Rotta in bianco e nero

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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6 min readMay 21, 2018

Se foste per le strade di Bilbao e domandaste qual’è stata la prima finale europea disputata dall’Athletic, il flusso di memoria che avrete sollecitato finirà per fermarsi, di certo, al ricordo delle partite giocate nella primavera del 1977 contro la Juventus: l’1–0 dell’Olimpico, a cui seguì, due settimane dopo, un 2–1 a San Mamés (allora le finali non prevedevano la partita secca). Un risultato insufficiente perché la squadra rossobianca potesse cogliere il suo primo titolo continentale. Come se si trattasse di una preghiera, molti reciteranno IribarVillarIruretaDaniRojo…, santi laici che non poterono contrastare la squadra dell’Avvocato Agnelli, composta da buona parte della nazionale italiana: ZoffGentileCabriniScireaTardelliBettega

I più giovani, senza dubbio, diranno che di quella finale conservano poche immagini, tutte filtrate attraverso una televisione o un video trovato su internet. E forse preferiranno condividere con voi i loro ricordi di un’altra finale europea. Di un’altra rotta. Bucarest 2012.

Molto pochi risponderanno in maniera corretta alla vostra domanda iniziale. Poiché la prima finale europea dell’Athletic non coincide nel calendario con l’anno 1977. È necessario scalare le pareti del tempo e sfogliare il giallo che tinge le pagine di vecchi quotidiani e di foto dell’epoca per arrivare alle cime dall’ossigeno rarefatto di una Spagna triste, in bianco e nero; per addentrarsi nell’avventura della prima finale europea della squadra basca: la Coppa Latina disputata a Milano un 3 di luglio del 1956, pochi mesi dopo l’assegnazione del Nobel per la Letteratura a Juan Ramón Jiménez, poeta in esilio.

Una coppa nel dopoguerra

La Coppa Latina nacque nel 1949 grazie a un accordo tra le federazioni di calcio di Portogallo, Spagna, Francia e Italia (la Uefa fu costituita soltanto dopo, nel 1954). Avrebbero disputato la competizione i campioni nazionali che, conclusa la stagione calcistica dei rispettivi paesi, si sarebbero affrontati nel campo di una delle quattro équipes partecipanti con la formula di due semifinali e una finale (più lo scontro per il terzo posto) come nell’attuale Eurolega di Basket. Inoltre, ogni quattro anni, si sarebbe proclamata la federazione vincente in base ai punti ottenuti dalle squadre di ciascun paese nella competizione durante gli anni precedenti (al campione si assegnavano quattro punti, al vice tre, etc.).

Il campionato fu caratterizzata da alcuni disguidi organizzativi, come la sospensione nel 1954 per il contemporaneo svolgimento del Mondiale di Svezia, o la rinuncia di alcuni a parteciparvi, come la Juventus, l’Inter e il Benfica, rispettivamente nelle edizioni 1950, 1953 e 1955. La nascita della Coppa d’Europa nella stagione 1955/56 avrebbe rappresentato, come già avevano intuito alcuni protagonisti del calcio di allora, la condanna a morte del “campionato latino”. Capitò anche che nei due anni ’56 e ’57 si disputasse congiuntamente, con l’affermazione del Real Madrid nell’edizione del 1957. I “blancos” si aggiudicarono così un bizzarro doblete. In questo modo, dopo la pausa dovuta alla celebrazione del Mondiale del 1958, la Coppa Latina cessò di esistere, con il definitivo confluire di tutte le federazioni europee nella Coppa d’Europa, in sintonia con la volontà di centralizzazione che caratterizzò l’azione politica del segretario della Uefa, Henry Delaunay.

Un ricordo cartaceo.

Una storia per certi versi differente da quella che connotò la più antica Mitropa Cup, creata nel 1927 tra i paesi della Europa centrale e l’Italia. Furono probabilmente motivazioni politiche, dettate a caldo dalla Guerra Fredda, a provocare la sua rifondazione nel 1955, che però nulla poté contro la concorrenza della nuova Coppa d’Europa, se non limitarsi a sopravvivere, sebbene con un prestigio assai minore, fino al 1992, anno della sua soppressione definitiva.

Nel caso della Coppa Latina, scorrerne il palmarès è sufficiente per dimostrare l’importanza della competizione: le squadre che sollevarono il trofeo sono state protagoniste assolute del calcio (Barcellona, Milan, Real Madrid…) e molte di quelle che vi parteciparono, dal Torino erede del Grande Toro appena annientato nel disastro di Superga, all’Athletic o allo Stade de Reims, hanno scritto pagine epiche della storia del footbal europeo.

