E’ CHE MI E’ ENTRATA UNA BRUSCHETTA NELL’OCCHIO
Uno dei paradossi delle tendenze attuali è che ad un massa che si fa sempre più scura, risponde una crescita anche di quel fastidioso trend delle maglie fluorescenti. Agli evidenziatori azzurro-Lampre, verde-Bardiani e arancione-CCC in questa nuova stagione si aggiunge, come anticipato dall’ultimo Tour, il giallo-Tinkoff. Contador e compagni non si vedranno solo all’attacco ma sarano ben distinguibili anche in gruppo. Quello si spera non sia troppo riconoscibile sono invece i loro pantaloncini, che sdoganano definitivamente l’estetica della mutanda pure nel ciclismo.
Manca qualcuno? Sì, manca quel team YellowFluo che del color evidenziatore ne aveva fatto addirittura un marchio, e che invece quest’anno fa inversione a U e tra i tanti cambiamenti in seno alla squadra (ribattezzata Southeast) sforna pure una grafica in direzione opposta, con l’austera o obliqua eleganza del grigio.
E VOLA VOLA VOLA VOLA
Tra chi conferma il look del 2014, ovviamente scuro come la notte, è la svizzera Iam Cycling, la cui -splendida- maglia scopre pero’ una novità per il ciclismo tutto differenziando le casacche di ogni corridore mettendone il cognome in bella vista (intenzione parzialmente vanificata dalle richieste dell’UCI). Uno slancio nel futuro illustrato dalla presentazione più tradizionalista di tutte, con tanto di vallette in stile Heidi scese dalle montagne dei Grigioni.
ANCORA TU
C’è chi guarda al futuro, e chi guarda al passato. Il ciclismo è uno sport che vive della sua lunghissima storia e non mancano mai nemmeno nei suoi colori gli omaggi a un passato così ricco. Così la “nuova” Lotto NL rispolvera l’accoppiata giallo-nero che fece grande la Del Tongo di Beppe Saronni, mentre sembra addirittura la Molteni di sua maestà Merckx il riferimento estetico dei connazionali del Team Rompoort. Nonostante ciò, il miglior tributo agli anni gloriosi arriva dal piccolo team inglese della Raleigh, che replica in maniera pressochè identica la casacca della Ti-Raleigh di Peter Post.
IL TEATRINO DEGLI ORRORI
In chiusura di questa carrellata, non si può evitare di segnalare chi è riuscito a far peggio di tutti. Un piccolo podio di “orrori” che si apre con la Vini Fantini — Nippo, una maglia “ordinariamente brutta” che ricorda centinaia di altri esempi infelici, e che stride quindi con una squadra che cova l’ambizione di rinnovare l’immagine del ciclismo italiano. Speranza legittima e forse anche necessaria, in un ciclismo ancora radicato a una dimensione paesana dello sport. Un esempio? La divisa della continental abruzzese GM Cycling, che tra tricolori e prodotti d’allevamento inserisce addirittura il biscione berlusconiano in una “natura morta” che dice più di tante parole.
L’ultima menzione d’onore è per l’ultima maglia nera, quella della Cult Energy che vista da davanti non aggiunge nulla alla sua scura banalità, ma una volta girata di spalle scopre una “formazione” ordinatamente elencata che ricorda quasi le t-shirt dei tour estivi di un qualsiasi gruppo metal.
LA VIE EN ROSE
E allora cosa rende una maglia da ciclismo definitivamente ‘bella’? Sicuramente la pulizia, che non tutti possono permettersi ma che non richiede per forza mono-sponsorizzazioni miliardarie. Poi la scelta cromatica, che la renda riconoscibile nel gruppo ma non per forza pacchiana. Infine la capacità di individuare una “texture” originale, che renda conto alla dinamicità di uno sport veloce come questo. Non è impossibile, la Drapac nel 2015 ce l’ha fatta.