PLAYOFF NBA 2013: Finali di Conference (Spiegate a chi capisce solo di pallavolo)

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
3 min readJun 17, 2013
NBA-Finals-Logo

EAST COAST

Miami Heat 4 — Indiana Pacers 3

[youtube=https://www.youtube.com/watch?v=7zBQORTCbqI]

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=YXZJm5Iu9Dc]

E alla fine Indiana è ricicciata in Finale di Conference, ovvero la finale delle squadre dell’Est. Questa serie si basa su una serie di principi abbastanza semplici. La difesa di Miami è un vespaio, tutti corrono, raddoppiano, ti vengono a marcare anche lontano da canestro, finche non ti rubano la palla e si fiondano al tuo ferro, e lì, se ti va bene sono 2 punti, se ti va male sono 2 + tiro libero. Se tu gli permetti di correre e di alzare il ritmo in questo modo ti maciullano. Per fare questo tipo di gioco Miami ha una squadra non molto pesante, praticamente senza centri, perchè deve correre e difendere sempre in movimento. Ora, se tu li costringi ad abbassare il ritmo, a camminare e a giocarsi la palla a metà campo, con la difesa schierata, te la puoi anche giocare. E Indiana se la gioca, abbassa i ritmi, e mette Miami senza centri a giocare contro Indiana con un-fottuto-centro: Roy Hibbert. Roy è per metà ragazzo e per metà montagna. Non potete capire quanto è grosso. Si piazza al centro dell’aera, sia in attacco che in difesa e con un pennarello scrive sul ferro: questo è mio. Per riassumere tutto in modo ancora più semplice: vuoi menare a un ciccione? Gli dai uno schiaffo e scappi, lo fai stancare, gliene dai un’altro e così via. Se però lui ti fa entrare in una stanzetta e chiude la porta a chiave, ecco, sono cazzi. Questa un po’ era la sensazione complessiva. Miami però non è campione in carica per caso e porta la serie a Gara 7, ovvero: vinci o vai a casa. In Gara 7 escono tutti i difetti di Indiana — una panchina abbastanza schifosa, poche stelle che ti risolvono le situazioni, paura — e tutti i pregi di Miami — una panchina più che buona, 1/2 stelle che ti risolvono le situazioni, cazzimma. Miami è il finale playoff per il terzo anno consecutivo.

WEST COAST

San Antonio Spurs 4 — Memphis Grizzlies 0

[youtube=https://www.youtube.com/watch?v=UIGzUGLB1oc]

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=7or145LgvX0]

Alzi la mano chi l’avrebbe detto, Memphis in finale di Conference. Non ci credevano neanche loro, presumo. Sicuramente non erano preparatissimi all’eventualità, anzi la dirigenza aveva pronto il martello in mano per distruggere e ricostruire, ma tant’è. A questo punto di storie come queste di solito — soprattutto qui, in America — l’underdog, lo sfavorito, lo è davvero, ma tanto. Tipo quelle finali fantastiche di una delle tante coppe del calcio inglese dove i semiprofessionisti arrivano in fondo. Stavolta qualcosa deve essere andato storto perché, a guardare come giocano, che poi è quasi il tutto, non riuscivi a dire che partivano battuti. Pure loro non potevano non crederci, dici: sono arrivato fin qui, ho fatto fuori i Clippers, ho bastonato i Thunder, no dico i Thunder, io ci provo; alla fine questi sono più vecchi di me, più piccoli di me, corrono meno di me. Oh, io ci credo per davvero.
Vittoria degli Spurs per 4 a 0. Sbam. San Antonio ci ha ricordato per l’ennesima volta, come se ne sentissimo il bisogno, che le categorie non sono tutto, o meglio, che le categorie presentano sfumature, che vecchi vuol dire anche saggi, che lenti vuol dire anche razionali e che, soprattutto, se hai quell’allenatore lì, se allarghi il campo in quel modo lì e se i tuoi tre giocatori simbolo sembrano metafisici nel loro stare in campo quando la palla scotta, capisci che possono batterti 4 a 0, anzi ti hanno appena battuto 4 a 0, anche se tu, nel tuo piccolo che credevi grande, le cose le hai fatte: hai provato a sfidare Duncan con Randolph, hai provato ad essere duro, cattivo, non ti sei fatto mettere completamente i piedi in testa, sei sempre stato lì ad un passo, però hai perso e loro si portano i loro talenti in finale e, vi assicuro, ne hanno altri nascosti chi sa dove in mezzo alle categorie che gli appiccicano. Io non so che altro dirvi su questi Spurs, mi ingannano ancora oggi, dopo dieci anni. Non lo so, probabilmente chiederò ad Aristotele, lui ne capisce.

NEXT STOP — NBA FINALS

Marco D’Ottavi & Valerio Coletta

--

--