Arena Civica, 3 luglio 1956. L’inizio di una tradizione

Dopo una stagione trionfale nella quale l’Athletic, allenato da Ferdinand Daučík, aveva vinto la Liga e la Coppa, la squadra rossobianca approdò in una Milano soffocata dall’afa estiva dopo 33 ore di viaggio (via Barcelona e Nizza). Almeno è questo il racconto di José María Unibaso Landa (in arte Joma), il giornalista sportivo della “Gaceta del Norte” che accompagnò la squadra durante buona parte del viaggio in Italia.

In base al sorteggio delle semifinali, i rossobianchi conobbero l’avversario — il Nizza — che avrebbero dovuto eliminare nella semifinale, in cerca di una finale nella quale l’antagonista sarebbe stato la vincente dello scontro fra il Milan (la Fiorentina, campione d’Italia, aveva rinunciato) e il Benfica (l’Oporto, campione lusitano, fece altrettanto). È interessante osservare come la stampa italiana considerasse all’epoca l’Athletic il principale favorito per la vittoria nel torneo. Giornalisti che oltretutto vedevano in Maguregi il “miglior mediano del continente”.

Lo scenario prescelto non fu San Siro, allora terreno di gioco di proprietà del Milan. Le partite si giocarono nell’Arena Civica, l’unica struttura dotata a quel tempo di illuminazione per gli eventi in notturna. Era, e ancora è, uno spettacolare anfiteatro neoclassico inaugurato da Napoleone Bonaparte il 18 agosto 1807. Uno spazio in cui erano ospitate molte attività sportive, dalle partite dell’Inter al lancio del giavellotto, e che talvolta era stato utilizzato per le naumachie nella più pura tradizione della Roma classica. Un tassello fondamentale nell’orizzonte clacistico della città di S. Ambrogio, sistematicamente trascurato dalla moltitudine di turisti che ogni anno invade le strade di Milano, e che ancora oggi è sede delle partite casalinghe del Brera Calcio.

In quei giorni l’Arena fu teatro di tutte le partite della competizione. Già nelle semifinali i presagi della stampa furono confermati dalla vittoria del Milan sul Benfica (4–2) e dal 2–0 dell’Athletic sul Nizza, con goal di Marcaida e Arieta durante un primo tempo sensazionale (la critica fu unanime) dei “leoni”.

Così arrivò il giorno della finale. L’incontro fra i rossoneri e gli zurigorri, previsto per le 21.30 della sera, si ritardò fino alle 22.20 per dar spazio ai tempi supplementari che decretarono il terzo posto del Benfica. Solo allora l’undici dell’Athletic, composto da Carmelo, Orue, Garay, Canito, Mauri, Maguregi, Artetxe, Marcaida, Arieta, Uribe e Gaínza, entró in campo per affrontare la squadra ospite davanti a più di 40.000 spettatori. A fronte di un relativo dominio territoriale della squadra basca, il Milan segnò per primo, con Bagnoli, lo stesso a cui il tempo avrebbe riservato un posto speciale nella storia del calcio: vincerà sorprendentemente lo scudetto nel 1985 come allenatore dell’Hellas Verona.

Appena iniziato il secondo tempo, Artetxe pareggiò. Tutto lasciava presagire che la squadra di Bilbao avrebbe confermato i pronostici. Niente di più lontano dalla realtà. Un ordinato Milan ottenne prima il 2–1 con Dalmonte e, a cinque minuti dalla fine, Schiaffino battè di nuovo Carmelo per fissare il definitivo 3–1 del tabellino. Il Milan di Cesare Maldini, Liedholm e del portiere Buffon (Lorenzo, naturalmente, non Gianluigi) impreziosiva così il suo palmarès con la seconda Coppa Latina della sua storia.

Dopo la sconfitta, giocatori, tecnici e dirigenti dell’Athletic continuarono il loro viaggio in Italia: destinazione Roma. In Vaticano sarebbero stati ricevuti in udienza privata da papa Pio XII. Quella benedizione apostolica non avrebbe impedito all’Athletic di inaugurare, in un’estate in bianco e nero, una piccola, sfortunata tradizione: quella della sconfitta nelle finali europee. Nelle tre finali europee: 1956, 1977, 2012.

Presto o tardi le tradizioni si interrompono. L’utopia rossobianca continua.

Articolo a cura di Igor Santos Salazar Tifoso dell’Athletic nato a Barakaldo (Paesi Baschi) nel 1978. In Italia dal 2002 si occupa di storia medievale.

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