Reportage intrepido di Athletic Bilbao-Barcellona

Crampi Sportivi
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4 min readFeb 10, 2015

Entrando al San Mames ho come l’impressione di assistere a una antico spettacolo dei ludi circenses di antico-romana memoria: lo stadio, tirato a lucido e inaugurato nel 2013, è il proscenio ideale per una bella venatoria, con gli ospiti nella parte dei gladiatori e i Leoni di casa pronti a vender cara la pelle.

Il derby di Madrid ha lasciato strascichi importanti e gli uomini di Luis Enrique arrivano alla trasferta basca con la possibilità di salire a quota 53 punti e di tornare a -1 in classifica.

C’è da sconfiggere però l’atavica siccità di risultati utili conseguita da queste parti: basti pensare che l’ultima vittoria ad oggi è stato questo 1–3 della stagione 2010/2011 con reti di Xavi, Keita e Busquets.

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Rispetto a sette giorni prima il tecnico asturiano mischia molto le carte togliendo Rafinha e Iniesta dalla mediana, sostituendoli con Xavi e Rakitic, mentre Mathieu fa rifiatare Mascherano nell’oramai consueto ruolo di centrale della difesa.

( Luis Enrique evidenzia i fattori positivi della squadra di Valverde, soffermandosi sul pressing asfissiante dei padroni di casa: fattore che risulterà importante ai fini della partita)

Di contro, l’Athletic sta vivendo una stagione che non si fa fatica a definire anonima: dopo una Champions disastrosa punta molto sulla semifinale di settimana prossima contro l’Espanyol in coppa del Re, come evidenzia il giornaletto distribuito all’esterno in doppia lingua, basco e spagnolo. E si, l’ordine è rigorosamente questo.

Valverde punta a coprirsi e sposta De Marcos da terzino destro per limitare Neymar. Pronti, via e si capisce che l’Atletic non ci sta a fare la parte della vittima sacrificale. I primi cinque minuti son di pressing furioso e furibondo che inizia dai principali portatori di palla, che siano Xavi o Pique, all’occorrenza triplicati. ( il 4–3–1–2 in fase di non possesso diventa con il passare dei minuti un 4–5–1, con Susaeta libero di svariare alle spalle di Aduriz).

I baschi corrono come degli ossessi, i catalani ripartono al piccolo trotto: il pubblico partecipa abbastanza convinto, ma con passione da “terzo tempo”. Il Barca ha però i mezzi per scalare le marce abbastanza rapidamente e anche una certa dose di fortuna: al 15’ Munian goffamente prende di mano e permette una punizione dai 25 metri. Messi prova il solito gol spellamani a giro, ma è solo una deviazione della barriera a spiazzare Urzaiz. 0–1, e match che si accende.

I tre minuti dopo però sono di una bellezza furiosa, un impeto che difficilmente si poteva aspettare dai baschi; Aduritz vola in spaccata ad anticipare Busquets ma trova sui suoi passi un Bravo strepitoso.

Il Barcellona combina questa verticalizzazione qua.

E solo una parata di Irazoiz a botta sicura evita il gol a Suarez. Solo questione di minuti perché poi arriva al 25’. Ancora da contropiede, Messi aspetta il rimorchio da centrocampo e scarica per Suarez che incrocia forte e centrale per lo 0–2.

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In 3 colpi l’essenza della fluidità applicata al movimento su campo verde, grazie anche al fatto che San Jose scivoli e lascia spazio a Suarez per la conclusione.

Il mio scetticismo è fugato: questi con la maglietta giallo fluo, effetto pettorina della Polstrada, giocano davvero un calcio per palati fini. E il contributo di Alba e Alves, che sembrava non più di qualche mese fa un giocatore finito, sta lì a dimostrarlo.

Il Barca legittima e va al riposo: il problema di quando guidi una fuoriserie del genere è che molte volte puoi andare in folle.

Qundi con l’inizio della ripresa ci credono i padroni di casa, che riaprono la partita con una incursione di Mikel Rico su corta battuta di Bravo.

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E mentre siamo tutti lì al freddo a battere le mani sperando in una reazione, non ce ne accorgiamo neanche ma siamo già 1–3; ed è meritatissimo perché se è vero che anche questa rete è viziata da deviazione al Barca manca un rigore netto non concesso per spinta su Suarez.

Servirebbe un taccuino enorme per condensare quello che succede nei minuti successivi, ma almeno c’è spazio per una serie di considerazioni sparse che non cambiano il risultato di una partita scritta e finita.

I Leoni segnano ancora, Aduritz fa 100 nella Liga, ma lo speaker gli regala solo un coretto scamuffo. I centrali del Barcellona sono rivedibili, specie contro attaccanti più efficaci di un onesto predatore d’aria di rigore.

Da Marcos contro Neymar è come cercare di fermare l’ebola con l’Actimel. E il brasiliano in campo è nettamente il migliore.

Mentre scendiamo le scale per prendere il bus arriva anche il quinto di Pedro, ovviamente alla fine della solita azione da calcio a cinque.

Il Barcellona si riporta a meno uno, deve sistemare un paio di meccanismi in difesa, ma è forse alla massima espressione del “Trabajo e Sudor” che Enrique voleva impiantare a Roma ( più facile farlo se hai uno come Busquets piuttosto che Gago a fare legna in mezzo al campo), ma può benissimo puntare alla Liga: questo Athletic invece è ampiamente alla portata del Torino nei prossimi sedicesimi di finale di Europa League.

I Leoni ruggiscono e hanno orgoglio, ma mancano di fiato e vanno facilmente in confusione: così, la caccia é più semplice.

Sebastiano Bucci 25 anni, laureato in storia, voleva essere come Osvaldo Soriano. Punta al premio Pulitzer entro i 30, al Nobel per la Pace entro i 35 e a diventare Pichichi della Liga entro i 40.

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