PLAYOFF NBA 2014: PRIMO TURNO EAST COAST (RIASSUNTONE, CURIOSITÀ, AZIONI E RIHANNA)

Crampi Sportivi
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6 min readMay 8, 2014
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Miami Heat 4 — Charlotte Bobcats 0

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La stagione regolare è finita e, per quanto possibile, Lebron non l’ha vissuta da protagonista assoluto. L’MVP della stagione se l’è meritato Kevin Durant, tante squadre si sono imposte come novità interessanti e il fatto che Miami dovesse scalare la vetta per prendersi il terzo titolo consecutivo è stato un tema un po’ accantonato, non dico sottovalutato, però l’argomento si era fatto noioso, era giusto esplorare altri lidi. Quindi LBJ, Wade e company sono arrivati ai Playoff un po’ in sordina, in pochi li danno come sicuri candidati al titolo, sono diventati una seconda o addirittura terza scelta. Quello che però i Playoff ci ricordano ogni anno è che rispetto alla regoular season non sono lo stesso fottuto campo da gioco, non sono lo stesso campionato e non sono nemmeno lo stesso sport. I playoff sono i playoff. Miami scansa Charlotte mettendo al massimo la seconda e ora aspetta i Nets.

La favola Charlotte sbarca ai playoff per la seconda volta nella sua breve storia (fondati nel 2004) e questa sarà anche l’ultima perché dalla prossima stagione ritornerà con il leggendario nome di Charlotte Hornets, quelli con la vespa blu.

Per gli appassionati di Game of Thrones, ecco il cavaliere Josh McRoberts che schiaccia in testa al vichingo uomo-uccello Chris Andersen.

Il proprietario dei Bobcats è tale Michael Jordan, ex giocatore di basket molto amico di Bugs Bunny. Durante la serie il suo rapporto con Lebron James è stato un po’ ambiguo. Impressionante è stata la schiacciata di Lebron che mentre è in volo lo fissa in prima fila. Più conciliante (ma non del tutto convinta) la stretta di mano alla fine di Gara 4.

Brooklyn Nets 4 — Toronto Raptors 3

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Raptors-Nets è stata una delle cinque serie (sic) di primo turno concluse a gara7. Eppure non doveva neppure esserci. Ultime due partite di regular season: coach Jason Kidd, rookie della panchina svezzato da due decadi di playmaking, lascia ampio spazio alle riserve e perde con New York e Cleveland. Toh, guarda caso i Nets scendono al sesto posto, evitano i Bulls, squadra storicamente ostica (Marco Belinelli e le sue “big balls”, remember?) e prendono i Raptors…talento e buona volontà, senz’altro, ma alla tavola dei playoff vengono con i calzoncini corti del doposcuola. I futuri Hall of Famer in nerobianco, Pierce, Garnett, Williams, Johnson, se li mangiano sull’esperienza, dicono. È uno scontro generazionale: di qua i Terrence Ross, DeMar De Rozan e Kyle Lowry di questo mondo, folletti con le molle dal viso imberbe, di là i veterani messi assieme coi rubli di Prokhorov per portare in Russia un bell’anellino NBA. Pronti via e Brooklyn sbanca Toronto in gara1. Fattore campo rubato, se i Raptors ne vincono una pare tanto.

Questo è il tiro con cui Paul Pierce ha messo una pietra sopra Gara 1 (dopo il tiro ci ha tenuto a urlare un paio di cose, alla squadra, a Toronto e al mondo)

Ma pure a gara2, l’Air Canada Centre è così pieno che i canadesi impazziti devono mettersi a palate davanti al maxischermo fuori dallo stadio. Raptors win. Si va a Brooklyn, e i biancorossi rubano la quarta. E vincono la quinta in casa. 3–2 Raptors, Nets spalle al muro.

In gara6 Brooklyn salva il primo match-ball. Ma bisogna tornare nel catino canadese a giocare la bella, e qui non vedono una serie vinta dal 2001. Momento nostalgia: quei Raptors batterono i Knicks e si arresero a gara7 a un certo Allen Iverson, e solo perché Vince Carter sbagliò at the buzzer lo stesso preciso identico canestro che ha messo pochi giorni fa, da Mavs, contro gli Spurs.

