Playoff MLB 2013

Crampi Sportivi
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6 min readOct 9, 2013
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Non sono bastate nemmeno 162 partite di regular season per poter decretare le dieci migliori squadre che nel mese di ottobre si daranno battaglia per il titolo di campione 2013. Infatti è servita un’ulteriore gara di spareggio tra Texas e Tampa che ha definitivamente permesso ai Rays di guadagnarsi la seconda ed ultima wild card dell’American League. Adesso finalmente il quadro è completo.

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Che le danze abbiano inizio, dunque. Prima, però, facciamo una breve resoconto delle squadre impegnate ai playoff.

American League. Il miglior record (97–65) lo hanno ottenuto i redivivi Boston Red Sox, seguiti a ruota dagli Oakland A’s e dai campioni in carica di Detroit. I Red Sox dopo diverse annate deludenti, culminate lo scorso anno con il peggior record della franchigia dal 1965 e con la prima stagione perdente dal 1997, hanno ritrovato la via dei playoff che mancava ormai dal 2009. Dopo i fasti dei primi anni 2000 contrassegnati dalla fine della maledizione del ‘Bambino’ e dalla conseguente vittoria di due campionati, i Red Sox si erano avvitati in una spirale negativa dalla quale sono usciti ricostruendo la propria squadra dalle fondamenta. Sono andati via i protagonisti di quelle epiche stagioni come il GM Theo Epstein o il coach Terry Francona. Sono stati cedute stelle del calibro di Carl Crawford e Adrian Gonzales, protagonisti più fuori che dentro il campo ed invise ai tifosi, e al loro posto sono arrivati dei giocatori meno noti ma che sotto la guida del nuovo manager John Farrel si sono saputi imporre vincendo la Est Division senza troppi patemi.

Nelle Divisional Series i Red Sox attendono la vincente del match tra Tampa Rays e Cleveland Indians che si sono assicurate le wild card dopo una lotta serratissima. Cleveland torna ai playoff dopo svariati anni e, qualora riesca a superare Tampa, sarà tutto da vedere il ritorno di Terry Francona, nelle vesti di manager degli Indians, al Fenway Park di Boston. Nell’altro match invece si sfideranno Detroit ed Oakland. I Tigers campioni in carica quest’anno sono apparsi un po’ meno entusiasmanti ma possono contare sempre su un bombardiere del calibro di Miguel Cabrera (leader in svariate statistiche AVG, OPS, SLG) e dei fenomenali lanciatori partenti capeggiati dall’asso Max Scherzer autore di ben 21 vittorie in stagione regolare. Dall’altro lato gli A’s di Billie Beane proveranno a sfatare il tragico destino che li vuole vincenti in regular season ma subito fuori dai playoff.

National League. A finire sotto i riflettori è la Central Division che manda ai playoff ben tre squadre: Saint Louis, Cincinnati e Pittsburgh. Alla fine l’hanno spuntata i Cardinals ma c’è voluto un record mostruoso (come quello di Boston) per potersi imporre con tre sole partite di vantaggio sui Reds e soprattutto sui Pirates. Proprio la squadra di Pittsburgh è la maggior sorpresa della stagione 2013. Dopo 20 stagioni perdenti consecutive è riuscita a mettere insieme un record vincente e a prendere parte ai playoff per la prima volta dal 1992. La squadra della Pennsylvania non ha un battitore di prima grandezza, a parte forse McCutchen, ha però tanti buoni giocatori ed un pitching-staff che soprattutto nel settore rilievi, ribattezzato ‘Shark Tank’, quest’anno ha fatto la differenza. Chissà che i Pirates non siano proprio, come dicono gli americani, la squadra del destino, capace di regalarci un’altra storia sensazionale. Per il momento il primo ostacolo si chiama Cincinnati Reds; poi dopo eventualmente Saint Louis Cardinals, che è già tanta roba. Sull’altro ramo del tabellone si sfideranno, invece, i Los Angeles Dodgers e gli Atlanta Braves. Entrambe le franchigie hanno messo in mostra grandi numeri durante la stagione regolare. Atlanta è una squadra solida abituata alle partite di ottobre, mentre i Dodgers sono una variabile impazzita: grande talento ma anche grande imprevedibilità. I californiani, squadra con il monte ingaggio più alto dell’MLB, a metà stagione avevano un record negativo e si trovavano addirittura 9 partite e mezzo dietro ai leader della West Division. Poi il ritorno dagli infortuni di assi come Hanley Ramirez e l’esplosione del rookie transfuga cubano Yasiel Puig (di cui ho parlato qui), hanno permesso ai Dodgers una clamorosa rimonta. Staremo a vedere chi tra di esse avrà la meglio. Certo è che ai playoff contano i giocatori. In questo gioco, come abbiamo visto, i numeri non mentono mai. Ma in partite dentro-fuori, quando un solo lancio o un giro di mazza può fare la differenza, è impossibile ricondurre tutto ad una formula, a meno che qualcuno non inventi l’equazione per misurare il carisma o il talento del campione nei momenti decisivi di una partita o di una stagione.

