Destini incrociati

Gabriele Anello
Crampi Sportivi
Published in
11 min readJul 27, 2017

Siamo alle solite in casa Ferrari. È sempre utile osservare le lamentele dei tifosi della Rossa nei confronti dei giochi di squadra o degli ordini di scuderia altrove. Parto con questo spunto un po’ amaro perché parliamo della scuderia che ha avuto la minor competizione interna negli ultimi vent’anni. Conosciamo la strategia Ferrari: un pilota di punta e un secondo che possa portare punti nel campionato costruttori (fermo restando che la Ferrari non porta a casa un titolo piloti dal 2007 e uno costruttori dal 2008).

Quando, però, si spulciano i risultati sportivi dei due piloti in casa Ferrari negli ultimi anni, si nota come la contesa in casa tra i due piloti sia la riflessione di questa condotta. Due postille prima del dato: a) è normale che il gap di punti possa esser più grande nei top team, proprio perché si portano a casa maggior risultati; b) è successo, succede e succederà sempre anche negli altri team di punta della F1, ma con minor frequenza rispetto alla Ferrari (date un’occhiata in Red Bull, nella vecchia McLaren motorizzata Mercedes o tra le stesse Frecce d’Argento e capirete di cosa sto parlando).

Ci sono le rivalità storiche, come Rosberg-Hamilton; quelle accidentali e mal gestite, come Webber-Vettel. E poi ci sono gli ordini di scuderia neanche troppo velati, come Alonso e Massa al GP di Germania 2010.

Spulciando nei risultati e nei punti portati a casa dai due piloti Ferrari negli ultimi vent’anni, solo nel 2016 si è arrivati all’ultima gara con i due rappresentanti della Rossa in grado di superarsi l’un l’altro (Räikkönen arrivò ad Abu Dhabi a -19 da Vettel, finendo però a -26 dopo l’ultima corsa del Mondiale). Una certa tendenza che si è vista negli anni: da una parte (e soprattutto) perché la Ferrari si è dotata di grandi campioni (Schumacher, Alonso, Vettel), dall’altra perché la seconda punta “inoffensiva” per la prima è stata sempre ben voluta (v’invito a vedere la differenza di punti nel periodo di convivenza Massa-Alonso e a giustificare la conferma del brasiliano fino al 2013).

Non è infatti una novità sentire quel tuo amico ferrarista che, no, non ce la fa più a vedere Kimi Räikkönen sulla Ferrari. Personalmente penso che Kimi fosse già pensionabile dopo il 2015, magari scegliendo quel Valtteri Bottas così vituperato (ma in Mercedes va forte, no?). Perché la Ferrari difficilmente sceglierà due campioni da gestire nello stesso box; lo stesso Räikkönen è tornato in Ferrari dopo due grandi stagioni in Lotus, ma l’ha fatto dopo un’operazione alla schiena e mai con la stessa grinta mostrata in giallonero. Gestibile sia per Alonso che per Vettel, non ha più vinto e ha raccolto 10 podi in quattro anni (pochini, il dato è aggiornato a Silverstone).

Eppure si sente parlare di conferma per Räikkönen (con l’avallo di Vettel: non sia mai che la stella del team si arrabbi o si spaventi per un filo di concorrenza), allontanando l’ipotesi di promozione per Leclerc, una prova per Giovinazzi o anche l’ingaggio di un nuovo secondo pilota (Pérez, Sainz, Grosjean e chi più ne ha, ne metta). Tutti questi rumours in realtà nascondono la vera soluzione, quella che porterebbe dividendi immediati alla Ferrari e darebbe il giusto scossone al mondo della Formula 1: Daniel Ricciardo a Maranello.

Aussie di fino

Intendiamoci, Daniel Ricciardo ha un contratto con la Red Bull che lo vedrà impegnato con gli austriaci anche per il 2018. Vale anche per Max Verstappen, ma i contratti possono essere aggirati con la giusta penale da pagare (ce lo insegna il calcio, figuriamoci la Formula 1). E qui ne varrebbe la pena, perché la Ferrari ha bisogno di due piloti che possano egualmente portare risultati al team, bisognoso di competizione per dare il meglio di sé.

