Penalti

Igor Santos
Crampi Sportivi
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2 min readJul 2, 2018

Nell’Europa che crede di vivere nell’epoca del rigore (per i fasti il rigore non esiste, si espende e basta) non sorprende che la giornata di ieri si sia giocata, tutta, sul filo dei rigori. Quelli segnati e quelli mancati. Dentro alla partita, nei supplementari e, infine, in quella sorta di lotteria che sono i tiri in successione dal dischetto. Anche se, a dire il vero, questa “loteria” non è tale, come dimostrano sempre più studi matematici, utili a svelare i segreti statistici che possono significare la differenza tra la vittoria e la sconfitta.

Ma non credo che Koke o Schöne, Aspas o Eriksen abbiano molta voglia di sentir parlare dello svisceramento delle probabilità di segnare o sbagliare un rigore. Loro saranno sempre dalla parte dell’errore. Come Señor contro il Belgio di Pfaff nel 1986. Come tanti altri. Come tutti quelli che verranno dopo di loro. E quanta distanza tra De Gea e Súbasic e Schmeichel: tre rigori parati a testa nel trepidante Croazia-Danimarca, mentre lo spagnolo ha fatto soltanto una parata in tutto il suo orribile campionato.

Così, in questi ottavi Mondiali mascherati da eliminatorie di un Europeo qualunque, l’undici spagnolo trova la porta d’uscita dagli undici metri. Ancora contro gli anfitrioni, come nel 1934, come nel 1950, come nel 2002. La Spagna aveva fatto ben mille e cento quattordici passaggi, un dato che, di sicuro, riempirà di gioia i talebani del controllo, del possesso prima di tutto (solo un 21% del tempo la palla fu nei piedi dei pupilli dello Zar). E invece no. Quel fraseggio, quei passaggi continui, insipidi, inefficaci, insufficenti, insopportabili e inguardabili non servivano a sottomettere il contrario.

Non erano il vero fraseggio veloce e profondo, verticale e risolutorio che portarono le furie rosse a dominare il calcio mondiale nel breve periodo 2008–2012 (europeo-mondiale-europeo). No, qualcuno dovrebbe dirlo a Isco. Questi ottavi dimostrano come il controllo senza idee, il possesso palla senza sapere che farsene della palla, sono il viatico migliore verso l’eliminazione. Argentina, Portogallo e Spagna ne sono testimoni eccellenti. Il guardiolismo di maniera continua dunque a mietere vittime eccellenti in un torneo che perde ancora un campione del mondo.

Lontani dai fasti calcistici dell’Unione Sovietica e della Yugoslavia, Croazia e Russia sognano oggi con una finale sempre più vicina. Una finale a cui arriverà, molto probabilmente, Inghilterra permettendo, una squadra mai giunta sino a tali cime.

SPAGNA 1–1 RUSSIA (Luzhniki Stadium, Mosca — 1° luglio 2018)

1–0: 12' Ignashevich, (a) / 1–1: 41' Dzyuba (r)

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Igor Santos
Crampi Sportivi

Tifoso dell'Athletic nato a Barakaldo (Paesi Baschi) nel 1978. In Italia dal 2002 si occupa di storia medievale.