Perché la questione tra Mancini e Sarri va oltre gli stessi Mancini e Sarri

Crampi Sportivi
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2 min readJan 21, 2016

Partiamo da una premessa: lo sport è cultura e il razzismo è ignoranza.

Sarri è un grande allenatore e siamo sicuri non sia un razzista, ma non è necessario esserlo per dire cose razziste. Tra l’altro in questo caso, come giustamente qualcuno ci ha fatto notare, il termine razzismo c’entra poco, non è appropriato, ma scegliamo di farvi riferimento perché è quello tirato in ballo da Roberto Mancini nel suo sfogo post Napoli-Inter. Il problema in questione è l’omofobia.

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In alcuni ambienti sportivi una certa omofobia latente persiste ed è inutile nasconderlo o sminuirlo perché “questo è diverso, sono cose di campo”. Peggio ancora se ci arrendiamo all’idea di essere immersi in una cultura omertosa in cui se denunci la violenza verbale sei una spia infame.

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L’insulto di Sarri evidenzia non tanto un analfabetismo culturale, bensì la superficialità con cui si usano certe strutture linguistiche. Dare del frocio a Mancini e poi stupirsi che la cosa non rimanga in campo è un atteggiamento che denuncia profonda ignoranza, è vero, ma soprattutto pone l’accento sulla questione lessicale, perché lesbica e frocio sono insulti se chi li dice valuta le scelte sessuali alternative al modello “dominante” come deviate e torbide.

Parole come questa difficilmente possono essere considerate neutre, tantomeno i posti in cui vengono proferite lo sono, dato che delineano contesti più ampi che di queste parole forniscono le possibili interpretazioni. Le cose del campo hanno un significato in campo, e siamo d’accordo, ma se questo campo è un campo pubblico non ci si può permettere di usare parole potenzialmente offensive fuori dai contesti socialmente e linguisticamente accettati.

Queste strutture linguistiche denunciano una superficialità che, in mondi così esposti a livello mediatico come quello del pallone, possono arrivare come un messaggio, e ferire la sensibilità di terzi o incoraggiare l’omofobia di altri. Per questo riteniamo sia preferibile che episodi come questo vengano portati alla luce sempre.

Anche se fosse vera l’ipotesi che vuole motivazioni sportive, oltre che di carattere personale ed emotivo, dietro la scelta di Mancini di rendere pubblico l’accaduto, la riterremmo del tutto secondaria a quanto accaduto. Non si tratta di Mancini, la cui coerenza in fatto di opinioni sul razzismo, peraltro, in passato ha lasciato a desiderare (vedi anche link 2), ma del fatto che dare del frocio a qualcuno per offenderlo è una violenza verbale a sfondo sessuale in quanto tale un’offesa non a Mancini ma alle già difficili lotte per i diritti civili e delle minoranze.

Approfondire la questione fa bene, non perché si debba “punire” (termine orribile) qualcuno — che peraltro si è scusato e ha già ammesso di aver sbagliato -, ma perché sarebbe ora di capire che ricorrere alle “diversità” per insultare le altre persone è il contrario della cultura, e quindi il contrario dello sport.

di Simone Vacatello e Ilaria Coccia

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