Inoltre, nonostante non se ne parli tanto, Daniel Ricciardo è uno dei veri fuoriclasse di questa Formula 1. Nato a Perth, il giovane Dan si è fatto strada tra Formula Ford, Formula BMW e Formula Renault, dove si è incrociato una prima volta con Bottas. Poi l’entrata in Formula 3 britannica, vinta nel 2009 prima di passare alla Formula Renault 3.5, dove ha sfiorato un altro titolo. A quel punto, l’attenzione della Red Bull si è catalizzata su di lui, diventando il pilota di riserva della Toro Rosso per il 2010 (all’epoca i titolari erano Buemi e Algersuari).

Rimasto terzo pilota anche per il 2011, però, arriva per lui la prima vera chance, visto che la HRT — Hispania Racing Team: lo so, avevate rimosso — decide di rimpiazzare Narain Karthikeyan a metà stagione, dando così a Ricciardo un sedile in Formula 1: «Ho dovuto darmi un paio di pizzicotti per capire se fosse vero. È un sogno che diventa realtà e non vedo l’ora di guidare a Silverstone». La manovra è un prestito della Red Bull, che vuole testare il ragazzo in vista di un possibile sedile in Toro Rosso. Con la HRT non otterrà molto (il massimo è un 18° posto in Ungheria e India), ma la porta è aperta per l’ingresso nel team junior.

Mentre la Toro Rosso abbandona sia Buemi che Algersuari (oggi uno corre in Formula E con la Renault, l’altro fa il dj e denuncia come la F1 non sia più uno sport, ma affarismo), Ricciardo si ritrova in squadra con Vergne, già avversario in categorie precedenti. Dan esordisce con il botto in Australia: nel primo GP con la nuova scuderia, ottiene due punti in casa grazie al nono posto finale. Otterrà 10 punti nel 2012, ripetendo l’exploit in Belgio, Singapore e Corea del Sud.

Normale che la Red Bull confermi la coppia junior per il 2013, quando il rendimento di Ricciardo cresce notevolmente: settimo in Cina e in Italia, la casa madre osserva i progressi dell’australiano. Anche perché il tempo dell’altro Aussie in griglia — Mark Webber — sta finendo: stanco della rivalità con Vettel, che l’ha prosciugato, Webber è pronto a ritirarsi (e nel 2016 dirà: «Ricciardo è più veloce di quanto lo sia mai stato io»). A promuovere Ricciardo sono soprattutto le prestazioni in qualifica: un 30–7 contro Vergne — non ripetuto in gara, visto che il francese l’ha battuto nel 2012 — gli vale la promozione in Red Bull per non guardarsi più indietro.

Si teme che Vettel — appena laureatosi quadri-campione — possa schiacciarlo, ma le nuove regolamentazioni e la garra di Ricciardo mettono tutto su un quadro diverso. Mentre la Mercedes domina e la Williams pian piano si ritrova seconda forza del campionato, Ricciardo trova sempre le occasioni giuste per emergere. Già in Australia — nella gara d’apertura — trova il podio dietro a Rosberg, ma viene squalificato per aver violato il limite della benzina. Bisogna aspettare il Bahrain per vederlo a punti, ma da lì Ricciardo non si ferma più.

A podio in Spagna e a Montecarlo, l’australiano trova la prima vittoria in Canada, sfruttando i problemi ai freni di entrambe le Mercedes. Se Hamilton si ritira, Rosberg conduce la gara a fatica, finché Ricciardo — che ha superato Pérez e guida gli inseguitori — infila il tedesco al penultimo giro e si prende la prima gioia personale in Formula 1. È bello l’abbraccio con Vettel nel retro-podio, ma quel che nessuno s’immagina è che l’australiano sarà la punta di diamante della Red Bull per il 2014.