La stagione 2013 di baseball ci ha regalato anche tante altre storie interessanti come quella di Chris Davis, prima base dei Baltimore Orioles autore di 53 HR, passato in poco tempo da signor nessun a possibile candidato all’MVP 2013, o come quella meno edificante ma altrettanto clamorosa che ha coinvolto molti giocatori, tra cui il famosissimo Alex Rodriguez: lo scandalo Biogenesis. La Biogenesis of America era una clinica con base in Florida specializzata in trattamenti anti-età che sotto banco somministrava a svariati giocatori di baseball sostanze dopanti mediante appositi programmi. Come nelle migliori tradizioni degli scandali americani un ex-dipendente, dopo aver sottratto alcuni documenti, ha svelato ad un giornale l’intrigo facendo anche i nomi di alcuni giocatori. Successivamente l’MLB ha aperto un’indagine che ha portato alla sospensione dei giocatori coinvolti. Tra di loro è finito anche la super-stella Alex Rodriguez, terza base degli Yankees, attualmente il giocatore più pagato della storia del baseball, che ha rimediato la squalifica-monstre di 211 partite, ovvero out per tutta la stagione 2014.

mariano rivera addio

Ma la storia sulla quale in questi ultimi giorni si è concentrata l’attenzione dei media è indubbiamente l’addio al baseball di Mariano Rivera, più semplicemente Mo, closer dei New York Yankees. Rivera, classe 1969 da Panama, ha giocato sempre e soltanto con addosso la casacca numero 42 degli Yankees per ben 19 stagioni, affermandosi come il più forte rilievo che la storia del baseball ricordi. È stato, inoltre, uno dei principali artefici delle vittorie della franchigia newyorchese a cavallo del nuovo millennio vincendo cinque volte le World Series. Il suo lavoro consisteva nel salire per ultimo sul monte di lancio cercando di impedire che gli avversari segnassero altri punti. Un mestiere difficile e solitario che richiede una freddezza ed una consapevolezza dei propri mezzi fuori dal comune. Sciorinare le cifre mostruose della sua carriera per quanto concerne l’ERA o il numero delle salvezze conseguite (652 record di tutti i tempi) nel suo caso non basterebbe a descrivere la posatezza sotto pressione e il controllo delle emozioni di questo grande lanciatore capace di infilzare con la grazia della sua cut-fastball schiere di battitori avversari. Come ogni campione che si rispetti anche Mo aveva tutta una serie di rituali studiati su misura. Ogni volta che Rivera saliva sul monte, generalmente al nono inning, veniva annunciato al suo ingresso dalle note di ‘Enter Sandman’ dei Metallica. Pochi avversari ricordano con piacere questa canzone perché l’ascolto significava che il match poteva considerarsi praticamente chiuso. Tutta la stagione 2013 dall’All Star Game in poi è stata un lungo e trionfale commiato per il campione panamense, culminato giovedì 26 settembre scorso quando tra le lacrime dei tifosi dello Yankee Stadium Mariano Rivera è salito sul monte per l’ultima volta.

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Nicola Palmiotto Laureato in lettere classiche per scommessa (persa), soffre d’insonnia e pertanto ha imparato ad amare gli sport americani. Odia lo slow-food e tifa per l’AS Bari (ahi-lui) e per l’AFP Giovinazzo di hockey a rotelle.

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