PES vi ha preso in giro, non ero mica così veloce — Intervista a Stephen Makinwa

Crampi Sportivi
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7 min readFeb 3, 2017

Stephen guarda verso di me, sorridendo, e io per tutta risposta fisso un punto indefinito alle sue spalle, probabilmente un quadro. Siamo seduti entrambi allo stesso tavolo del Ristorante Adulis di Milano, ospiti di Fox Sports per il pranzo di presentazione del programma della fase finale della Coppa d’Africa. Tra me e lui ci sono, nell’ordine: un simpatico telecronista di Fox Sports che ha deciso di congedarsi da me, brindisino, con un incauto “Viva il Salento!”, Ousmane Dabo, asciuttissimo nel suo fisico da imprenditore (e direttore di una scuola calcio), e Marco Russo di Fox, introdotto in apertura da Marco Foroni.

Quando arriviamo al caffè la sedia vicino a Stephen Makinwa si libera, allora istintivamente mi avvicino e noto che Makoz mi fa spazio. Tutta questa disponibilità nuoce alla mia deontologia, tanto che esordisco con un: “è un sogno per me poterla conoscere perché quando giocavo a PES 5 bastava lei in attacco per portare avanti l’intera squadra, correva come un pazzo”.

Stephen scoppia in una fragorosa risata e mi risponde: “Maddai! Vi hanno preso in giro tutti! In realtà non correvo così tanto e non ero così veloce”. Sono già al tappeto.

Ora rivesti il ruolo di procuratore. Un ruolo molto particolare, considerato che la vulgata vuole che sia parte integrante dei mali del calcio moderno: ma si può essere procuratori e al contempo una risorsa per il futuro calcistico del proprio Paese, rappresentando un aiuto concreto per i giovani?

È proprio questo quello che cerco di fare, è questo il mio obiettivo. Quando ho smesso di giocare ho capito che volevo aiutare tutti i ragazzi che avevo conosciuto, come ad esempio Onazi. Non mi piace usare il termine giocatori o clienti, per me sono tutti amici. Ho conosciuto Onazi mentre mi allenavo con la primavera: l’ho visto arrivare da lontano e sorridermi, era giovanissimo a nigeriano come me e da quel momento ho sempre cercato di aiutarlo in tutto ma non da procuratore, perché giocavo ancora, ma da amico.

Come è arrivata la consapevolezza di voler iniziare questo nuovo capitolo della carriera?

Quando ho deciso di smettere ho pensato a tante cose, a come potevo aiutare questi ragazzi africani che arrivano in Europa e non sanno molte cose di come si vive qui. I procuratori e le società spesso non ti aiutano nemmeno con le cose che ti riguardano direttamente, che influenzano la tua vita da atleta. A me è successo. Sono stato anche fregato tante volte e quando ho capito che certe situazioni non si sarebbero dovute ripetere, ho pensato che con la mia esperienza avrei potuto aiutare qualcuno, i giocatori africani che arrivano qui e non sanno come fare.

E in che modo prova a perseguire questo obiettivo?

Il mio compito è semplicemente portarli sulla strada giusta, aiutare quei giocatori validi che sono in Africa e magari non hanno la possibilità di venire in Europa per un provino. Adesso ho anche un accademia in Nigeria, l’obiettivo è quello di aiutare questi ragazzi a costruire il loro futuro.

C’era anche da aspettarselo considerato che lei ha vissuto il passaggio dall’Africa all’Europa, dall’Ebedei alla Reggiana in età giovanissima. In quale modo i giocatori africani con un passato importante possono aiutare i giovani a rimanere concentrati sul terreno di gioco e non su tutti i fattori di distrazione?

La cosa importante è sempre cercare di non far vedere ciò che non c’è. In Africa c’è tanta povertà ma ci sono anche tanti ragazzi che hanno voglia di giocare a calcio, di avere la possibilità di giocare e dimostrare qualcosa ma spesso ricevono tanti esempi sbagliati. Sembra che basti arrivare in Europa per essere a posto. Alcuni ragazzi arrivano e non hanno più quella cattiveria, quella voglia di continuare a soffrire, di cominciare a soffrire più di prima.
Io voglio provare a cambiare questo modo di fare, voglio insegnare ai ragazzi a non accontentarsi del poco che sono riusciti a ottenere, mantenendoli concentrati sulla loro carriera.

Cercare di cambiare l’approccio “commerciale” procuratori è un proposito che le rende onore ma anche una bella impresa. Cosa pensa ci sia di sbagliato oggi in questo mestiere?

Il problema di tanti procuratori oggi è che non dicono la verità ai ragazzi perché hanno paura che la verità possa portare a un litigio e il litigio possa spingere un giocatore a cercare un altro agente. Io non voglio questo, io dico sempre ai miei ragazzi quello che penso e quello che è giusto secondo me. Uno dei ragazzi che seguo ha avuto alcuni procuratori prima di me che non hanno voluto dirgli le cose come stanno. Anzi, non hanno voluto dirgli niente e lui ha sbagliato praticamente tutto! Per loro andava tutto bene, era tutto a posto solo per non andare contro il ragazzo. Io voglio solo fargli mantenere alta la concentrazione: ci si può divertire, oggi i calciatori possono fare tutto ma bisogna rimanere in una determinata dimensione, sportiva, adatta al proprio bagaglio calcistico. Non bisogna strafare, in pratica.

E sotto quale aspetto crede di poter cambiare quest’ordine delle cose?