Forse non se lo aspettano neanche gli austriaci o Horner, perché Ricciardo si prende altre due vittorie durante l’estate. All’Hungaroring, la temperatura folle dell’asfalto e una strategia azzardata da parte di Alonso sconvolge le carte. Sono tutti dietro alla Ferrari numero 14: le Mercedes non riusciranno a passare lo spagnolo, ma Ricciardo sì. A SPA, l’ex Toro Rosso approfitta di nuovo delle problematiche Mercedes — con il famoso tocco di Rosberg su Hamilton — e appronta una strategia intelligente per finire davanti al tedesco.

Ma il vero test della verità arriva su un altro circuito, alla gara successiva: Monza è il teatro del passaggio di consegne. In una corsa dominata dai motori Mercedes, Ricciardo umilia il compagno di squadra in un fondamentale nel quale ha un netto vantaggio: il sorpasso. L’australiano usa i due rettilinei per dare spettacolo e con una finta opera un gran numero sul campione del Mondo uscente (finta del soprasso all’esterno e poi switch all’interno), mai così inerme durante quella stagione.

Sarà un caso, ma poco meno di un mese più tardi, Kvyat viene annunciato come compagno per il 2015, mentre Vettel si trasferisce in Ferrari.

L’arrivo del giovane russo non è un ostacolo per Daniel, sempre più padrone del team. Il 2015 non è stato un anno facile per la Red Bull, incapace di rispondere al ritorno della Ferrari e spesso impegnata in un gioco di accuse con la Renault per le scarse prestazioni del motore (salvo tornare sui suoi passi e vedersi costretta a mantenere i rapporti con il motorista francese). Nonostante abbia superato in qualifica Kvyat 14 volte su 19, i problemi di affidabilità l’hanno visto concludere tre punti dietro il russo e con soli due podi (Ungheria e Singapore).

Ben diverso lo scenario del 2016: all’improvviso Kvyat è stato silurato per un altro giovane prodigio, che stavolta però ha i crismi del campione, quel Max Verstappen che così bene ha fatto nonostante la giovane età. Ricciardo ha ingoiato il boccone amaro, ha accettato la concorrenza con il sorriso e alla fine ha risposto alla vittoria di Verstappen in Spagna, trionfando in Malesia dopo un duello tirato con l’olandese (e il ritiro di Hamilton). Il tutto nonostante le delusioni che il team gli aveva dato durante la prima parte della stagione: strategia sbagliata a Barcellona, pit-stop da comiche a Montecarlo che gli è costato un’altra vittoria dopo la prima pole position in carriera.

Il massimo della rabbia esprimibile per Ricciardo. Due week-end orrendi e lui comunque sembra in modalità Cafu.

Se la Red Bull rimane una macchina da alta classifica ma non da titolo, Ricciardo ha nel frattempo elevato il suo profilo. Ha dimostrato che è sempre pronto, rivaleggiando alla pari con fenomeni come Vettel e Verstappen (anzi, paradossalmente è finito dietro a Kvyat: forse un segnale che l’australiano preferisce la competizione); in qualifica è affidabile e molto più forte di alcuni suoi colleghi; è un pilota completo, ma è anche uno show-man e si è creato un nome per sé stesso in questi anni. A 28 anni, è il momento del grande salto, di combattere seriamente per il titolo. Una chance la merita, se non altro perché lo “shoey” per la vittoria di un Mondiale sarebbe divertente.

Perché Dan

Sono molteplici i motivi per cui Daniel Ricciardo — pronto a diventare Daniele in caso di passaggio a Maranello, per semplicità e immediatezza — sarebbe una benedizione per la Ferrari:

  • Il padre di Daniel, Joe Ricciardo, è in realtà nato a Ficarra, piccolo paesino della Sicilia (in provincia di Messina): si trasferì in Australia a sette anni con la famiglia. Non solo: anche la madre è di origini italiane (calabresi precisamente), seppur nata in Australia. Praticamente Daniel è un guascone italiano educato da australiani: ridatecelo indietro e nessuno si farà male.
  • Perché il suo soprannome — “The Honey Badger”, il tasso del miele — è pronto a diventare una maschera teatrale fissa ai Gran Premi di Monza.
  • Perché recentemente Ricciardo ha lanciato una sua linea di moda, segno che è pronto al grande salto. E con Verstappen nello stesso box, non sappiamo se ciò che potrà avvenire, visto che pare chiaro come la Red Bull punti di più sull’olandese a lungo termine (anche se la relazione tra i due appare piuttosto buona).
  • E se la relazione di Ricciardo con uno dei piloti più detestati dell’intero circuito è di buon livello — manca Hamilton alla lista e poi avrà avuto contrasti con tutti –, perché dovrebbe andar male con il quattro volte campione del Mondo Sebastian Vettel, già compagno in Red Bull nel 2014?
  • Perché i suoi post Instagram lo renderebbero una celebrità italiana in mezzo millesimo di secondo.
  • Perché nonostante la storia insegni diversamente — la Ferrari si è sempre affidata a uomini cerebrali per la conquista di grandi traguardi (Schumacher era un robot, Vettel è sulla stessa scia) –, ai tifosi della Rossa farebbe bene un po’ di sano amore, di un pilota che possa avvicinarsi al popolo del Cavallino. Alonso era su questa scia, ma non ha mai nascosto una punta di altezzosità e rabbia che può essere un boomerang; Ricciardo arrabbiato, invece, dobbiamo ancora vederlo.
  • Perché con la tuta rossa farebbe un figurone. E probabilmente riavvicinerebbe diversi tifosi occasionali alla Formula 1.
  • Perché i siparietti con Arrivabene — che sembra il suo esatto opposto: mai una gioia — sarebbero discreti.
  • Perché Daniel Ricciardo nel 2015 è diventato il pilota più veloce nel famoso segmento “Star in Reasonably Priced Car”, battendo il precedente record di Lewis Hamilton.

Finalmente uno scossone

Pensiamo anche al tipo di conseguenze che avrebbe un movimento del genere: Kimi ritirato, Ricciardo in Ferrari per creare un team da sogno con Vettel (sempre che rimanga: al momento il rinnovo è in stallo, ma l’offerta è di quelle importanti). Verstappen stella unica della Red Bull, magari dando il contentino a Sainz, finalmente in prima squadra e fuori dalla Toro Rosso (dalla quale sta cercando di scappare). E se Bottas non rimanesse in Mercedes, tornando in Williams? Alonso a Stoccarda o ancora con la McLaren? Insomma, sarebbe il pezzo di puzzle che fa saltare tutto.

Inoltre, Ricciardo è uno dei pochi piloti che è stato capace di vincere almeno un GP per più stagioni negli ultimi anni. Togliendo gli extraterrestri Hamilton e Rosberg, Ricciardo è stato il pilota più continuo: ha vinto almeno una gara nel 2014, nel 2016 e quest’anno. Inoltre, proprio la vittoria di Baku — GP nel quale Ricciardo partiva ha chiuso 10° e ha sfruttato i tanti episodi della gara, vincendo in carrozza — dimostra che Ricciardo non può dare di più alla Red Bull in versione minore, così come lo dimostra la striscia di cinque podi consecutivi tra Barcellona e Zeltweg. E anche a Silverstone ha tirato fuori il meglio, rimontando da 20° a 5°.

È tempo che Daniel Ricciardo abbia la sua chance. E in fondo, lui stesso si è lasciato andare negli ultimi giorni a una confidenza ad AutoMoto: «Ferrari? Vediamo un giorno se accadrà, ma ho realizzato tanti sogni, chissà magari si realizza anche questo. Attualmente però sono in Red Bull: ho firmato un contratto a lungo termine (fino al 2019, ndr) perché penso sia la scelta migliore, quindi non penso accadrà molto presto». Sta alla Ferrari accelerare un matrimonio che s’ha da fare.

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Gabriele Anello
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Ha il passaporto italiano, ma il cuore giapponese | RB Leipzig, J. League Regista, Calcio da Dietro | fmr. Ganassa, DAZN, MondoFutbol.com, Crampi Sportivi