Play it again, Dybala
La Panini, che quest’anno ha puntato su Mattia Destro come testimonial del suo celebre album, prefigurando forse una grande stagione della Roma, ha dedicato una figurina speciale a Paulo Dybala. Nel girone d’andata è stato infatti il miglior giocatore della serie A per rendimento, avendo fatto gol in ogni dove e da ogni posizione. La rete a San Siro realizzata in barba a un inerme Zapata, la pennellata tutta potenza e precisione a “Marassi”, il tacco volante con cui gestisce il pallone per poi scaricarlo nella porta di Gillet del Torino sono alcune delle istantanee di una stagione a dir poco favolosa per il numero 9 rosanero. Zamparini, che pare volere sinceramente bene al ragazzo, sta facendo di tutto per fargli rinnovare il contratto, ma non sempre queste cose vanno a buon fine. Lo sa il presidente, lo sa Dybala, lo sa anche il tifoso rosanero che allo stadio ripete costantemente dove sarebbe arrivato il Palermo se avesse tenuto negli anni i vari Sirigu, Barzagli,Balzaretti, Pastore, Cavani e via dicendo.
Il calciomercato, oramai divenuto un formato editoriale a sé stante, non fa che ripeterci tutte le possibili destinazioni di Dybala, forse uno degli attaccanti più amati della storia palermitana. I motivi sono tanti: intanto perché è “U Picciriddu” (“il bambino” per i non siculi) e ai bambini, soprattutto a quei bambini che ti fanno esultare per un gol, si vuole bene incondizionatamente. A questo si aggiunge che Dybala, occhi vispi e sorrisi autentici, corre tanto e si sacrifica veramente per la squadra. Non è il ripudiato Fabrizio Miccoli né tantomeno l’elegante Javier Pastore, che spesso guardavano la partita in attesa di poter mostrare al pubblico osannante la loro classe con una giocata risolutiva. Dybala è tutto il contrario: ha una concretezza abbinata al talento fuori dal comune per un ragazzo di ventun anni. Gli applausi del “Barbera”, stadio con una delle tifoserie più esigenti d’Italia a livello puramente calcistico, arrivano a Dybala sia quando si inventa un gol o un assist dei suoi che quando fa pressing sul difensore avversario. Non fa differenza perché Dybala, al dispetto di tanti suoi predecessori, è un attaccante che attacca a tutto campo, che ricorda per spirito un certo Edinson Cavani. Ma qui si vede la mano di Iachini, un allenatore con le idee chiare e una voglia matta di dimostrare come la classe operaia possa andare in paradiso nonostante debba attraversare a più riprese tutti i gironi infernali.
L’ultima prodezza contro il Verona, un calcio di punizione imprendibile per qualsiasi portiere al mondo, ha messo Dybala di fronte a Luca Toni, uno che a Palermo ha scritto la storia del club e che per riconoscenza riceve fischi su fischi ogni qualvolta gli capiti di toccare un pallone al “Renzo Barbera”. La letteratura sul suo addio è sterminata, ma vale la pena fare un riassunto di come andarono le cose: Toni arriva in Sicilia nel 2003 a 26 anni dal Brescia, fa 50 gol in due stagioni, guida il Palermo dalla B alla A e poi dritto in Europa. In mezzo tante esultanze, la conquista della Nazionale e gli occhi di molte squadre su di lui. Toni per questo motivo chiede un ritocco dell’ingaggio, Zamparini dice no e lo vende per 10 milioni alla Fiorentina dove continuerà a fare una caterva di reti. Il pubblico palermitano non ci sta, si sente tradito dopo aver amato alla follia il suo bomber e per ripicca non perde occasione di fischiarlo.
La storia di Dybala, che rinnoverà e poi andrà via tra gli applausi, è diversa da quella Luca Toni. Sono passati dieci anni e il tifo rosanero, soprattutto dopo la cocente retrocessione in serie B, ha ridimensionato le proprie aspettative, non pensando più con lucidità a piazzamenti di alta classifica o scudetto (cit. Zenga) come un tempo. Dybala è arrivato come l’acquisto più caro di sempre della storia del Palermo sotto la voce di investimento ed è chiaro da sempre, anche quando le cose non andavano benissimo dalle parti di Via del Fante, che la maglia rosanero per l’argentino fosse un trampolino di lancio e non un punto d’arrivo. Dybala ha 21 anni, talento cristallino e caparbietà.
Quando giocherà al fianco di grandi campioni e non di onesti gregari del pallone, i tifosi palermitani saranno contenti di poter dire di essersi goduti uno dei giocatori più forti al mondo. Si ricorderanno dei suoi gol, delle esultanze sotto la Curva, della maglia numero 9 sempre sudata, dell’intesa con Vasquez, dei movimenti tattici ordinati da Iachini, degli sguardi di approvazione di capitan Barreto, dei rientri in difesa per aiutare il Bolzoni di turno, persino di quella volta in cui Antonio Conte lo volle portare in Nazionale.
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Alessandro Buttitta, Nato per caso a Milano nel dicembre 1987, scrive di televisione, serie Tv, fumetti e cinema per Huffington Post e altre testate. Ha un debole per la pizza, i cavalieri dalla trista figura e i trequartisti di provincia.