A differenza di alcuni procuratori sono stato un calciatore e ora sto solamente seguendo l’esperienza accumulata nel corso degli anni. Ho vissuto tanto in questo ambiente e tutto quello che faccio nel mio lavoro di oggi lo faccio seguendo il mio istinto. Questo mio istinto è fatto di tante cose che hanno a che fare col mio passato da calciatore ed è per questo che riesco ad essere più vicino ai ragazzi. Io non cerco mai di convincere nessuno a fare quello che dico io a fare quello che non vuole fare, i ragazzi devono sempre scegliere quello che credono migliore per loro. Io mi limito a impegnarmi per i miei amici. Ribadisco: non giocatori ma amici perché di amici deve trattarsi. Oggi più che mai, in un periodo di separazioni e diffidenze, devi saperti scegliere bene gli amici, cioè le persone che hanno a cuore il tuo bene. Senza gli amici sei niente, sei perso.

Passiamo ai ricordi. Lei ha disputato due edizioni della Coppa d’Africa portando a casa un bronzo assieme ai suoi compagni della Nigeria nel 2006. C’è qualcosa che lei ricorda in particolare di queste esperienze, un aneddoto o un evento che ricorda con piacere?

La maglia della Nazionale. Giocare per la propria Nazionale è qualcosa di bello, di indescrivibile. Purtoppo rimpiango di non aver giocato il Mondiale per la Nigeria ma la Coppa d’Africa è ovviamente la competizione più importante dell’intero continente e quindi scendere in campo con la maglia della mia Nazione è stato fantastico, indescrivibile. Poi abbiamo anche vinto il bronzo ma non cambia tanto, quello che conta è stato indossare la maglia della Nigeria.

Anche in base alla sua attuale esperienza da opinionista per FoxSports, se la sente di indicare quei paesi che secondo lei stanno sviluppando molto in fretta le loro potenzialità calcistiche?

Se partiamo dal Nord Africa dobbiamo considerare che sono già molto avanti rispetto al resto del continente. Però al centro ti posso dire: Costa d’Avorio, Camerun, Nigeria e Ghana. Questi quattro Paesi (che sono anche quelli storicamente più forti) hanno delle potenzialità incredibili che possono spingerli a diventare delle realtà affermate a livello mondiale e anche nel Mondiale di calcio stesso. C’è stato un po’ di appannamento recente ma ora c’è un immenso margine di miglioramento, serve solamente un po’ di organizzazione strutturale, e poi vedrai cosa saranno in grado di fare.

Cosa intende per organizzazione?

Intendo il vero problema dell’Africa. La maggior parte del movimento calcistico oggi è in mano ai politici ma noi dobbiamo riuscire a superare questo aspetto, dobbiamo collaborare per riuscire a cambiare le cose. Abbiamo anche altri paesi pronti a questo salto, ho dimenticato il Senegal, il Mali e il Sudafrica. Il Sudafrica è il paese più a sud che può vantare il calcio più progredito perché hanno speso tanto, prima e dopo il Mondiale, investendo anche sul campionato Nazionale fino a farlo assomigliare ad un campionato Europeo facendolo diventare importante. Oggi il campionato sudafricano è allo stesso livello di quello egiziano.

E il ruolo di procuratore può stimolare un cambiamento in questo senso?

Credo di sì. Ti dicevo prima, di Onazi. Quando ho cominciato a fare questo lavoro ero tornato da poco a Roma ed ero ospite a casa di Onazi. Ho visto dei documenti sul tavolo, delle carte e mi sono avvicinato: erano tutte proposte di procura, di collaborazione con i procuratori. Quando ha iniziato a spiegarmi di cosa si trattava io sono scattato, gli ho chiesto di non firmare con nessuno perché c’ero io lì per essere il suo procuratore.
Onazi non mi credeva all’inizio, non sapeva che avevo deciso di iniziare questo lavoro e subito mi ha detto che era felice di questo perché io avevo fatto tanto per lui prima ancora di essere un procuratore e quindi per lui sarebbe stato facile, immediato affidarsi a me anche se io ero senza esperienza.

Quindi è questa la sua marcia in più? La consapevolezza di non aver ricevuto dal calcio ciò che avrebbe potuto meritare la spinge a voler insegnare qualcosa ai calciatori?

Si, sicuramente. Io te l’ho detto voglio essere un amico e ora che sono dall’altra parte vedo tante cose in maniera diversa e non voglio più che i giocatori siano all’oscuro di fatti che li riguardano invece in prima persona. Qualsiasi cosa, ti giuro: qualsiasi cosa. Io posso avere i miei giocatori qui, seduti vicino a noi e posso parlare tranquillamente con loro e con te. Per gli altri sembra una cosa strana, difficile da fare, come se ci fosse un qualche segreto professionale da mantenere sempre con una persona che in quel momento sta mettendo la sua vita nelle tua mani. Beh, per me non è giusto, anzi sarebbe normalissimo parlare apertamente anche di fronte a terzi, con tranquillità.
D’altronde io sento di dover lavorare tranquillamente, ho già fatto la mia carriera e parto da questo. Voglio che i miei ragazzi possano essere felici, possano sentire di non aver perso niente della loro carriera.

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*La Coppa d’Africa continua su FOX Sports: la finale di domenica 5 febbraio sarà trasmessa alle ore 20, in diretta su Fox Sports HD. Le due squadre perdenti, invece, giocheranno la finale per il terzo posto in programma sabato 4 febbraio alle 20 sempre sul canale 204 di Sky.

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