Restaurazione

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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4 min readAug 10, 2017

Restaurazione, atto secondo. La Premier League sembra ormai aver cancellato in maniera definitiva dal suo lessico alcuni termini roboanti che avevano accompagnato il 2015–16: “fiaba”, “miracolo”, “favola” e così enfatizzando. La stagione passata, le grandi hanno rinsaldato la loro morsa sul campionato inglese, inscenando una palese versione calcistica del Congresso di Vienna. Quando parliamo di grandi ci riferiamo anche ai club più opulenti, ça va san dire. Non è un caso che nel 2016–17 le sei realtà con il monte salari più alto abbiano comodamente occupato le prime sei posizioni in classifica. Quest’anno faranno lo stesso, “temiamo”, con l’unica variabile Everton a nutrire qualche speranza di scompaginare un copione già scritto.

Che poi i Toffeemen sono tutt’altro che degli intrusi nell’aristocrazia del Beautiful Game. Quando il Chelsea non si godeva i petrorubli di un russo allampanato prossimo a un costosissimo terzo divorzio e il Manchester City non era coccolato dagli sceicchi, l’Everton vinceva campionati e coppe e apparteneva di diritto alle Big Five, (che comprendevano anche Arsenal, Liverpool, Manchester United e Tottenham).

Tutta questa tirata per dire che non ci sarà un’altra impresa in stile Leicester. Nessuna piccola riuscirà a imitare l’Ipswich Town o il Burnley, trionfatori nella vecchia First Division contro tutte le previsioni negli anni Sessanta, quando le classifiche erano molto più fluide e mutevoli da anno in anno. Però a una Premier che spesso in passato è stata accusata di mancare di incertezza — basta leggersi le classifiche di alcuni periodi per credere — ormai va riconosciuto il merito di essere il campionato con maggior numero di pretendenti tra tutti i più importanti d’Europa. Noi siamo la riprova, perché se non avremmo problemi a scegliere una favorita per la massima serie di Italia, Francia e Germania (e in Spagna il duopolio Barça-Real costituisce quasi un’entità a sé stante), in Inghilterra facciamo fatica a scorgere un team schiacciasassi.

Certo, ci sono le due di Manchester, pronte ad affrontare l’eterna guerra santa scatenata dai loro condottieri Mourinho e Guardiola. Per cancellare il misero sesto posto del 2016–17 lo United ha aggiunto un pezzo da novanta per reparto (Lindelof, Matic e Lukaku), dicendo a malincuore addio al lungo degente Ibra. Il City ha fatto shopping in grande stile (circa milioni di euro i terzini Walker, Danilo e Mendy, e per il portiere Ederson) al fine di risolvere l’annoso problema di una difesa, vero tallone d’Achille di una squadra infarcita di campioni. Attenzione a chiamare fuori dalla lotta al titolo Liverpool e Tottenham, le squadre che oltre Manica l’anno scorso hanno espresso il gioco più spettacolare. I primi si sono rinforzati con Momo Salah e se riusciranno a resistere agli assalti del Barcellona per Coutinho (compito improbo, in realtà…) ci sarà da divertirsi. Il Tottenham ricorda tanto i Red Devils di inizio anni, tanto è infarcito di giovani di talento e classe, sebbene una panchina più lunga non guasterebbe.

L’Arsenal, fuori dalla Champions League per la prima volta in due decenni, si è affidato di nuovo all’aziendalista Wenger. Chissà se il buon Arsene prima o poi vorrà svelare i segreti di Fatima numero quattro e cinque, ovvero perché non investire tanti soldi su uno (o due) centrali di livello — ok, l’anno scorso Mustafi è stato pagato tantissimo, ma con tutto il rispetto non vale quelle cifre — perché far giocare poco un centravanti forte come Giroud, ulteriormente relegato in panchina dopo l’acquisto di Lacazette, che, come avrete capito, per noi non avrebbe costituito esattamente una priorità assoluta.

E poi ovviamente ci sono i campioni uscenti del Chelsea. Temiamo che i mal di pancia di Antonio Conte, specialmente dopo la delusione in Community Shield, aumenteranno. E più che un bel Gaviscon ci sarà bisogno di staccare qualche assegno milionario. “Non è il momento di vendere, semmai dobbiamo comprare”, ha dichiarato in conferenza stampa a chi paventava un possibile addio di Hazard. Un’eventualità che avrebbe effetti devastanti in quel dello Stamford Bridge. Già perdere Matic e Diego Costa (ormai più che separato in casa) e rimpiazzarli con Bakayoko e Morata non ci sembra proprio il massimo, figuriamoci cover rinunciare al miglior giocatore in rosa. Ma l’effetto domino dell’affare Neymar, si sa, potrebbe colpire a breve…

Non ci siamo dimenticati dell’Everton, orfano sì di Lukaku, ma super-attivo nel mercato in entrata. Ramirez, Klaassen e il figliol prodigo Rooney si vanno aggiungere ai due promettenti inglesi Keane (difensore) e Pickford (portiere). Totale della spesa per gli ultimi due: 60 milioni di sterline. Tanto per confermare che, al netto degli acquisti del fondo sovrano del Qatar, è Premier il campionato più ricco (9 miliardi di diritti tv per il 2016–19…) e spendaccione del mondo. Ciò detto, il club del Goodison Park (ahinoi ormai anch’esso prossimo alla pensione) potrà al massimo giocarsela per una posto in Champions League.

Anche le compagini medio-piccole beneficiano di questa cornucopia di denaro — e così qualche sorpresa sulla singola partita ci scappa con più frequenza che ad altre latitudini. Noi tra le “altre” continuiamo a puntare sul Bournemouth dell’ottimo manager Eddie Howe. Le Cherries giocano bene e sono un gruppo affiatato. Tanta curiosità suscitano le neo-promosse Brighton e Huddersfield Town, lontane dal massimo palcoscenico rispettivamente da 34 e 45 anni. In Championship hanno espresso un calcio di ottima qualità, però francamente saremmo molto stupiti di rivederle entrambe ai nastri di partenza della Premier 2018–19.

Articolo a cura di Luca Manes

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