Scatti Sintetici — Risvegli di primavera

Crampi Sportivi
Crampi Sportivi
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5 min readApr 29, 2016

A cura di Francesco Bozzi, Filippo Cauz, Leonardo Piccione e Riccardo Spinelli.

Tutta l’umanità, da Vivaldi in giù, ha sempre raccontato la primavera come una stagione di gioie e risvegli, di sole che scaccia l’oscurità e scioglie i terreni ghiacciati, promettendo un futuro prossimo di ricchi raccolti. Tutta l’umanità, tranne i ciclisti, per i quali la primavera è da sempre sinonimo di freddo, pioggia e sofferenza, di valigie chiuse guardando il mare delle Canarie e riaperte scrutando il pavè tra le nebbie delle Fiandre. La primavera dei ciclisti è la stagione più dolorsa di tutte, e siccome dalla sofferenza nascono i grandi capolavori, è quella che finiamo sempre per ricordarci più a lungo.
Dalla prossima settimana cambia la stagione anche nel ciclismo, si passa a grandi volate e grandi montagne, ma prima di allora, dobbiamo superare i malanni di stagione, quelli di primavera.

Se Sagan incontra Merckx…

Se c’è un’immagine che sintetizza con il maggior grado di accuratezza possibile l’essere umano Peter Sagan, non è l’impennata all’arrivo. È il cenno con la testa e il sorrido beffardo nel superare a 3 km dall’arrivo del Giro delle Fiandre un cicloamatore che pedala su una ciclabile. Il saluto, fin qui, sarebbe bello, ma poco scenografico. E invece il cicloamatore ha addosso una maglietta che ricorda quella della Molteni di Eddy Merckx, e lo slovacco ha appena staccato tutti sul Paterberg. Peter Sagan così vince la sua prima classica monumento e dà ragione allo storico patron del Tour Jacques Goddet secondo cui “Se i pedoni si ignorano, se gli automobilisti si insultano, i ciclisti si sorridono, si salutano e si uniscono”. (RS)

Stappa, Sep!

E sul podio del Giro delle Fiandre, quando tocca allo spumante, succedono sempre cose strane. Così ha deciso il dio della Birra, che come si sa vive da queste parti.

Tutto il Rosa della vita

Qualcuno una volta mi ha detto: ricordati che una rondine non fa primavera, ma una bella uscita in bicicletta sì. L’armonioso risveglio dei sensi associato alle due ruote e al creato in fiore ha trovato un corposo compimento agonistico giusto tre settimane fa, con l’impresa di Diego Rosa ai Giro dei Paesi Baschi: vittoria in solitaria dopo una fuga di 100 km, secondo e terzo (Henao e Contador) arrivati con oltre 3 minuti di ritardo. L’8 aprile di Rosa è stato un inno alla primavera nonostante sui colli intorno a Eibar piovesse di brutto, perché con Rosa hanno vinto la sfrontatezza dei 27 anni, la confidenza del talento che sorge, la compiutezza di una crescita costante. È come se sul traguardo di Arrate questo concentrato di primavera avesse assunto la conformazione fisica della bicicletta di Diego Rosa: lui ha voluto celebrarne la sacralità con una bella ostensione pubblica. (LP)

https://www.youtube.com/watch?v=H4B4RL0ZKGU

I 400 colpi di Cancellara

http://www.youtube.com/watch?v=cgsqI5KWty0

L’inferno dell’Ovest

Spostarsi più in alto: Gasparotto e Demoitiè

Mancano tre settimane all’Amstel Gold Race quando Antoine Demoitiè muore nel modo più assurdo, diciamo pure ingiusto, per un ciclista: in corsa, sotto le ruote di una motocicletta, che poco importa se lì ci dovesse stare o meno. Muore a 25 anni, alla sua prima classica, quelle corse per cui sembrava avesse un talento, tanto che la sua squadra aveva deciso di affidarlo al più esperto corridore da classiche in rosa, mandandolo a condividere la stanza con Enrico Gasparotto.

Mancano 24 ore all’Amstel Gold Race quando la vedova di Antoine Demoitiè decide di trascorrere la vigilia della gara che il suo uomo non correrà mai con quelli che sarebbero stati i suoi compagni di squadra. Mangiano insieme, piangono insieme.

