Perché con una Serie A così possiamo fare a meno della nostalgia

Crampi Sportivi
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4 min readJan 23, 2017

Diceva Publio Cornelio Tacito che coloro i quali si lamentano sovente sono anche quelli che soffrono meno, il che è un buon motivo per invidiarli perché, oltre alla leggerezza di cui si beneficia nello scaricare su terzi le proprie insoddisfazioni, dimostrano inoltre di saper far finta di nulla rispetto all’unica cosa certa in questa esistenza: le stagioni, i cambiamenti, le maree, le ore di buio alternate a quelle di luce. i cicli, insomma. Una termine tra l’altro presentissimo nel linguaggio calcistico quotidiano. Da qualche parte, tra la fine del grande Milan di Ancelotti e dell’Inter di Mourinho, la crisi che ha colpito la nostra economia e i primi scudetti della Juventus di Conte, è nato questo sentimento nostalgico senza padri espliciti, una sorta di malcontento popolare, populista e progressivo rispetto al declassamento del nostro calcio, della nostra Serie A in particolare. Niente più vittorie in Europa, niente più sorprese in campionato, e di conseguenza appare tutto migliore ciò che veniva prima, e minore tutto ciò che è odierno, o comunque meno interessante: le squadre brutte, i giocatori scarsi. No future, tutti figli di Johnny Rotten.

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Se la delusione e la nostalgia erano comprensibili allora, dopo più di vent’anni di serrate lotte al vertice, sbornie europee e piogge di campioni ovunque, ha fatto in fretta a divenire molesta a fronte di quei cambiamenti che, lenti, avvenivano nel frattempo (com’era naturale che fosse, d’altronde). Molti di questi cambiamenti sono stati percepiti come negativi, e alcuni a ragione (è vero che un campionato a 20 squadre sembra senza scopo quando al giro di boa ci sono tre società a 10 o meno punti e la quart’ultima a più di dieci punti di distacco dalla coda), ma sarebbe ipocrita negare come ce ne siano stati anche di più lieti, quasi quanto il desiderio frettoloso e sospetto di chiudere un occhio sulle contraddizioni del calcio di allora, quello al centro della nostalgia, che guardando poco al futuro e molto al risultato giocava rialzo col mercato, deprimendo i vivai e accelerando quel processo di presunto decadimento.

Per esempio sarebbe bello se ai beati lamentosi non sfuggisse il momento di straordinaria ripresa di cui il nostro calcio sta godendo oggi, con squadre più e mano blasonate che non hanno la stessa paura che c’era allora, nei tempi della nostalgia, di schierare in campo i loro giovani migliori, molti dei quali già protagonisti in campionato. Non sarà sfuggito ai più attenti un dato che non ci entusiasma mai citare, ovvero la lievitazione del valore di mercato degli under 25, segnale dovuto non soltanto al coraggio dei tecnici, ma anche al fatto che se tutto va bene ci troviamo di fronte alla più promettente nuova generazione di talenti che si sia vista in venticinque anni circa.

In secondo luogo, la vulgata secondo cui il nostro campionato debba lamentare l’assenza di campioni internazionali assume contorni del tutto relativi se si pensa al fatto che ogni domenica in campo ci vanno Higuain, Mertens, Nainggolan, Dybala, Icardi e compagnia. Si potrà obiettare che i Messi, i Neymar, i Bale e i Cristiano Ronaldo, ovvero il meglio del calcio mondiale, non abbiano mai giocato in Serie A, a differenza di quanto avveniva con i loro corrispettivi venticinque anni fa, e quindi che il livello tecnico del nostro campionato non sia sovrumano come ai tempi in cui il Cagliari schierava il Principe Enzo Francescoli e in cui in generale in provincia proliferavano i numeri 10, ma sarà altrettanto difficile negare come a livello tattico il calcio dello Stivale sia diventato in assoluto una delle realtà più sfaccettate, oltre che portatrici di novità. Ci vuole coraggio per non riconoscere in questo dato una nota di miglioramento rispetto alla gloriosa noia dell’immobilismo culturale di allora, quantomeno rispetto alle novità calcistiche che lo scenario europeo offriva. Ora invece si denota un certo coraggio, si osa, in vetta come in coda. Lo ha fatto lo stesso Massimiliano Allegri schierando l’equivalente di cinque punte contro la Lazio di Simone Inzaghi. Spregiudicatamente offensiva per una squadra che deve difendere la propria supremazia. L’impressione contro i biancocelesti è stata quella di assistere a una sorta di laboratorio in vista dei prossimi impegni europei.

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In definitiva, un campionato meno tecnico e più tattico sarà anche una calamita per la nostalgia ma è difficile ammettere che non sia ricco di sorprese. Non a caso Genoa e Fiorentina, due delle compagini tatticamente meno nostalgiche, sono le stesse ad aver messo alle corde la squadra che, per superiorità tecnica, da anni vince il campionato a mani basse.

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Inoltre, a metà della stagione stagione in corso (più un paio di spicci), sarebbe altrettanto ipocrita negare che alle spalle della Juventus si stiano facendo strada delle realtà tutt’altro che mediocri, tutt’altro che monotone, come il Napoli di Sarri che nelle sue giornate migliori offre il calcio più bello che si sia visto in Italia negli ultimi dieci anni, e la Roma di Spalletti, sempre meno filosofa e sempre più pragmatica. Le due regine del Sud non sono le uniche, a questo punto, a stupire e promettere di dire la loro in un campionato che al momento risulta tutt’altro che concluso o noioso: le stesse milanesi, tra un meme che metteva a paragone Zanetti e Maldini da un lato e Icardi e Abate dall’altro, sono gli altri due club riusciti finora nell’impresa di affondare la Juventus di Allegri. I nerazzurri in particolare ci erano riusciti nella breve e sfortunata era De Boer, ora che con Stefano Pioli hanno ritrovato compattezza, concretezza e soprattutto risultati, si giocano le loro notevoli chance in più di tornare in Europa dalla porta principale.

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Discorso diverso per il Milan di Montella, che sta subendo una flessione di risultati (non di gioco, a essere onesti), dopo una prima parte di campionato sorprendente, conclusasi peraltro con la brillante vittoria in Supercoppa italiana. Sempre contro la strapotente Juve, nel caso qualcuno se lo fosse scordato, a testimonianza di che razza di mina vagante possano essere i rossoneri nella partita secca.

Insomma a fine gennaio è ancora tutto virtuosamente incerto. Con buona pace di Ronaldo, Weah e Batistuta, da queste parti non abbiamo mai avuto così tanta voglia di sapere cosa accadrà nel prossimo turno.

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