Scatti sintetici

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
Published in
4 min readMay 19, 2015

Scatti sintetici I — 09/15–15/15

Pericolo teste di cazzo
Lo spettatore del ciclismo è parte integrante della corsa, sta a pochi millimetri dai suoi protagonisti, se non addirittura in mezzo, e il suo ruolo finisce per essere una presenza attiva. Talvolta anche troppo. La seconda tappa del Giro arriva a Genova e si conclude con un circuito cittadino, uno di quei tratti in cui i corridori vanno oltre i 50km/h e sarebbe intelligente per tutti mantenersi alla distanza più opportuna. Nel pubblico invece c’è un imbecille che pedala di lato sul marciapiede e, preso da improvvisa trance agonistica, decide di affiancare il gruppo. Probabilmente però ignora come si guidi una bici — oltre che come si svolga una corsa di biciclette — perché, nello scendere in strada, si sbilancia e taglia il gruppo perpendicolarmente, provocando una maxi-caduta. Risultato: Pieter Serry all’ospedale e Domenico Pozzovivo fuori classifica.
Tra le reazioni al comportamento idiota (che sarà poi emulato dal fotografo di Castiglione della Pescaia, per info chiedete a Daniele Colli), la meno politically correct è opera di Eugenio Alafaci che, parlando di ‘testa di cazzo in fixbike’, ha coniato un nuovo termine nella storia del ciclismo. Quel termine non è certo testa di cazzo.

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Elia l’eclettico
Il ciclismo ne ha tante strade, in salita e in discesa, sul fango e sull’asfalto, e da sempre pure sul legno dei velodromi. I più grandi campioni le hanno percorse tutte, queste strade, senza mai tirarsi indietro. La tendenza attuale del ciclismo, invece, vuole che chi nasca rotondo non muoia quadrato. Elia Viviani, campione della pista e vincitore della seconda tappa del Giro, è una splendida eccezione, e tanto basterebbe per volergli un bene dell’anima. A Genova vince con una volata lunghissima, su quel rettilineo tanto bello quanto difficile che è via XX settembre. Lascia che il favorito Greipel parta deciso verso la vittoria, per poi scattare al momento giusto, superare Hofland di slancio e ottenere la sua prima vittoria tappa al Giro, che è un atto d’amore per il ciclismo e per tutte le sue strade.

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Fatti mandare dalla mamma
Li avete visti in faccia, Davide Formolo e Jan Polanc? Ecco, uno si immagina che due pischelli così, in bicicletta, al massimo ci vadano a scuola. Oppure che siano stati mandati da qualcuno a prendere il latte. E invece, altro che merendine. Davide e Jan, nello zainetto, ci hanno già buttato dentro una vittoria al Giro d’Italia. Una per ciascuno, in due giorni consecutivi. In particolare, chi conosce bene Davide Formolo, detto roccia, sostiene che sia un predestinato, che ami la bici alla follia e che sia scrupolosissimo. Di sicuro, ha tutta l’espressione di uno che si diverte come un matto a combinarle grosse. Noi, da par nostro, abbiamo l’impressione che ci farà innamorare tantissimo delle sue marachelle in bicicletta.

L’esultanza di Clarke
Con le radioline nell’orecchio, i ciclisti del gruppo dovrebbero essere sempre informati sulla situazione in corsa. Il finale di una tappa, però, non è un momento facile per capire i cambi di scenario. Le distrazioni aumentano a dismisura, specie se la tappa è agitata, come quella di La Spezia; specie se il gruppo sta riprendendo uno dopo l’altro i componenti di una fuga numerosa. Così Simon Clarke vede la linea di arrivo, si lancia in uno sprint da velocista, taglia il traguardo e alza le braccia al cielo, da copione. Non si accorge però che il vincitore di tappa, Davide Formolo, è già passato da un po’. Intervistato a fine tappa dirà che in realtà la sua era l’esultanza per la maglia rosa conquistata; non gli crederà nessuno, ma intanto la maglia, Clarke, se l’è presa davvero. E pure a braccia alzate.

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Tira tira, Tiralongo!
Se gli dei delle due ruote decidono di metterti su una bici, e tu ti chiami Tiralongo, non è che puoi figurarti una carriera costellata di successi. La fatica ce l’hai inscritta nel cognome, oltre che nelle linee ruvide del tuo viso fenicio. E allora sei Tiralongo, e devi faticare. Devi faticare a lungo, devi faticare in salita, devi faticare bene. Devi faticare così tanto da innamorartene, della fatica. Te la fai piacere a tal punto da vincere la tua prima corsa quando di anni ne hai già 34. E’ il Giro d’Italia del 2011, e sulle pendici del Monte Rosa ci arrivi insieme al tuo capitano, Contador, che ti lascia vincere. “Sono più contento che abbia vinto lui che non se avessi vinto io.” Forse hai capito come si fa, ci hai preso gusto. Vinci di nuovo nel 2012, e poi ancora a questo Giro. Domenica scorsa sei arrivato primo — e solo — al Sud. Il tuo giovane capitano, il fraterno Aru, ti ha abbracciato forte e ha pianto. “Sono più contento che abbia vinto lui che non se avessi vinto io.” Ora hai 37 anni e sei il più vecchio vincitore di tappa della storia del Giro, ma sai che dovrai faticare ancora un bel po’, perché dopotutto sei Tiralongo. Ma magari gli dei delle due ruote si distrarranno una volta di più, e tu sfuggirai al tuo destino, e vincerai ancora. Allora, come sempre, i tuoi capitani gioiranno, i tuoi amici ti faranno festa, e tutti noi ti batteremo forte le mani.

Nel ciclismo vince chi perde (Tom-Jelte Slagter edition)
Spessissimo, nel ciclismo, vincere è roba da perdenti. I veri eroi sono quei pazzi la cui fatica è destinata al patibolo, quelli che scelgono di prendere il vento in faccia per giornate intere, ben sapendo che arriverà il momento in cui la sconfitta si presenterà inevitabile, e che quel momento arriverà il più tardi possibile, giusto per rendere più lunga l’agonia. Nel giorno di Tiralongo, il folle eroe di giornata è stato Tom-Jelte Slagter. L’olandese prima si è inserito nella fuga buona, poi ha deciso che la scintilla da inseguire fosse un’altra, e si è lanciato tutto solo verso il cielo a 60 km dal traguardo. Come è andata a finire, come è stato raggiunto e demolito (quando di chilometri ne mancavano solo 5), beh, quella è roba ininfluente.

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Bollettino Aru/Contador:
Livello di allerta: medio
Rischi: cronometro, la spalla di Contador, Richie Porte.

Articolo a cura di Leonardo Piccione e Filippo Cauz

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