Mancano tre minuti, o 2400 metri, al traguardo dell’Amstel Gold Race quando Enrico Gasparotto e Antoine Demoitiè si scambiano un cenno di intesa: è il momento giusto. Enrico attacca e Antoine spinge: tre minuti a tutta, in salita e in pianura, dandosi cambi regolari. Attaccano insieme, piangono insieme. Negli ultimi 300 metri Antoine si sposta ed Enrico si lancia da solo a vincere la sua seconda Amstel. Gasparotto taglia il traguardo, si bacia i polsi, il sangue che scorre nelle vene che è oggi è pompato da due cuori, poi indica il cielo: Antoine si era spostato giusto un po’ più in alto, per lasciarlo vincere. Vincono insieme, piangono insieme. (FC)

https://www.youtube.com/watch?v=K9hmATDr1Fc&feature=youtu.be&t=51s

Mclay beve un bicchiere d’acqua

Mclay non è McEwen e il Gp Denain non è il Tour de France, ma in una giornata soleggiata di metà aprile il giovane britannico piazza la volata più surreale della stagione. A 2 km dall’arrivo una caduta agita la corsa: c’è chi succhia la ruota, chi cerca di imbastire un’azione organizzata, c’è soprattutto chi non pensa ad altro che a macinar le gambe e a spintonare il più possibile. E’ una situazione incerta: fino ai 70 metri dall’arrivo se la giocano in una decina. Daniel Mclay è rimasto indietro, probabilmente ad osservare le nuvole e a canticchiare quella canzoncina ascoltata alla radio il giorno prima. Non si vede fino a 30 metri dall’arrivo, poi si ricorda dov’è, entra nell’inquadratura della telecamera che riprende la volata dall’alto, passa attraverso una scacchiera di muscoli impregnati di acido lattico, nervi tesi nel massimo sforzo, biciclette impazzite e zigzaganti. Mentre intorno c’è il delirio, dolcemente curva verso destra, trova lo spiraglio giusto, si incastra come un puzzle verso sinistra. Affianca Thomas Boudat, che si sta dimenando come un pazzo in piedi sui pedali. Ordina un caffè, “lo vuoi anche tu?”. Lo supera composto appena prima dell’arrivo. Come bere un bicchiere d’acqua. (RS)

Il neige sur Liège

Su Rue Naniot ci sono case con mattoni rossi su entrambi lati, ma sono da un certo punto in poi. Prima, le abitazioni abitano rigorosamente a destra, perché a sinistra lo spazio è tutto per una fila di tigli spogli. Molte finestre sono chiuse su Rue Naniot, ma alcune sono aperte, e da quelle provengono canzoni di Brel, scie odorose di waffle, echi di doppio malto stappate per inerzia. Ci sono una chiesa e la sede di una squadra di rugby, ma Rue Naniot, una striscia di pietre che si inerpicano senza motivo, non porta da nessuna parte: a un certo punto si perde anonimamente in Rue Sergent Merx e non se ne sa più nulla. Non ci sono motivi particolari per ricordarsi di Rue Naniot, a Liegi. A meno che uno non abbia deciso di farsela in bicicletta, s’intende. (LP)

(La Côte de la Rue Naniot ha fatto la sua prima apparizione alla Liegi-Bastogne-Liegi di quest’anno, risultando subito decisiva nel bel successo di Wout Poels).

https://www.youtube.com/watch?v=w-cJUvgMPEQ

La gioia di Sondre

Sondre Holst Enger aveva vinto una sola corsa da professionista prima del 24 aprile: la seconda tappa del Tour of Austria 2015. Ho cercato in rete le immagini della sua premiazione in Austria ma non si trovano. Quelle della sesta tappa del Tour of Croatia 2016 invece si troveranno ancora per anni. Sempre che la rete continui ad esistere, sia chiaro. La gioia di vincere invece, quella di sicuro non morirà mai. (FC)

Come dite? Manca Sagan che prende il volo per superare i caduti alla Roubaix?

Cos’altro potremmo aggiungere a questo?

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