Intanto per chi si sta annoiando a morte qui c’è un super slo-mo di Rihanna che si è fatta notare giù al palazzetto.

I Nets sono più pronti, controllano la settima nonostante la bolgia. Ma negli ultimi minuti, furiosa rimonta canadese. Otto secondi da giocare, +1 Nets, Livingston sbaglia una rimessa cruenta. Lowry ha l’ultimo tiro, si divincola in area…è il momento della verità, e la verità si rivela: Paul Pierce, l’uomo conosciuto come “The Truth”, sbuca da sotto le foglie e stoppa il folletto. Nets avanti, grazie Raptors per lo show (e il futuro è vostro).

Indiana Pacers 4 — Atlanta Hawks 3

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Il più classico dei testacoda: da una parte gli Indiana Pacers, miglior squadra a est; dall’altra gli Atlanta Hawks, presenti ai playoff solo perché tutte le altre erano troppo scarse per metterci piede. L’unica squadra a entrare nella postseason con record negativo (38–44, ben sotto il 50%) contro l’unica squadra in grado per gli esperti di mettere paura a LBJ e soci.

Ma c’è un ma. Negli ultimi mesi di regular season, le cose sono cambiate. Atlanta ha serrato le fila fino a strappare coi denti i playoff. Indiana invece ha come perso magicamente identità. Una squadra rocciosa, costruita da coach Vogel intorno a una difesa di ferro, si è sciolta dopo la trade che il 20 febbraio ha portato a Indianapolis Evan Turner in cambio di Danny Granger. Granger, nel frattempo finito ai Clippers, era l’ex stella della squadra; dopo un infortunio si era adattato con fatica al ruolo di sesto uomo, ma rimaneva il collante dei gialli. Turner invece è un funambolo con punti nelle mani, leggiadro e spensierato tanto in attacco quanto in difesa. E cominciano i guai. Dal 20 febbraio i Pacers incassano 13 sconfitte, tante quante ne avevano subite da ottobre.

La serie parte col botto, Atlanta vince la prima in trasferta. Pareggio Indiana, vantaggio Atlanta, gara4 è gialla. Ma Vogel continua a faticare: il diabolico coach Budenholzer, allievo di Popovich agli Spurs, insiste su un quintetto a 5 esterni (il centro Antic è un ottimo tiratore da 3, e Kyle Korver ha segnato triple per 127 gare di fila) che manda in bambola la tenaglia difensiva di Indiana. Roy Hibbert, forse il miglior centro della Lega, è un fantasma. Atlanta sbanca ancora il fortino dei gialli in gara5, in Georgia saranno i Pacers a doversi salvare. E qui Vogel cambia: Turner si siede, Scola, altro acquisto estivo non digerito dai senatori, gioca solo 12 secondi. Paul George, Lance Stephenson &co. si ritrovano: si torna in Indiana, e alla settima per i ragazzi di Budenholzer non c’è nulla da fare. Ora la domanda: i Pacers sono davvero rinati? O spianeranno la strada a est per Re LeBron?

Washington Wizards 4 — Chicago Bulls 1

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I Wizards non vincevano una serie di Playoff dal 2005. Un po’ di cose che accadevano nel 2005: Washington batte Chicago 4 a 2 principalmente grazie a Gilbert Arenas. Un “proiettile” in rame da 350 kg colpisce la cometa Tempel 1, ma Gilbert Arenas non c’entra.

La serie è stata una prova di maturità per i Wizards e sopratutto per il loro play Wall ( che non è parente di questo Wall) che ha chiuso la serie con 18.8 punti, 6.8 assist e 4.6 rimbalzi.

Chicago entrava nella serie con discrete speranze, ma soprattutto con Joakim Noah, fresco mvp difensivo della lega. Purtroppo per loro le cose non sono andate come speravano, la serie è sempre stata nelle mani di Washington che ha dimostrato di averne di più, e quindi, come l’anno scorso, si accomodano sul divano degli esculsi ad aspettare Derrick Rose. Time is a flat circle.

Cose da portare nel cuore: la strana coppia di lunghi dei Wizards, Marcin Gortat e Nené, un brasiliano e un polacco, che hanno dominato al ferro per tutta la serie.

(Continua)

di Gioele Anni, Marco D’Ottavi e Valerio Coletta

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