Per l’Italia buona la sedici

Andrea Giovanni Taietti
Crampi Sportivi
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3 min readMay 24, 2017

Dopo la giornata di riposo, che ci siamo presi anche noi, è inizia l’ultima settimana del Giro d’Italia del centenario. La terza settimana è da sempre quella decisiva per le sorti della classifica generale. E da sempre decisiva è la montagna. Gli organizzatori han così pensato bene di mettere in fila, il passo del Mortirolo, quello dello Stelvio e il Giogo di Santa Maria.

Quattordici gradi. E neve ai lati della strada. La neve, lei se ne frega, che sia quasi estate o che passi il giro. E a noi va bene così visto la bellezza che possiamo ammirare.

Sul Mortitolo, cima dedicata a Scarponi, non poteva non scollinare per primo Luis Leon Sanchez, uomo Astana e compagno di stanza di Michele nell’ultima corsa a cui ha partecipato l’Aquila di Filottrano, ossia il Tour of the Alps.

Da lì si è scatenato l’inferno, manco avesse dato il segnale Massimo Decimo Meridio. Landa, che aveva ambizioni di classifica e che son certo avrebbe potuto coltivare se non fosse stato per la sfortuna capitata al team Sky, vuole vincerla, si capisce da come va in fuga, seguito da Amador, Kruijswijk e un piccolo manipolo di uomini, e si vede da ogni scatto, da ogni rilancio dello spagnolo.

I commentatori Rai, e non solo, non riescono a capire la tattica Movistar e ne discutono per gran parte della diretta. Sono curiosi, ma lo siamo anche noi. Ci chiediamo: chi scatterà per primo? Dumoulin resisterà anche oggi? Quintana, con la squadra migliore, si inventerà un colpo dei suoi? Nibali, con una tappa disegnata per lui, per chi resiste, per chi la dura la vince, attaccherà?

Mentre ce lo stiamo chiedendo ecco che la maglia Rosa, a 32 dal traguardo, molla la bici sul ciglio della strada, si butta in un campo. Problemi intestinali. Cazzo Tom, oggi no. Il gruppo dei big si ricorda del fair play dell’olandese dell’altro giorno e lo aspetta per un po’. Ma ormai la maglia Rosa, rimasta ferma più di un minuto, non può più rientrare. Dovrà limitarsi a limitare i danni. Limitante. E frustrante.

Ai meno 25 due scatti di Nibali fanno la differenza. Perdono contatto Formolo, Mollema e Jungels. Restano con lo Squalo invece Quintana, Pozzovivo e Zakarin. I quattro recuperano via via tutti i fuggitivi e a 21,5 chilometri dall’arrivo davanti a loro resta solo Landa. Mikel vuole vincere, non c’è niente da fare.

Vincenzo però fa il vuoto in discesa e lo raggiunge. Pure lui vuole vincerla. Ci crede, deve. La tappa se la giocano loro due, giustamente visto che sono i due che più di tutti, per motivi differenti, ci hanno creduto, e allo sprint finale ad alzare le braccia al cielo è Nibali.

Nel giorno di Scarponi, l’ennesimo, non poteva che essere altrimenti.

Per l’Italia buona la sedici. L’ultimo italiano a vincere una tappa al Giro era stato Nibali l’anno scorso e, come un cerchio che si chiude, è sempre lui a essere il primo a vincerne una quest’anno. Per Domoulin, invece, non buona la sedici, ma poteva andargli peggio. È comunque rimasto in Rosa. Di certo non gli manca il carattere.

Se si dovesse pagare per vedere il ciclismo, oggi si potrebbe dire che “lo spettacolo è valso il prezzo del biglietto”, qualsiasi esso sarebbe stato.

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Andrea Giovanni Taietti
Crampi Sportivi

Segue una dieta ferrea di sport, film e libri. La perenne ricerca del tempo perduto lo ha spinto a Torino. Ora, vuole una cucina dove impastare storie.