Pornografia dell’assurdo

Crampi Sportivi
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4 min readAug 23, 2016

Nessuno si aspettava l’inquisizione portoghese. A dirla tutta nessuno si aspettava niente di quello che è successo all’Olimpico nel preliminare di ritorno. Commentare calcisticamente la debacle di Roma-Porto ha senso infatti fino al 40esimo del primo tempo, minuto in cui Daniele De Rossi si fa buttare fuori per un gesto scomposto, non lucido. Dopo quell’episodio la partita diventa tutta un’altra cosa. Diventa un assurdo incontro scuola-famiglia pubblico, in cui tutti possono mettere bocca sulle vicende di un/una ragazzo/a fragile e problematico/a. Si analizzano gli episodi più eclatanti ed erratici nel suo comportamento, ci si stupisce, si notifica la propria costernazione a seconda del proprio coinvolgimento e si aspetta di tornare in classe, e vedere come tutti i protagonisti reagiscono al day after.

Tuttavia, scaricare sul singolo gesto di De Rossi la responsabilità della debacle, sarebbe il secondo sfoggio di estetica dell’assurdo, perché è nell’arco dei 90 minuti che ci ritroviamo a constatare l’ennesimo dramma collettivo di una squadra fragile, che esce con le ossa rotte da una sfida assolutamente alla sua portata. D’altronde quando ti giri e ti ritrovi un effetto domino alle spalle, a quale tassello ha più senso dare la colpa?

Il dato calcistico

L’undici di partenza scelto da Spalletti, con De Rossi inserito nella linea difensiva, prevedeva una ricerca dell’impostazione di gioco sin dalle retrovie, con la possibilità di possesso verticale grazie alla presenza di un terzino tutta fascia come Bruno Peres e soprattutto di un centrocampo composto da gente come Strootman e Paredes che fa del tenere il pallone tra i piedi una questione ontologica. In questo modo Federico Fazio sarebbe stato risparmiato quale cambio prezioso per il secondo tempo, sia per le sue doti di colpitore di testa che per evitare alla squadra una trazione troppo anteriore. E invece è andato tutto storto. La squadra è entrata in campo con un atteggiamento titubante, insicuro, prendendo subito gol su palla inattiva e perdendo sul piano della personalità contro una squadra che avrà anche una ricca tradizione europea ma che a parte l’aitante prestanza fisica, le doti di corsa, l’aggressività nei contrasti e la palla lunga non ha molto di innovativo con cui metterti in difficoltà dal punto di vista tattico.

I centrocampisti che dovevano fare da spina dorsale all’assetto tattico romanista hanno invece iniziato a pestarsi i piedi, confusi, e a perdere palloni e metri. Il resto lo hanno fatto le due espulsioni insensate. Allora ha sbagliato Spalletti? Secondo noi, no. La formazione iniziale, per quanto sperimentale, comunque aveva una sua logica: tenere il pallone, costringere il Porto ad andarselo a prendere e quindi, inevitabilmente, a scoprirsi. Il gol su palla inattiva e le espulsioni — insensate per una squadra che non fa dell’aggressività il suo manifesto — hanno reso ingiudicabile il tentativo dell’allenatore toscano. Terzo elemento di assurdità, questo, dato che si trattava di una partita di ritorno in casa, con alle spalle una prestazione soddisfacente in uno stadio difficile come quello del Dragao.

La questione comunicativa

La conferenza stampa del pre-partita è stata particolarmente intensa. L’allenatore aveva messo preventivamente in riga qualsiasi eventuale atteggiamento timoroso da parte dei suoi, caricando il match di grandi aspettative con furor ruvido, ma romantico. Si può dire che abbia esasperato una partita che avrebbe potuto essere più semplice?

Di nuovo: secondo noi, no. Spalletti ha un contatto quotidiano con i suoi giocatori, soprattutto li ha portati a conquistare i preliminari di Champions League grazie a sei mesi di ottimi risultati sul campo, perciò possiamo presumere che li conosca meglio di noi. In questo caso è più facile supporre che abbia notato il proverbiale braccino già in allenamento e abbia quindi sentito la necessità di motivarli con piglio volitivo a mezzo stampa, cosa sempre gradita al pubblico.

E allora si può dire che un allenatore sbagli quando, nell’accendere il cuore dei propri sostenitori, dà involontariamente alle fiamme il pelo sullo stomaco dei propri giocatori? Probabilmente è più corretto dire che la personalità della squadra non è ancora quella che Spalletti vorrebbe, e con lui i tifosi.

Non è detto ovviamente che la cosa non possa cambiare, o che addirittura la batosta serva a catalizzare il cambiamento.

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Tirare le somme dell’assurdo

Spalletti aveva in testa un’idea di gioco, l’obiettivo era avere in mano l’incontro dall’inizio. Non si trattava di fisica dei quanti, non era niente di astruso, però per portare a compimento il progetto erano necessarie duttilità e soprattutto freddezza, personalità, convinzione. La squadra ha guardato nel suo black mirror e non ha trovato niente di tutto questo, non è riuscita a seguire il suo allenatore.

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La delusione è grande, ma agli sconfitti non rimane che addormentare il dispiacere a suon di ottime prestazioni nei prossimi mesi. Lo devono soprattutto a sé stessi, al proprio valore, perché nessuno di noi può credere che i calciatori in campo ieri giochino davvero così, come se fossero vittima di una congiura astrale. Chiunque ami il calcio — e la Serie A in particolare — in questo momento sta tifando affinché la Roma gestisca la comprensibile delusione, e poi la ridimensioni sul campo.

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Quello che si capaci di fare quando si è tranquilli

Perciò, premesso che il tifoso della Roma ne ha viste tante di disavventure del genere, e quindi sa perfettamente quanto è facile — a volte persino inevitabile — far seguire sfiducia e secchiate di bile a una serata come quella di ieri, e preso atto del fatto che la squadra storicamente non riesce a invertire una certa tendenza al buttare via occasioni alla sua portata, sarebbe bello se il tifo romano stamattina si stupisse dei propri nervi più saldi e facesse da papà alla sua squadra, prendendola saggiamente per mano in questo inizio di stagione. Perché quello che è successo ieri sera non ha senso, calcisticamente, ma il sospetto che una stagione possa finire il 23 agosto ne ha anche meno. Sarebbe rispondere all’assurdo con l’assurdo.

(Un ringraziamento speciale a Marco Juric per aver contribuito alla realizzazione di questo pezzo)

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